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L'America corre sui vaccini: per gli esperti "normalità prima del 4 luglio"

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AGI – Tre vaccini e cento milioni di dosi somministrate negli Stati Uniti (contro meno della meta’ nell’Unione europea, 47,2 milioni). Una pietra miliare nella lotta al coronavirus e un obiettivo centrato con 49 giorni di anticipo per Joe Biden. Oltre 65,9 milioni di americani hanno ricevuto almeno una dose, “one shot”, come dicono da queste parti, di cui 16,5 milioni nell’ultimo mese di Donald Trump alla Casa Bianca.

“Quello che è stato fatto dall’amministrazione Trump per lo sviluppo del vaccino è stato eccezionale. Non si era mai visto un vaccino pronto in nove mesi. Hanno investito risorse, con assegni in bianco, dato che non avevano garanzie di successo, utilizzando tutte le leve a loro disposizione, come in tempi di guerra. Anche la partnership tra pubblico e privato, per accelerare il processo, è stato un fatto inedito in questo campo. Lo stesso Anthony Fauci un anno fa stimò che ci sarebbero voluti almeno due anni per avere un vaccino e invece negli Stati Uniti ne stiamo già somministrando tre”, commenta Giovanni Filardo, professore di epidemiologia alla Southern Methodist University e ‘Research Professor’ di epidemiologia alla Baylor University, a Dallas, in Texas.

Filardo poco prima di parlare con l’AGI era impegnato in una riunione con uno dei capi dell’Operazione Warp Speed, messa in piedi da Trump per arrivare in tempi record al siero anti-Covid. “Va riconosciuto all’amministrazione Trump il merito del successo della campagna di vaccinazione in America – dichiara Filardo – perché, come confermano dalla task force della Casa Bianca, ora stanno utilizzando la piattaforma che aveva predisposto l’ex presidente. Biden di fatto ha trovato l’infrastruttura pronta” anche per la distribuzione dei vaccini”.

“Questo responsabile dell’operazione Warp Speed, rimasto in carica anche con il cambio di amministrazione, mi ha detto che il vaccino era praticamente pronto in 43 giorni, da quando hanno ricevuto il codice RNA dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). E loro già sapevano che avrebbe funzionato perché in laboratorio neutralizzava il virus. Chiaramente, prima di ottenere il via libera dall’Fda è stato sottoposto ai test della fase 1, 2 e 3. Dovevano controllarne l’efficacia e il profilo di sicurezza”, spiega Fliardo, “come sarà fatto per il siero di AstraZeneca quando depositerà negli Stati Uniti la domanda per l’uso d’emergenza (Emergency Usa Authorization, EUA)”.

La somministrazione del vaccino AstraZeneca (approvato in 60 paesi) è stata sospesa in tre nazioni europee, mentre in Italia è stato sequestrato un intero lotto dopo 5 morti sospette, ma gli esperti americani gettano acqua sul fuoco delle preoccupazioni.

“Certo, queste reazioni avverse saranno scrutinate, ma da quello che ho visto, il numero di casi di trombosi tra coloro che hanno ricevuto il vaccino (AstraZeneca, ndr) non è più alto del previsto. Le cose succedono e una coincidenza temporale non implica necessariamente un nesso causale. Detto questo, se le autorità regolatorie, sulla base delle informazioni di cui dispongono, temono un nesso causale, allora è opportuno intervenire per mitigare i rischi mentre vengono fatte ulteriori indagini”, precisa il professore del Baylor College of Medicine di Houston, Robert Legare Atmar, membro del comitato di advisor sulle pratiche per l’immunizzazione (ACIP), il panel di esperti che indica alle autorità sanitarie statunitensi (Centers for Disease Control and Prevention, Cdc) chi può ricevere il vaccino.

Atmar ricorda come alcuni casi di anafilassi si siano verificati anche dopo il via a Pfizer mentre a Moderna venne chiesto di rimediare a queste reazioni allergiche in fase di revisione. “Non credo che per AstraZeneca sarà necessario rinviare la richiesta EUA – rimarca Atmar – dipenderà, almeno in parte, dalla velocità con cui la società saprà rispondere alle preoccupazioni sollevate in Europa”.

Il professor Giovanni Filardo sottolinea come su 5 milioni di dosi di vaccino AstraZeneca somministrate, vi siano stati solo 30 casi di reazioni avverse. I volontari sui quali è stato testato sono stati 24 mila. “Con una probabilità così bassa di reazioni avverse serie, per poter prevedere questi problemi, tecnicamente avrebbero dovuto fare test su una popolazione di 170.000 volontari – spiega Filardo – una cosa impossibile. Uno studio su 24 mila persone è già grandissimo, per qualsiasi tipo di standard. Consideriamo che per il vaccino contro l’influenza si studiano 2 o 3 mila persone. Il problema è che quando si fanno immunizzazioni di massa, ci sono sempre purtroppo dei casi di reazioni avverse, ma non c’è necessariamente un nesso causale”.
 

AstraZeneca ha avviato test clinici negli Stati Uniti la scorsa estate ma dopo qualche settimana sono stati interrotti fino al 6 settembre (a livello mondiale) per alcuni effetti indesiderati. Sei giorni dopo, i test sono ripartiti nel Regno Unito mentre negli Stati Uniti, l’Fda ha consentito alla società  di riprendere con la sperimentazione solo dopo un mese, il 23 ottobre. Lo scorso novembre AstraZeneca ha ammesso un errore in uno dei suoi studi perché ad alcuni volontari nel Regno Unito era stata somministrata mezza dose anziché una intera.

Filardo segnala poi come in uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet, pochi giorni fa, il vaccino AstraZeneca, appaia meno efficace nella produzione di anticorpi tra le persone con più di 56 anni, che sono quelle che hanno maggior bisogno di protezione. Potrebbe essere questo il motivo per cui inizialmente il vaccino AstraZeneca era stato sconsigliato agli over 65enni.

“Ma si tratta di vaccini tutti sviluppati in emergenza, è normale che richiedano degli aggiustamenti – avverte Filardo – in ogni caso i benefici superano di molto i rischi”. Se approvato, AstraZeneca sarà il quarto vaccino disponibile negli Stati Uniti, insieme a Pfizer-BionTech, Moderna e Johnson & Johnson. AstraZeneca è pronta a consegnare agli americani “circa 50 milioni di dosi istantaneamente”, anticipa il vice presidente della società Ruud Dobbler, fiducioso sul fatto che sia “molto efficace contro la variante inglese”.

Il presidente Joe Biden punta a festeggiare il 4 luglio il giorno dell’indipendenza dal Covid in America. Filardo, è ancora più ottimista. “I contagi sono scesi molto rispetto a qualche mese fa. Se si contano i vaccinati, le persone che saranno vaccinate (la media è di 2,7 milioni al giorno) e quelli che sono stati contagiati e che dunque hanno sviluppato un’immunità che dura, almeno per quello che sappiamo fino ad ora, almeno 8-9 mesi, penso che si tornerà alla normalità in America anche prima del 4 luglio”. L’indipendenza, un nuovo inizio in anticipo. 

Source: agi


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