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Il sommergibile Enrico Toti

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Dal 7 dicembre 2005 il Sommergibile Enrico Toti può essere visitato.

Non mi sarei mai immaginato di poter entrare in un Sommergibile, l’occasione mi è stata offerta l’11 dicembre scorso a Milano visitando il Museo Nazionale della scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci”.

In questo prestigioso Museo, (la sala più importante è quella che esalta il genio di Leonardo), situato nel cuore della Milano dell’epoca romana, nelle vicinanze della basilica di Sant’Ambrogio, in Via San Vittore, dal 7 dicembre scorso è possibile visitare il Sommergibile Enrico Toti.

Il nome ricorda il celebre bersagliere, privo di una gamba, caduto sulla “Quota 85” di Monfalcone nel 1916 e il suo famoso gesto eroico: scagliò la gruccia contro il nemico quando non aveva più munizioni.

La zona di esposizione del “Toti” è accanto a quella occupata dai reperti storici dell’aeronautica (a pochi metri ci sono i famosi G91) e della marina militare (la famosa nave-scuola Ebe e il ponte di comando del transatlantico da 30.000 tonnellate il “Conte Biancamano”).

Ho avuto il piacere di entrare nella pancia del sommergibile insieme ad altre cinque persone e la guida (è il massimo consentito) è così come in un film ho potuto rivivere diversi aspetti della vita dei sommergibilisti, la complessità tecnica del loro lavoro e gli aspetti umani di queste persone costretti a vivere a stretto contatto durante le missioni che sovente superavano i 15 giorni.

Ciò che ho visto ha poco da spartire con tutta la serie dei film sui sommergibili che ho visto a cinema (Caccia a Ottobre Rosso, U 571, U-Boot 96, Operazione sottoveste del sottomarino dipinto rosa, ecc.) gli ambienti del Toti sono veramente angusti.

D’altronde, in Marina si usa dire che “Un sommergibile dev’essere il più piccolo possibile e pieno come un uovo”.

Il Toti è proprio così, lungo appena 46 metri, per entrare nella sua pancia si indossa il caschetto.

Per consentire le visite, lo scafo è stato tagliato sulla fiancata dritta dove sono state installate due scale per entrare ed uscire. Dentro all’improvviso, è come trovarsi in fondo al mare.

Ogni centimetro di spazio diventa importante.

Si vedono tubi dovunque e colorarti in modo diverso per evitare errori di manovra dell’equipaggio.

Se le luci ambiente sono rosse significava che sopra il mare è notte, con luce bianca significa che è giorno.

La guida ci fa sentire una registrazione dell’assordante rumore dei due motori diesel e tutti ci siamo chiesti come l’equipaggio poteva sopportarlo.

Le batterie, la strumentazione, le camere stagne, occupano la maggior parte dello spazio.

Per i 26 uomini dell’equipaggio c’è un solo wc!

Una branda estraibile ogni due marinai, tavoli estraibili per mangiare, un solo lavandino e tutto nello stesso locale.

La visita guidata, con effetti luminosi e sonori, ricrea in modo realistico l’atmosfera delle missioni.

Guardando dal periscopio, quasi ci si meraviglia nel vedere il campanile di san Vittore anziché il mare aperto.

Si cucinava su tre piastre elettriche della minuscola cucina, la pasta alla carbonara era il piatto preferito così saporita da coprire i miasmi di bordo. Caffè a litri in tutte le ore.

Vietato l’aglio, il cui odore avrebbe potuto mascherare quello del cloro, incubo dei sommergibilisti, un gas letale che può svilupparsi dal contatto delle batterie con l’acqua di mare.

La vita di bordo era più che spartana, il fastidio maggiore era quello di non potersi lavare come si deve, con acqua dolce.

L’aria era viziata da odori di ogni genere: oli minerali, fumi di cucina, gasolio, esalazioni wc, umidità.

Quando c’era la possibilità di cambiare l’aria, salendo in superficie, si sentiva un bruciore al naso per il troppo ossigeno e si provava una sensazione di euforia.

Caratteristiche del sommergibile S-506 Enrico Toti.

Il Sommergibile Enrico Toti dovrebbe essere chiamato Sottomarino. I due termini vengono spesso, erroneamente, considerati sinonimi per cui sono usati indifferentemente con lo stesso significato, (il sottomarino opera prevalentemente sott’acqua, è il caso del Toti, il sommergibile è capace di immergersi e navigare anche sott’acqua).

Il Toti esposto a Milano è il secondo con lo stesso nome in forza alla Marina. Il suo omonimo predecessore fu varato nel 1928 ed era quasi doppio come dimensioni e durante la guerra affondò una nave inglese.

Quello esposto a Milano, con la sigla S-506, è il primo sommergibile costruito in Italia nel dopoguerra, dopo la sosta forzata dovuta a una clausola del trattato di pace; destinato a individuare (grazie a un impianto sonar montato in un bulbo a prua) altri sommergibili nel Mar Mediterraneo, in particolare, durante la guerra fredda, i sottomarini nucleari Sovietici che arrivavano dal Mar Nero e dallo Stretto di Gibilterra.

Non ha mai partecipato ad azioni belliche, ma è stato per molti anni una sentinella silenziosa che pattugliava in segreto le coste della penisola.

Fu impostato nel 1965, varato il 12 marzo 1967, consegnato alla Marina Italiana nel 1968, radiato nel 1999. Dal mensile Quark del 2 settembre 2005 rilevo che è lungo 46 metri, largo 4,75 metri, è spinto da un motore elettrico da 772 cavalli che consente di raggiungere una velocità di 14 nodi (circa 26 km/h), con un’autonomia di 6.400 km.

