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Processo della scimmia, il professore John Scopes è accusato per aver insegnato la teoria dell’evoluzione

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Di Carolina Salomoni

Accadde in Tennessee (USA), dove il professore John Scopes, protagonista del processo della scimmia, divenne il simbolo della battaglia tra darwinisti e creazionisti.

John T. Scopes, giovane professore di biologia a Dayton (Tennessee), è stato l’imputato di un processo passato alla storia con il nome di “Scopes Monkey Trial”, ovvero il processo della scimmia di Scopes. Colpevole di aver insegnato ai suoi studenti la discendenza dell’uomo dai primati, il ventiquattrenne fu condannato a pagare una multa di 100 dollari. Fortunatamente, solo due anni dopo la sentenza venne annullata grazie al ricorso fatto alla Corte Suprema del Tennessee, che, inoltre, dichiarò la legge anti evoluzionismo incostituzionale.

Nato il 3 agosto 1900 a Paducah (Kentucky), John fu il figlio più giovane di Thomas e Mary Scopes. In adolescenza si trasferì in Illinois dove frequentò il liceo e il primo anno di università, per poi di spostarsi nell’ateneo del Kentucky. Qui conseguì una laurea in legge e poi in geologia.

Nell’autunno del 1924, cominciò a insegnare algebra, chimica e fisica presso la Rhea County Central High School di Dayton, dove ricoprì anche il ruolo di allenatore di football. All’epoca, il dibattitto sulla possibilità di insegnare l’evoluzione nelle scuole era molto acceso, poiché la teoria di Darwin contraddiceva i principi della Bibbia. A tal proposito, i fondamentalisti cristiani si attivarono in tutti gli Stati Uniti al fine di impedire che la teoria dell’evoluzione entrasse nelle aule scolastiche.

Il Butler Act

In Tennessee, nel 1925, venne approvata una legge, che rese illegale nelle scuole finanziate da fondi pubblici l’insegnamento di “qualsiasi teoria che negasse la storia della creazione divina dell’uomo come insegnata nella Bibbia, per insegnare invece la discendenza dell’uomo da un ordine inferiore di animali”.

In risposta, l’American Civil Liberties Union (ACLU), un’organizzazione nata con l’obiettivo di proteggere i diritti costituzionali degli americani, si schierò contro il Butler Act in tribunale. Proprio a tale associazione si rivolse John Scopes per essere tutelato durante il cosiddetto processo della scimmia.

L’accusa

A soli 24 anni, Scopes ammise di aver usato in aula il libro di testo, “A Civic Biology “ di George William Hunter (1014), il quale descriveva l’evoluzione come “la convinzione che forme semplici di vita sulla terra lentamente e gradualmente abbiano dato origine a quelle più complesse”.  Il giovane biologo sapeva cosa avrebbero comportato le sue scelte, ma era anche consapevole di quanto fosse importante sfidare una legge incostituzionale per rivendicare un diritto. Una volta fatta la sua confessione, il 7 maggio 1925 il professore fu arrestato. Subito la notizia fece il giro di tutti gli Stati Uniti richiamando giornalisti e avvocati, pronti a schierarsi da entrambe le parti.

In realtà, il processo fu architettato dall’ACLU con il fine di far abrogare il Butler Act. Infatti, tramite un comunicato stampa, l’associazione cercò di trovare un docente disposto a dichiararsi colpevole di aver insegnato la teoria dell’evoluzione. Così facendo, si sarebbe creato il pretesto per finire in tribunale e mettere il Giudice nelle condizioni di rispettare la legge del Tennessee. John Thomas Scopes rispose all’annuncio e quindi accettò la sfida.

A rappresentare Scopes in tribunale ci fu un importante esponente legale dell’epoca, Clarence Darrow (1857-1938), finanziato dall’ACLU. Invece, a sostegno dell’accusa, scese l’ex candidato presidenziale William Jennings Bryan (1860-1925).

Il processo della scimmia

Il 10 luglio 1925, Scopes fece il suo ingresso in aula nel tribunale di Dayton, dove più di 400 spettatori giunsero da ogni stato americano per assistere. La folla era talmente grande da aver costretto il Giudice a spostare il processo sul prato, in quanto il pavimento della struttura avrebbe potuto cedere. Tra questi, spiccava il nome del giornalista e critico culturale del Baltimora Sun, Henry Louis Mencken (1880-1956), noto per il suo sarcasmo e il suo spirito pungente. Infatti, fu proprio lui a definire il procedimento “The Monkey Trial”.

Durante i primi giorni del processo, il dibattito focalizzò l’attenzione sull’incostituzionalità del Butler Act e quindi sulla validità dell’accusa mossa contro Scopes. Tuttavia, il Giudice ben presto smontò la linea della difesa, sostenendo che non era la legge a dover essere processata, ma le azioni di Scopes.

