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Pitagora e la Metempsicosi

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di Gianni De Iuliis

«Si dice che un giorno, passando vicino a qualcuno che maltrattava un cane, [Pitagora], colmo di compassione, pronunciò queste parole: smettila di colpirlo! La sua anima la sento, è quella di un amico che ho riconosciuto dal timbro della voce» (Diogene Laerzio).

Pitagora (571-570 a.C –490 a.C.) assai verosimilmente non scrisse nulla. Oggi possiamo attribuirgli con assoluta certezza solo la dottrina filosofica della Metempsicosi. Il termine deriva dal greco μετα- «meta-» (oltre, al di là, per indicare trasferimento), ἐν- «en» (in, dentro) e ψυχή «psiuchè» (anima). È una credenza propria di alcune religioni, originaria dell’antica India (ove è nota con il nome di saṃsāra). In seguito si è diffusa in Occidente nell’Orfismo, passando poi nella filosofia greca. Secondo tale credenza l’anima, dopo la morte del corpo, trasmigra, si reincarna in un altro corpo per espiare una colpa originaria.

La tesi originaria di Pitagora è l’assimilazione del corpo alla prigione (esiste anche una similitudine tra il termine greco corpo [soma] e il termine greco tomba [sema] – i pitagorici erano particolarmente sensibili al fatto che le parole contenessero già in sé il significato di ciò che indicavano): il corpo è la tomba dell’anima e rappresenta una via per concretizzare la purificazione della stessa. In tale contesto la metempsicosi si libera delle sue matrici religiose per integrarsi perfettamente nel pensiero filosofico: la filosofia e la scienza diventano strumenti per condurre alla salvezza dell’anima. La Scuola pitagorica univa programmaticamente il sapere alla pratica di alcuni riti purificatori, implementando la sua fama di setta religiosa.

Porfirio afferma che l’aspetto principale della filosofia pitagorica è da ricercare nella tesi dell’immortalità dell’anima e della sua trasmigrazione in varie specie animali e vegetali, in un ciclo di morti e rinascite per cui tutti gli esseri viventi devono essere riconosciuti come appartenenti a una sola specie. La metempsicosi era peraltro collegata alla cosmologia pitagorica, per cui essa avveniva alla fine di un ciclo astronomico.

L’episodio citato da Diogene Laerzio è proprio indicativo delle credenze di Pitagora. Resta un ultimo dubbio a riguardo: qual è la concezione di anima di Pitagora? La storia delle origini della concezione dell’anima è oscura. Pitagora non ha elaborato chiaramente la sua concezione di psyche. Tuttavia essa è considerata come la sede della coscienza e della personalità. È un’anima personale che sopravvive alla morte del corpo.

(14. Continua)