Type to search

1987, Nilde Iotti, prima presidente della Camera

Share

Trent’anni fa, il 22 aprile 1992, Nilde Iotti lasciava il suo mandato di presidente della Camera dei deputati dopo tredici anni ininterrotti: è stata in assoluto la presidente rimasta in carica più a lungo nella storia della repubblica italiana

Di Pia Brugnatelli

La figura di Nilde Iotti (Leonilde all’anagrafe) ha segnato la storia politica della repubblica italiana fin dai suoi esordi. Eletta all’Assemblea costituente nel 1946, cominciò fin da allora la sua lotta per i diritti delle donne al lavoro e in famiglia. Fu deputata parlamentare per più di cinquant’anni e si dimise soltanto nel 1999, per problemi di salute. Il 20 giugno 1979 fu la prima donna a essere eletta alla terza carica dello stato. Mantenne il suo ruolo per quasi tredici anni, un record ancora imbattuto.

 

«Meglio i preti che i fascisti»

Nilde Iotti nacque il 10 aprile 1920 a Reggio Emilia. Il padre era un ferroviere laico e socialista, che sotto il fascismo fu perseguitato per le sue lotte sindacali al punto da perdere il lavoro. Anche per questo scelse d’iscrivere la figlia a una scuola cattolica, secondo la convinzione che: «È meglio stare con i preti che con i fascisti». Nel 1934 morì, lasciando la famiglia in grandi ristrettezze economiche, ma grazie a una borsa di studio Nilde riuscì a iscriversi all’università Cattolica di Milano, dove nel 1942 si laureò in lettere e filosofia.

Tornò a Reggio Emilia per insegnare, ma dopo l’8 settembre 1943 la politica entrò prepotentemente nella sua vita. Nell’Italia del nord occupata dai nazisti si stavano risvegliando i movimenti partigiani, e la donna scelse presto d’iscriversi al Partito comunista italiano (PCI) e di unirsi prima alle staffette, poi ai Gruppi di difesa della donna, una formazione antifascista del partito che rivestì un ruolo importante nell’animazione della Resistenza.

Madre costituente

Alla fine della guerra l’attività politica continuò con l’Udi, l’Unione donne italiane, che le affidò l’incarico di indagare sulle condizioni delle famiglie più bisognose e di cui divenne segretaria. Il ruolo le valse un notevole apprezzamento a livello locale, e alle elezioni del 2 giugno 1946 ottenne dalla sua circoscrizione 15.936 voti, che all’età di ventisei anni la portarono a Montecitorio come deputata all’Assemblea costituente, insieme ad altre ventuno donne.

 

Qui entrò a far parte della commissione dei 75, preposta alla vera e propria stesura della carta, e in particolare partecipò ai lavori della prima sottocomissione, incaricata della parte relativa ai diritti e ai doveri dei cittadini. Questa partecipazione, che più tardi Iotti avrebbe definito «la più grande scuola politica a cui abbia mai avuto occasione di partecipare», le permise di battersi per l’affermazione del principio della parità tra i coniugi, del riconoscimento dei diritti dei figli nati fuori dal matrimonio e delle famiglie di fatto. Al riguardo affermò: «Dal momento che alla donna è stata riconosciuta, in campo politico, piena eguaglianza, col diritto di voto attivo e passivo, ne consegue che la donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza e di inferiorità in tutti i campi della vita sociale e restituita ad una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità di cittadina». In accordo con il PCI, si dichiarò inoltre contraria all’introduzione del principio dell’indissolubilità del matrimonio nel testo costituzionale.

Durante i lavori per l’assemblea Iotti ebbe modo di conoscere e innamorarsi di Palmiro Togliatti, il segretario generale del PCI, di ventisette anni più vecchio e già sposato con Rita Montagnana, un’eminente esponente del partito, con cui aveva anche un figlio. La loro storia fu fortemente osteggiata dai vertici del partito, che avevano un codice di condotta morale severissimo e che giunsero a vedere nella giovane laureata alla Cattolica una possibile “infiltrata” di Alcide de Gasperi. La coppia tuttavia rimase insieme fino alla morte di Togliatti, che si spense nel 1964.

