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Con Tarquinio il Pd alza bandiera bianca

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di Giovanni Cominelli

È stata la Legge Finanziaria del 2007 a proporre un’imposta di scopo. In questa campagna elettorale delle elezioni europee 2024 lo smottamento semantico è stato rapidissimo: siamo passati dallo scopo fiscale a quello elettorale. Lista di scopo? Alleanza di scopo? Candidature di scopo?
A questo genere di “scopi” sembra appartenere la vexata – favorita/avversata – candidatura di scopo di Marco Tarquinio, già Direttore del giornale cattolico L’Avvenire, alle elezioni europee nella lista del PD.

A sostenerla, da ultimo, è Paolo Ciani, oggi vice-capogruppo alla Camera per il PD, vicino alla Comunità di Sant’Egidio, segretario di DemoS, Democrazia solidale, partitino di filiazione Partito popolare. La sua motivazione pro-Tarquinio? Intercettare i voti di quel 37% di cattolici, che secondo l’Agenzia Quorum hanno nostalgia di un partito cattolico. In particolare, di cattolici che sono di sinistra per quanto concerne la pace e il “No alle armi”, ma che sono “di destra” sui temi bioetici e sulla famiglia. Secondo la ricerca Quorum, riportata da La Repubblica, il 35% di quel 37% voterebbe Fratelli d’Italia, il 13% Forza Italia, l’11% Lega, il 14% PD, il 13% M5S. Insomma: i nostalgici del partito cattolico guardano e votano a destra. Tarquinio si porrebbe esattamente al punto di intersezione di queste istanze: pacifismo spinto e difesa dell’etica cattolica tradizionale.

Una candidatura assai in linea con la politica delle candidature che sta perseguendo la Schlein: mantenere, almeno in politica estera, la barra degli aiuti armati (?) all’Ucraina, ma candidare persone al Parlamento europeo obbiettivamente sempre più distanti da questa linea e disponibili a rovesciarla alla prima occasione. Tarquinio ha ripetuto spesso nei suoi interventi in TV che “bisogna parlare con Putin”. Al momento neppure Papa Francesco ha convinto Putin a parlare con noi e tampoco con gli Ucraini.

Tarquinio, per parte sua, è semplicemente coerente. Rappresenta quel pacifismo fondamentalista cattolico, che persegue l’utopia di un’espulsione definitiva della guerra dalla storia umana. Equivale, dal punto di vista di un credente, a far nascere, almeno di qui in avanti, gli uomini senza peccato originale. Perché si tratta di eliminare le conseguenze del peccato originale, di domare “le potenze che emergono dalle caverne della vita e dagli abissi del peccato”, secondo la drammatica espressione di E. Mounier.

Donde, l’opposizione all’aumento della spesa in armamenti previsto in Europa e in Italia fino al 2% del PIL, ma certamente insufficiente, a fronte di Putin che l’ha portata al 30%. Donde il No all’aiuto armato all’Ucraina. Donde un europeismo incolore, inodore e insapore. In questo pacifismo al calor bianco si scioglie ogni giudizio storico-politico sull’aggressione russa all’Ucraina, si perde la dimensione del diritto internazionale, il cui primo cardine è il rispetto dell’integrità territoriale degli Stati.

Del dilemma tra “resistenza” e “resa” che Dietrich Bonhoeffer ha risolto, scegliendo la prima e pagandone tutto il prezzo nel lager di Flossenburg, parecchi credenti, tra cui Tarquinio e dietro di lui Papa Francesco consigliano – ancorché non richiesti – la seconda agli Ucraini e la praticano già per sé.

È qui d’obbligo citare la critica mossa da Emmanuel Mounier al pacifismo dei cristiani di allora: “Protestano: la loro bocca non si riempie forse di turbamento all’evocazione della guerra, dei suoi orrori, dei suoi massacri? Ma si tratta di una pietà generica per le brutalità della guerra che, di nuovo, è soltanto un modo di compiangere una tranquillità minacciata e di confessare un’insensibilità cronica… La pace è compromessa non solo dai guerrafondai, ma anche dagli imbelli… Vi sono troppe tende alle finestre delle loro case e a quelle della loro vita, troppe palpebre abbassate su sguardi che non sanno sopportare il peso delle cose”.

Mounier vivo non dovrebbe cambiare neppure una virgola per descrivere il pacifismo di questi anni, cattolico e non.

È questo pacifismo, nonché le simpatie che Tarquinio ha sempre dimostrato nei confronti con il M5S, che alletta la Schlein. Anche perché, en passant, potrebbe sottrarre voti a Conte esattamente su questo tema. Avere un contiano nelle liste del PD potrebbe essere un’arma efficace nella guerriglia che è in corso nel sedicente campo largo (?).

Meno in linea con il PD è la sua candidatura per quanto riguarda la bioetica e “la dottrina della famiglia” e la sua conseguente ostilità al DDL Zan. Se la Schlein parla di diritto all’aborto, Tarquinio obbietta che si tratta di una tragedia. La Schlein vuole il certificato di genitorialità per le coppie dello stesso sesso e chiede che “il diritto all’aborto” sia inserito nella Carta europea dei diritti. Quanto alle persone Lgbtiq+, Tarquinio le rispetta cristianamente, si intende, ma fin da quando era direttore dell’Avvenire ne contesta la centralità ideologica che hanno assunto nella cultura dei diritti.

È incerto, al momento, se Marco Tarquinio finirà nelle liste del PD. Più certe sono le contraddizioni di cui è prigioniero il PD a direzione Schlein in questa vicenda. La prima: si conferma che le elezioni sono “europee” solo di facciata. Per il PD, ma non è il solo, sono solo elezioni italiane: la posta in gioco non è la costruzione dell’Europa, ma tirare su voti per la lotta politica nazionale. La seconda: la candidatura Tarquinio serve come foglia di fico per attrarre una parte del mondo cattolico culturalmente moderato e poco incline verso gli Lgbtq+ e compagnia.

Tutto ciò in nome del pluralismo. Sì, il pluralismo per allodole. Quanti benefici elettorali possa portare la somma delle incoerenze – quelle della Schlein e quelle di Tarquinio – resta da vedere.