I testimoni

Nelle giornate successive entrarono in scena i testimoni di entrambe le parti, i quali furono spesso soggetti a domande bizzarre e decisamente estranee a un’aula di tribunale. Tra di loro si ricordano alcuni studenti, i quali, sebbene avessero ammesso di aver appreso l’evoluzione da Scopes, sottolinearono di non aver subito alcun danno a causa di tale istruzione. Invece, la difesa si avvalse della testimonianza del zoologo Maynard Metcalf (1868-1940), che spiegò come l’evoluzione non fosse solo una teoria, ma un fatto assolutamente dimostrabile.

L’interrogatorio all’avvocato Bryan

Con grande sorpresa e disappunto dell’ACLU, Darrow decise di chiamare il procuratore William Jennings Bryan a testimoniare. Il confronto tra i due avvocati è rimasto nella storia, poiché Darrow interrogò l’accusa su alcuni dettagli del libro della Genesi. Ad esempio, gli chiese se:

  • pensava che la Terra fosse stata creata in sei giorni;
  • riteneva possibile che Eva fosse nata dalla costola di Adamo;
  • quante persone vivevano nell’antico Egitto .

L’obiettivo della difesa era convincere la giuria sull’infondatezza delle storie della Bibbia rispetto alle prove scientifiche dell’evoluzione. Tuttavia, Bryan accusò sempre il suo collega di averlo semplicemente voluto ridicolizzare di fronte a un pubblico ampio e curioso, peraltro con l’obiettivo di offendere i credenti.

Abbiamo lo scopo di impedire a bigotti e ignoranti di controllare l’istruzione degli Stati Uniti.

Con queste parole Darrow concluse il suo interrogatorio, mentre il Giudice stabilì la fine del dibattito. La giuria si ritirò per deliberare sulle sorti di John Scopes, che, paradossalmente, in tutto il processo ebbe un ruolo marginale. Alla fine, il tribunale stabilì per il professore una multa pecuniaria di $ 100, la pena minima prevista dalla legge. Di fatto, l’accusa aveva vinto la causa, ma l’avvocato Bryan non ebbe modo di godersi la vittoria, morendo il 26 luglio. In molti sostennero un attacco di crepacuore scaturito dalle pesanti umiliazioni, ma, in realtà, morì per un ictus probabilmente insorto a causa del diabete.

L’atmosfera a Dayton

Il processo della scimmia trasformò la piccola cittadina del Tennessee, dandole una notorietà mai vista prima. In poco tempo, nelle strade si diffuse una sorta di circo mediatico, che prese forma in vignette ironiche, gadget a forma di scimmia e illustrazioni di ogni genere sul famoso “anello mancante”, identificato nel profilo di Jo Viens di Burlington (Vermont). Quest’ultimo era un uomo di 51 anni di bassa statura e con una mascella sporgente, una fisionomia che gli costò il paragone con i nostri discendenti, i primati.

Dopo il processo

Scopes non tornò mai più a insegnare, ma decise di ricominciare gli studi di geologia a Chicago, per poi lavorare nell’industria del petrolio sia nel suo paese sia in Venezuela. Fino alla sua morte, il 21 ottobre 1970 in Louisiana, preferì quindi una vita ritirata e lontana dai riflettori che lo avevano accompagnato in gioventù.

Nel 1967, pubblicò “Center of the Storm”, un’autobiografia sulla sua vita e sulle sue esperienze durante il processo della scimmia. Solo qualche anno prima, nel 1960, la vicenda di Scopes fu raccontata nel film “Inherit the Wind“ del regista Stanley Kramer. La pellicola, seppur ben accolta, è una versione romanzata della storia e uscì nelle nostre sale con il titolo “E l’uomo creò Satana!”.

La Corte Suprema del Tennessee

Due anni dopo il processo, un cavillo legale permise l’annullamento del verdetto. Pertanto, Scopes ottenne l’assoluzione, ma il Butler Act rimase attivo fino al 1967. Tuttavia, il dibattito tra creazionisti ed evoluzionistica continuò e portò l’anno successivo alla dichiarazione degli statuti anti-evoluzione incostituzionali dalla Corte Suprema degli Stati Uniti.

“Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione della vita, con le sue molte capacità, che inizialmente fu data a poche forme o ad una sola e che, mentre il pianeta seguita a girare secondo la legge immutabile della gravità, si è evoluta e si evolve, partendo da inizi così semplici, fino a creare infinite forme estremamente belle e meravigliose.”

Lo scontro tra creazionisti ed evoluzionisti ha attraversato secoli e, per quanto possa sembra assurdo, continua tuttora. In passato, sostenere la teoria di Darwin è stato un ottimo motivo per condannare a morte; oggi, sebbene sia avvenuta l’abrogazione di assurde leggi, non di rado il confronto rimane e si sposta in realtà talvolta insolite.

Dai social alle piazze, i creazionisti cercano in ogni modo di diffondere le loro “evidenze”, che fanno presa soprattutto sull’ignoranza di molte persone, convincendole quindi facilmente. Insomma, un sottile, ma deleterio processo di assuefazione da notizie false, che accresce una comunità disinformata e poco incline a farsi domande.

E in questo clima di discordia, spesso viene meno anche la questione religiosa, la quale diventa solo un pretesto per scatenare sterili discussioni e acuire un clima di odio. Insensato. Verso la scienza.

 

Fonte: Ultima Voce