Type to search

NASCE IL TANDEM LETTA-CALENDA. SBARAGLIATA LA SINISTRA, PUNITO RENZI

Share

Piero Sansonetti

Il centrosinistra si presenterà alle elezioni con una linea molto moderata. Diciamo pure che nella alleanza, che sfiderà il centrodestra, di sinistra ce ne sarà poca poca. Il patto siglato ieri mattina tra Enrico Letta e Carlo Calenda imprime una secca sterzata a destra alla linea politica del Pd. Letta ha ceduto a tutte le condizioni di Calenda, che è un leader politico molto giovane per storia e molto poco di sinistra per idee e collocazione. Calenda ha chiesto la cancellazione dal programma di tutte le idee ambientaliste e vagamente socialiste, ha preteso un giuramento blindato di fedeltà all’atlantismo senza condizioni, e infine ha ottenuto la cacciata dalle liste dei leader non graditi, in particolare di Nicola Fratoianni che peraltro è alla guida di un gruppo politico che i sondaggi danno intorno al 3 per cento. (Fratoianni era esattamente il candidato che dava un senso all’espressione centrosinistra). Letta ha accettato tutte le condizioni di Calenda, rinunciando, si immagina, persino alla sua idea recentissima di aumentare leggermente la tassazione delle successioni per i miliardari. Calenda ha incassato un vero e proprio trionfo. Tanto che già ieri diversi giornali non parlavano più di Letta e basta, ma del tandem Letta-Calenda. Il Pd, che nasce dai resti del Pci, è oggi completamente nelle mani degli ex democristiani e degli eredi di Malagodi. Non c’è né da gioire né da infuriarsi. C’è da prendere atto dell’anomalia. Giorni fa su questo giornale Angela Azzaro poneva una domanda – una domanda autentica – al gruppo dirigente del Pd. Eravamo all’indomani delle elezioni in Francia e Angela chiedeva al Pd di scegliere tra Macron e Mélenchon. La risposta ha superato ogni previsione: il tandem Letta-Calenda sembra ancorare il Pd su posizioni assai più moderate rispetto a quelle dello stesso Macron.
Èdifficile adesso capire se la scelta del pd sia stata determinata da un semplice calcolo elettorale, e cioè dalla necessità di incamerare quel 3 o 4 per cento di voti di Azione che possono essere decisivi nella conquista di una decina di collegi uninominali. Oppure se sia stata una scelta strategica, guidata dalla convinzione che per battere, o comunque contenere, la destra, bisogna spostarsi su posizioni il meno possibili alternative a quelle della destra.
Probabilmente ci sono tutte e due questi elementi nella decisione di Letta. Sono due intuizioni giuste? E in che modo si costruirà una campagna elettorale di combattimento? I temi di contrasto fra centrodestra e centrosinistra sono pochissimi, a questo punto. Andrà a finire che il centrodestra batterà il solito tasto della lotta all’immigrazione e il centrosinistra batterà il tasto del rischio fascismo perché c’è la Meloni in ballo per Palazzo Chigi e l’Europa la teme.
Non riesco a vendere molti altri punti di divisione. Non sarebbe, francamente, una grande campagna elettorale, perché qualunque persona ragionevole sa che oggi come oggi l’immigrazione non è un problema ( tutti gli studiosi e anche gli imprenditori dicono che c’è assoluto bisogno di nuova forza lavoro straniera) e che a cent’anni tondi tondi dalla marcia su Roma il fascismo non è un pericolo, e tantomeno il pericolo autoritario può venire da Giorgia Meloni.
Temo che dovremo rassegnarci. La possibilità di assistere a una campagna elettorale bella, leale, e magari anche feroce, su due idee diverse di sviluppo e di governo del paese purtroppo è sfumata. E la debolezza della classe politica che si sta formando dopo il “medioevo grillino” non lascia ben sperare.
P.S. Poi c’è la questione Italia Viva. Che è stata esclusa dall’alleanza con la speranza che non raggiunga il muro del 3 per cento e resti quindi fuori dal Parlamento. Perché è stata eslusa, visto che le sue posizioni centriste sono molto simili a quelle scelte dal Pd? Credo che ci sia una sola spiegazione: l’antipatia verso Matteo Renzi. Cioè una ragione puramente personale. Quando la politica cammina su questi schemi non è mai un buon segno.

Fonte: il riformista