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DantiAMO tutto l’anno e un nuovo modello di scuola. No al voto

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La partecipazione di più di settecento studenti ad un concorso senza premi dedicato all’Universo dantesco, con lavori profondi, creativi, talvolta geniali, con perizia filologica e attenzione agli effetti del pensiero e dell’opera del Maestro, dimostra la possibilità di una nuova idea di scuola, senza l’ansia del voto

di Gianni De Iuliis

Sabato 27 marzo si è svolta la cerimonia di premiazione di un concorso organizzato dal Liceo Scientifico statale Valdemaro Vecchi di Trani, una cittadina pugliese di poco più di 55.000 abitanti, capoluogo della BAT. Il concorso s’intitola DantiAMO tutto l’anno, è rivolto agli studenti e ai docenti delle scuole medie e superiori della Puglia e ha inteso celebrare il settecentesimo anniversario della morte di Dante. Ogni partecipante aveva la facoltà di creare un’opera spirituale che avesse un riferimento all’Universo Dante Alighieri, esprimendosi in maniera libera, laica, critica, secondo una tecnica o una metodologia che spaziava dal componimento alla graphic novel, dal racconto breve al video, dal poster allo scatto fotografico, al caviardage.

L’aspetto più eloquente di questo evento è sicuramente la partecipazione. Più di settecento studenti hanno ritenuto d’irrompere nell’Universo dantesco con lavori profondi, creativi, talvolta geniali. Con perizia filologica e con attenzione alla storia degli effetti del pensiero e dell’opera del Maestro, gestendo con rara disinvoltura anche l’attualizzazione dell’insegnamento del Fiorentino per eccellenza.

Perché tale massiccia partecipazione? Tra l’altro nel bando del concorso non si citavano premi o riconoscimenti a eventuali vincitori. Centinaia di studenti hanno deciso di testimoniare ugualmente il proprio amore verso Dante senza la pressione del voto, del credito, del giudizio, esulando da un sistema premiante che stritola la formazione e l’istruzione.

Qualche tempo fa, a Milano, fu organizzato il convegno «Non sono un voto» dal Movimento di Cooperazione Educativa e dall’Università Milano-Bicocca. Oltre mille insegnanti ed educatori in aula per discutere e confrontarsi sulle buone pratiche di valutazione senza voti. Poi non mi risultano sviluppi su questo tema. Io sarei però ancora più radicale: bisogna eliminare dalla scuola il concetto di valutazione.

Sono cioè estremamente convinto che una scuola senza voti e in generale senza valutazione raggiungerebbe in maniera più fluida ed efficace i propri obiettivi. Gli scolari imparerebbero in maniera più consapevole senza l’umiliazione di essere giudicati, senza l’ansia e lo stress del voto, senza peraltro ricorrere a escamotage, sotterfugi e altre amenità del genere per ottenere un voto, che sovente non rappresenta la ricchezza interiore e la curiosità di conoscere di ogni individuo.

Abbiamo esempi illustri cui fare riferimento per una scuola senza valutazione.

Innanzi tutto la Scuola dell’Infanzia in Italia. I bambini si recano a scuola con entusiasmo, con desiderio sincero di apprendere. Essi imparano a disegnare, colorare, scrivere, leggere, socializzare, esprimere le proprie emozioni senza essere inseriti in un sistema premiante, senza attendere il responso di un voto. Essi imparano e basta.

Un altro esempio interessante è la Scuola finlandese, chiamata la scuola della domanda. Si privilegia la capacità di fare domande a quella di dare risposte pre-confezionate. L’ascolto e l’osservazione del docente prevale sul suo intervento diretto. Si impara facendo e fino a 13 anni non ci sono voti.

Citerei anche le grandi scuole del passato. In particolare l’Accademia platonica, in cui gli allievi conducevano una vita comunitaria, ove studiavano senza essere giudicati. Platone fondò la didattica sul dialogo, poiché la verità secondo il filosofo si poteva raggiungere attraverso una vita vissuta in comune e dedicata a «confutazioni amichevoli e domande e risposte fatte senza ostilità». Il maestro proponeva l’oggetto della discussione e gli allievi proponevano a loro volta delle soluzioni, con l’obiettivo di confutare quelle errate e giungere a un’idea comune del vero.

Il concorso DantiAMO è stato un esempio concreto della possibilità di una nuova idea di scuola, senza l’ansia del voto. Bisogna avere fiducia nei giovani. Hanno studiato e lavorato per il solo gusto di conoscere e creare. Non certo per un premio. Può essere il volano di un nuovo modello di Scuola?

È triste pensare che intere generazioni di studenti si siano svegliati la mattina, e continuino a farlo ancora per troppo tempo, per inseguire un numero. Né si dimentichi che il verbo «studiare» deriva dal latino studere, il cui etimo fa risaltare una derivazione semantica di volontà e d’amore, un anelito metafisico connaturato alla ricerca umana.

Studiare significa amare. Un numero, un giudizio, un voto, un credito umiliano un’attività così edificante. Trarre via la scuola dalle secche di un sistema premiante che la nullifica è un dover essere. Senza tale sistema si studierebbe/amerebbe per il gusto di conoscere, di crescere, di diventare cittadini attivi e individui completi. Senza ricorrere nemmeno a mezzi diseducativi e avvilenti per giungere a un numero senza amare.

Concludiamo con il Maestro: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza».