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Promossi nonostante i pallini sparati alla prof

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Il caso dell’Itis Marchesini di Rovigo, i due studenti che hanno ridicolizzato la docente sui social, non sono stati bocciati: una decisione che umilia l’istituzione della scuola

Andrea Ruggieri

Cosa deve accadere perché due ragazzi che tengono un comportamento da deficienti ne affrontino le conseguenze, se ne assumano la responsabilità, e si diano una possibilità per crescere? Cosa dovrebbero fare più di quel che hanno fatto in classe, a Rovigo, per essere stati bocciati, causa 7 in condotta? Questa è la domanda che rivolgo, anzitutto a me stesso, riguardo il caso dell’Itis Viola Marchesini. Dove, a sorpresa direi, sono stati promossi i due alunni che a ottobre scorso avevano sparato dei pallini al volto alla professoressa durante la lezione di Scienze, filmandola e deridendola sui social. Parliamo dei due ragazzi maggiormente coinvolti nell’episodio (i fenomeni furono cinque): quello che sparò i pallini alla docente, rischiando di farle perdere un occhio e il compagno che filmò il gesto, per poi divulgarlo a mezzo social facendolo diventare virale. Un festival della scemenza che nemmeno faceva ridere.
La professoressa Maria Cristina Finatti, sessantunenne e moralmente schiaffeggiata, ora vuole scrivere al ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. E ha ragione da vendere, direi. Invoca la difformità di peso e misura con l’episodio di Abbiategrasso, dove l’attentatore della professoressa da lui accoltellata è stato bocciato, ma – ecco – parliamo di due fatti assai diversi nelle proporzioni (sparare un pallino obiettivamente non equivale ad accoltellare una persona). Valditara dal canto suo afferma di rispettare l’autonomia di ogni scuola ma si dice sorpreso dalla scelta di dare 9 in condotta a chi ha aggredito una professoressa, e ricorda che la scuola è presidio imprescindibile di educazione al rispetto. Sarà, ma non pare. Conclude dicendo di aver chiesto una relazione dettagliata sulle motivazioni che hanno condotto a questa decisione. L’avvocato dei ragazzi parla di «episodio circoscritto» e il provveditore di Padova e Rovigo sostiene che la promozione dei due, nemmeno mai sospesi per il loro gesto, si deve al loro ottimo rendimento. Evviva. Ci soffermiamo spesso, qui sul Rifomista, sulla scuola. Lo facciamo perché la riteniamo il luogo eletto, deputato a formare gli italiani di domani: la cantera della nuova Italia. E il fatto che due ragazzi beneficino di tanto lassismo ci lascia interdetti, ancor più della delusione che proviamo quando osserviamo che alcuni ragazzi siano cosi deboli da essere schiavi del consenso superficiale del branco online, costituito da followers annoiati che si emozionano solo per delle bravate che peraltro poco hanno di divertente, francamente. È triste, a parer mio, anche che gli altri ragazzi presenti a scuola, non abbiano avuto il coraggio di bollare pubblicamente gli autori di un gesto simile come due deficienti poco rappresentativi di una generazione, la loro. Aspetto fiducioso che lo facciano, anzi li invito espressamente a farlo; perché no, proprio tramite social. Perché si può dimostrare di essere leader anche e soprattutto marchiando come infami certi comportamenti da aspiranti protagonisti, di chi poi – spesso e fatalmente – viene ridotto dalla vita a comparse. E perché l’anticorpo di certe devianze della società risiede proprio in un comportamento diverso tenuto dalla maggioranza della stessa, e nel fatto che essa pubblicamente screditi certi comportamenti, non solo dissociandosene o stigmatizzandoli, ma anche impedendo che si consumino. Lo abbiamo già scritto e lo ripetiamo: giù le mani dai professori. Sono missionari e rappresentano l’autorità. Io sono sempre stato un sostenitore del detto per cui «Est unus quisque faber ipsae fortunae suae». Significa, sì che impegno e talento determinano il destino di ognuno di noi, ma anche – a contrario – che ogni azione deve comportare relativa e conseguente assunzione di responsabilità. Nella vita è giusto e da benedire che il talento conti parecchio, ma il carattere può esaltarne o deprimerne la potenzialità e la resa in atto. E allora, poche chiacchiere: quei ragazzi andavano bocciati e gli si sarebbe dovuto spiegare che la loro bravata puzzava di debolezza, rivelava un caratteraccio ma scarso carattere, e penalizzava il loto talento e il loro impegno, danneggiandoli. Perché cosi funziona nella vita e la scuola dovrebbe insegnarla a viverla da uomini. Non da deficienti.

Fonte: Il Riformista