 

L’impegno politico

Il ruolo svolto in difesa dei diritti delle donne e delle famiglie nei lavori per la costituente segnò profondamente l’impegno profuso da Iotti nella sua attività parlamentare, che la vide coinvolta per più di cinquant’anni. Quando, nel 1963, entrò a far parte della commissione affari costituzionali, tornò a occuparsi del problema della collocazione delle donne nel mondo del lavoro e delle tematiche relative alla famiglia, in quegli anni oggetto di fervente dibattito nei palazzi come nelle piazze. Fu in questo contesto che Iotti si batté per l’inserimento del divorzio nell’ordinamento giuridico e lo difese nella battaglia del referendum abrogativo del 1974; che nel 1975 fu tra i protagonisti della riforma del diritto di famiglia e nel 1978 di quella sull’aborto.

Nilde Iotti fu anche una convinta europeista. Nel 1969, quando per la prima volta i rappresentanti del PCI vi furono ammessi, entrò nel parlamento europeo, dove sarebbe rimasta per dieci anni. Il suo impegno più importante fu volto a rendere le elezioni del parlamento a suffragio diretto: una misura che, ne era convinta, avrebbe rappresentato l’indispensabile premessa per l’estensione dei sui poteri, grazie all’investitura popolare.

 

Roma, 13 maggio 1978. Nilde Iotti ai funerali di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana rapito e assassinato dalle Brigate rosse

La centralità del parlamento

L’importanza da lei attribuito al parlamento – l’unico organo di espressione della volontà popolare previsto dalla Costituzione – le fu riconosciuta il 20 giugno 1979, quando per la prima volta una donna ebbe accesso alla terza carica dello stato: quella di presidente della Camera dei deputati. Nel suo discorso d’insediamento, che ruotò intorno alla figura della donna nella società, all’imparzialità politica di cui da allora in avanti sarebbe stata paladina e alle misure necessarie per combattere il terrorismo che negli anni di piombo straziava il Paese, dichiarò: «Io stessa – non ve lo nascondo – vivo quasi in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione».

Sarebbe stata riconfermata a questo ruolo altre due volte, concludendo il suo mandato dopo quasi tredici anni, il 22 aprile 1992: un record che da allora non è ancora stato battuto. Non fu l’unico primato da lei raggiunto nella sua carriera politica. Nel 1987 ottenne mandato esplorativo per formare un governo da parte del presidente della repubblica Francesco Cossiga, che però fallì; ciò la rese comunque la prima donna e la prima esponente del PCI ad arrivare tanto vicino alla presidenza del consiglio. Nel 1992 fu poi la prima candidata donna proposta dalla sinistra come presidente della repubblica. I voti raccolti non le permisero di raggiungere il quorum; ma fu comunque un traguardo importante, se si considera che solo due elezioni prima, nel 1978, Sandro Pertini dovette ricordare ai parlamentari che ridacchiavano dei due voti raccolti da Ines Boffardi: «Non c’è nulla da ridere, anche una donna può essere eletta».

 

Nilde Iotti si ritirò dalla politica il 18 novembre 1999 per problemi di salute e si spense pochi giorni dopo, il 4 dicembre. Nel 2009 il presidente della repubblica Giorgio Napolitano la ricordò con queste parole: «Nella sua vicenda umana e politica si riflette la storia stessa dell’Italia repubblicana, che ella ha accompagnato nel cammino di ricostruzione e di sviluppo dai banchi dell’Assemblea costituente e poi della Camera dei deputati, di cui per lungo tempo fu presidente unanimemente apprezzata, garanzia di libero confronto per tutti i gruppi politici. La lezione politica di Nilde Iotti, anche nella costante affermazione del principio costituzionale dell’uguaglianza della donna nella società, nel lavoro e nelle professioni, mantiene oggi intatta tutta la sua forza e attualità».