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Difficile l’impeachment, per Trump solo una “censura”

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di Antonino Gulisano

In attesa dell’8 febbraio 2021 giorno in cui si apre il Processo di impeachment contro Donald Trump, nel Senato americano si è costituito il Grand Old Party (Gop), il quale è un organo costituito da cento senatori dei due partiti, Democratico e Repubblicano, i quali hanno giurato, uno alla volta, come giudici del secondo processo di impeachment contro Donald Trump, impegnandosi a garantire “giustizia imparziale”.

Poco dopo hanno respinto una mozione presentata dal repubblicano Rand Paul sulla incostituzionalità di processo ‘postumo’, contro un presidente già decaduto

45 senatori del Gop su 50 hanno votato per l’incostituzionalità del processo, si lavora a ipotesi alternativa. Le possibilità che Donald Trump venga condannato al processo di impeachment sono quasi nulle.

Sebbene la maggioranza del Senato abbia respinto la mozione sull’incostituzionalità dell’impeachment, la compattezza con cui i repubblicani si sono schierati a favore rende quasi un miraggio la super maggioranza (67 su 100) necessaria a condannare l’ex presidente per incitamento all’insurrezione , in riferimento all’assalto del 6 gennaio a Capitol Hill.

Di fronte all’incontrovertibilità dei numeri, si fa strada un’ipotesi alternativa all’impeachment: quella di “censurare” Trump con una risoluzione bipartisan.

Su questa strada si stanno concentrando gli sforzi del senatore democratico Tim Kaine e della repubblicana Susan Collins, che secondo il sito Axios stanno sondando i senatori dei rispettivi partiti per mettere a fuoco una strategia condivisa.

La soluzione, meno grave rispetto all’incriminazione, permetterebbe di chiudere il procedimento in tempi più brevi e allentare la tensione tra i due partiti.

Alcuni democratici sarebbero disposti a cambiare rotta solo a patto che almeno 10 senatori del Gop si impegnino pubblicamente a sostegno della risoluzione di censura, garantendo così il margine necessario di 60 voti.

Anche se meno forte rispetto alla condanna per impeachment, la censura di Trump sarebbe comunque una misura storica: nessun altro presidente – sottolinea Axios – è stato censurato dopo aver lasciato l’incarico.

Questa soluzione meno indolore salverebbe politicamente il Partito Repubblicano e con la “censura” verrebbe consentito uno scudo di condanna nei confronti di Trump.

Per condannare Trump, serve il voto favorevole di almeno 17 senatori Gop (Grand Old Party).

Un’utopia, come ha dimostrato il voto procedurale voluto dal senatore repubblicano Rand Paul. “Questo voto indica che è finita. Il processo è finito”. Tra quei 45 voti c’era, soprattutto, quello di McConnell, il vero ago della bilancia del processo. Il leader dei repubblicani nei giorni scorsi aveva lanciato un inatteso messaggio di apertura sull’impeachment: aveva detto di “considerare l’incriminazione”, accusando Trump di “aver provocato la rivolta” e lasciando i senatori del suo gruppo “liberi di votare secondo coscienza”.

I democratici, quasi increduli, avevano quantificato in dieci i possibili voti repubblicani a favore dell’impeachment.

La doccia fredda di McConnell non è stata una sorpresa per Joe Biden, che già ieri mattina aveva definito improbabile una condanna di Trump in Senato. “Il processo di impeachment va fatto, ma Trump si salverà: il Senato è cambiato da quando c’ero io, ma non così tanto”.

Lo stesso Trump, del resto, ha messo in chiaro che la sua priorità è mantenere la presa sul Gop (Grand Old Party), non fondare un nuovo partito. “Trump voleva far sapere che non sta iniziando a creare un terzo partito e che qualunque cosa farà politicamente in futuro sarà come repubblicano”.


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