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3 luglio 1985. Francesco Cossiga giura da Presidente della Repubblica

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di redazione

Il 3 luglio del 1985 Francesco Cossiga, prestando giuramento davanti al Parlamento, riunito in seduta comune a Palazzo Montecitorio, diventa l’ottavo Presidente della Repubblica italiana, assumendo formalmente la più alta carica dello Stato con i relativi poteri.

Cossiga era stato eletto Presidente il 24 giugno 1985, al primo scrutinio, con i voti di tutto “l’arco costituzionale”, 752 voti su 977, succedendo a Sandro Pertini, il cui mandato andava in scadenza il 9 luglio, che si dimise qualche giorno, come d’uso, per consentire l’insediamento del suo successore.

Più volte ministro, due volte Presidente del Consiglio dei ministri (1979 e 1980), Presidente del Senato della Repubblica (1983), a 57 anni l’esponente democristiano fu il più giovane tra gli eletti a salire al Quirinale.

Francesco Cossiga era nato a Sassari il 26 luglio 1928, da una famiglia di tradizione repubblicana e antifascista. Precoce fin da ragazzo, prese la maturità classica a sedici anni e a vent’anni si laureò in giurisprudenza, quando la sua coscienza politica era già formata, infatti a diciassette anni si iscrisse alla Democrazia Cristiana.

A determinare la sua elezione al primo scrutinio fu la tempestiva attività del segretario della DC di quel tempo, Ciriaco De Mita, che promosse consultazioni tra i partiti ben prima del giorno fissato per l’elezione del nuovo Presidente. Non ci volle molto per raggiungere un’intesa col segretario del PCI, Alessandro natta, sul nome di Cossiga, la cui candidatura era ben accetta anche ai socialisti ed agli altri alleati del centrosinistra.

La storia del settennato della presidenza Cossiga è piuttosto singolare, essa si può dividere in due fasi assai diverse tra loro, tanto da poter parlare di presidente dai due volti, prima garante rigoroso, poi “picconatore”.

Per tutti i primi cinque anni del suo mandato Cossiga rimane nel cliché del classico presidente-notaio, rigido osservante delle forme dettate dalla Costituzione che riconducono la figura del Presidente della Repubblica ad una rigorosa funzione di garanzia.
La seconda fase della presidenza Cossiga cominciò con la caduta del muro di Berlino, che Cossiga lesse come la fine della guerra fredda e della contrapposizione di due blocchi. Questo mutamento, a giudizio dello statista sassarese, comportava inevitabilmente una profonda trasformazione anche nel sistema politico italiano.

Così Francesco Cossiga reinterpretò radicalmente la sua funzione presidenziale, assegnandosi un ruolo di stimolo alle forze politiche per ché superassero l’immobilismo che le contraddistingueva. Ebbe inizio così la stagione delle “esternazioni” del presidente. Cossiga stigmatizzava in modo a volte sferzante l’incapacità dei partiti italiani di rinnovarsi anche di fronte alla trasformazione epocale conseguente alla caduta del muro di Berlino.

Il questo modo proprio Francesco Cossiga, fino a quel punto presidente discreto e prudente al punto che i vignettisti delle maggiori testate d’informazione lo disegnavano come un “signor nessuno”, dal 1989 alla fine del mandato, nel 1992, avviò una fase fortemente polemica e di conflitto politico, apparendo spesso provocatorio e sopra le righe.

Le dichiarazioni e le aperte denunce di Cossiga si intensificarono in particolare nel 1991 e nel 1992, con una forte esposizione mediatica e un’attività penetrante di denuncia dei ritardi e delle anomalie del sistema politico.

Divenne implacabile controllore del lavoro di Parlamento e Governo, con 22 leggi rinviate al Parlamento e con il blocco di molti decreti legge e decreti legislativi da emanare nella forma di DPR (Decreto del Presidente della Repubblica).

Fu lo stesso Cossiga a dichiarare che lo scopo delle sue intemerate era quello di dare «picconate a questo sistema», il che gli valse l’appellativo di «picconatore».

Si ebbero 22 leggi rinviate, di cui 14 tra il 1991 ed il 1992 e

A questa nuova impostazione corrispose la reazione irritata del mondo politico. Non mancarono di scatenarsi polemiche personali nei confronti del presidente (caso Gladio). Un quadro che si appesantì anche per via dello scontro con la magistratura (Commissione Paladin riforma CSM).

Il 28 aprile 1992 Cossiga si dimise dalla Presidenza della Repubblica, quando mancavano due mesi dalla scadenza naturale del mandato. Le dimissioni furono annunciate con un polemico discorso televisivo tenuto il 25 aprile, giorno della Liberazione.

Per chi volesse approfondire la complessa e controversa figura di Francesco Cossiga, politico, giurista, uomo di Stato e valutare con più attenzione la sua esperienza al Quirinale, è consigliabile la lettura del volume “Discorsi e interventi di Francesco Cossiga (3 luglio 1985 – 27 aprile 1992)”, edito nella Collana dell’Archivio storico Saggi e strumenti per la ricerca e la didattica. Il volume contiene i 740 discorsi pronunciati dal Presidente Cossiga nell’arco del settennato e le 103 interviste rilasciate nel corso del mandato presidenziale.