Type to search

Verso il governo Meloni

Share

Come sarà composto il nuovo governo, come affronterà le urgenze più pressanti, a partire dall’approvazione del bilancio e dalle misure per fronteggiare la crisi energetica? È su questi aspetti che, finito il clamore delle elezioni e messe da parte le analisi del voto, si concentrerà l’attenzione nelle settimane a venire.

 

 

di Loan

 

Nel marzo del 2018 al centrodestra andarono dodici milioni di voti, tanti quanti la coalizione ne ha totalizzati domenica scorsa. Ma in questo turno elettorale c’è stato un clamoroso travaso interno di suffragi fra le tre forze che compongono la coalizione (irrilevante il cespuglio di Lupi, Toti, Brugnaro e Cesa): Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha guadagnato sei milioni di voti, mentre la Lega di Salvini ne ha persi tre milioni e Forza Italia di Berlusconi due. Pochissimo centro, dunque, e netta, radicale svolta a destra.

La differenza tra la nuova e la vecchia legislatura la fanno i sei milioni di voti perduti dal Movimento Cinque Stelle, allora di Grillo, Di Maio e Di Battista, oggi di Giuseppe Conte. Con la sua ampia maggioranza relativa il Movimento ha governato per tutta la legislatura, con tre diverse formule politiche, due delle quali guidate da Conte, impedendo che il centrodestra, già allora in testa come coalizione, assumesse la conduzione del governo. I voti persi dagli ex “grillini” sono andati in gran parte ad ingrossare l’astensionismo (+ 9%), restano dunque contendibili. I Cinquestelle non sono più un movimento del “vaffa” ma si avvicinano sempre più alla forma-partito, il partito di Giuseppe Conte, che può gridare al miracolo per aver contenuto con una campagna elettorale particolarmente indovinata la frana che tutti, fino a poche settimane fa, ritenevano molto più rovinosa.

Il Partito Democratico di Letta, in cifra assoluta, ha perso circa un milione di voti, ma ha conservato, sostanzialmente, la stessa percentuale del 2018 (alla Camera 18,7% nel 2018, 18,9% nel 2022).

Il duo Calenda-Renzi, unica vera novità – a parte il boom della Meloni – nel panorama elettorale, si attesta sui livelli di consenso, attorno all’8%, che corrispondono grosso modo a quel segmento di opinione pubblica che, fin dal tempo di Monti, preferisce governi a guida tecnocratica.

Se con gli stessi livelli complessivi di consenso (ampio ma non maggioritario) nel Paese, con la medesima legge elettorale (il turpe “rosatellum”) il centrodestra può oggi festeggiare una vittoria chiara e netta, che non può, stavolta, essere messa in discussione da altre combinazioni di maggioranza in Parlamento, si deve alla divisione delle forze tra gli avversari: PD, M5S, Azione di Calenda e Renzi, non essendosi coalizzati nel famoso “campo largo” prima sostenuto e poi abbandonato da Enrico Letta, hanno consentito al centrodestra coalizzato di fare man bassa dei parlamentari eletti nei collegi uninominali di Camera e Senato.

Il responso elettorale va rispettato, il governo di centrodestra a guida Meloni è dunque un fatto certo, che si materializzerà nei tempi tecnici necessari, che porteranno fino a novembre. Come sarà composto il nuovo governo, come affronterà le urgenze più pressanti, a partire dall’approvazione del bilancio e dalle misure per fronteggiare la crisi energetica? È su questi aspetti che, finito il clamore delle elezioni e messe da parte le analisi del voto, si concentrerà l’attenzione nelle settimane a venire.