Per caricare le batterie che alimentano il motore elettrico ha 2 diesel da 570 cv ciascuno. In superficie la velocità è di 9,6 nodi.

Profondità di collaudo 300 metri. Dislocamento 536 t in superficie, 593 t in immersione. Equipaggio: 26 persone, 4 ufficiali e 22 tra sottufficiali e marinai. Armamento 4 tubi lanciosiluri da 533 mm, 8 siluri elettrici filoguidati a testata autocercante.

Ci è stato segnalato che il sommergibile Toti poteva stare sott’acqua ininterrottamente fino ad un massimo di 12 ore; dopo tale tempo doveva riemergere. La guida ci ha anche confermato che la velocità sott’acqua è superiore di quella in superficie!

In 31 anni di servizio dal ’68 al ’99 il Toti ha percorso 254.000 km, oltre 6 volte il giro

dell’equatore.

E’ finito in Museo perché oltre ad essere il primo costruito dall’Italia nel dopoguerra rappresenta il massimo della nostra tecnologia della metà anni sessanta.

Il viaggio dalla base Marina di Augusta a Milano

Il viaggio del sommergibile Toti destinazione Milano, è iniziato il 5 aprile 2001 dalla Sicilia (base militare di Augusta) dopo una sosta tecnica a Taranto, il 20 aprile arrivo a Brondolo, nei pressi di Chioggia, in totale 85 ore di navigazione, 1.100 i km percorsi in mare trainato dal rimorchiatore Polifemo

Risalendo il fiume Po, il 6 maggio 2001 è a Cremona dopo 300 km di acqua dolce per la prima volta solcati dal sommergibile.

E’ stato fermo a Cremona, tra mille polemiche, dal 20 aprile 2001 fino al 23 luglio 2005.

Per arrivare a Milano ha percorso di notte, in una settimana, 93 km di strada battuta, l’ingombro totale del convoglio era di 62 metri di lunghezza, 5 metri in larghezza e 7,40 in altezza.

I due carrelli speciali che hanno consentito il trasporto avevano 240 ruote divise in 15 assi. Il convoglio ha viaggiato ad una media di 6 km/h impegnando 318 gli uomini.

E’ stato necessario alleggerirlo di 224 tonnellate, solo così poteva transitare sulle strade. In navigazione pesava 536 t. (con le camere piene d’acqua in immersione il peso era di 593 t).

Sono state eliminate le batterie e periscopio, smontata la torretta al centro dello scafo, la protezione del sonar a prua.

Dall’interno estratti più di 700 pannetti di piombo del peso di 28 kg l’uno, smontato sott’acqua, dai sommozzatori, 2 parti della barchetta che contiene la zavorra.

Scaricate oltre 40 t di piombo più un numero imprecisato di pannetti a prua, in questo modo si è arrivati a 312 t.

Da Cremona fino a Milano tutti hanno finalmente potuto vedere il segreto più custodito di un sommergibile: l’elica che del Toti è a 5 pale destrorse con un diametro di 2,24 metri.

Per transitare nella città di Milano sono state deviate 13 linee di tram e filobus, demolito un passaggio a livello e le linee aeree in due punti della ferrovia, sono stati rimossi 20 pali della luce, 24 semafori.

Partito da Cremona il 23 luglio 2005, il Sommergibile S-506 Enrico Toti arriva finalmente a Milano il 14 agosto del 2005, dal 7 dicembre 2005 può essere visitato.

Questo prestigioso cimelio e’ l’ultima perla delle 10.000 che custodisce il Museo Nazionale della scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci”

Gennaro Russo

gerusso@hotmail.com

Ho inviato una copia del giornale Cuneo Sette alla Direzione del Museo Nazionale della scienza e della tecnologia e l’articolo completo alla guida del Museo Sig. Marco D’Urso, il quale via E-mail il 30 dicembre 2005 mi ha cosi risposto:

Gentile Sig. Russo

La ringrazio per l’articolo! È molto bello. Mi fa piacere che i miei colleghi le sono stati utili e, soprattutto, apprezzo la sua piccola parentesi sulla terminologia (sottomarino-sommergibile).

Di tanti articoli letti a proposito del “caso” Toti il Suo è uno dei pochi in cui si riscontrano informazioni utili e nessun sensazionalismo gratuito e fastidioso. Su questo punto mi sento di insistere, perché è il più importante.

Hanno scritto tante buffonate sul nostro sottomarino (sempre chiamato sommergibile dalla stampa nazionale e dalla TV).

Lei ha reso al nostro cimelio la giusta dimensione, esaltandone i punti di maggior interesse, descrivendoli in modo semplice e azzeccato anche per un pubblico di non addetti ai lavori, è stato un autentico piacere leggerlo.

Io sono entrato alcune volte dentro la pancia di ferro del Toti, ma la sua descrizione mi ha fatto comunque sognare.

Spero che non si offenderà se le faccio un piccolo appunto, su un dettaglio a me caro.

Lei è una persona di cultura, quindi, penso che apprezzerà. Il museo non sorge proprio dentro la Milano romana,

(“nell’articolo è scritto: situato nel cuore della Milano dell’epoca romana, nelle vicinanze della basilica di Sant’Ambrogio, in Via San Vittore”)

ma su una propaggine extramurana sita sulla via consolare che conduceva verso ponente dentro il bosco di olmi (sito tra via degli olivetani fin oltre corso Vercelli) che vide il martirio di San Vittore.

Tutto il complesso vittoriano (basilica e monastero/museo) poggiano sull’antico cimitero che per decreto Imperiale era fuori dalle mura.

La porta occidentale era a ridosso del circo (di cui resta il ricordo nell’omonima via) che era sito in un’area più interna rispetto al complesso di Sant’Ambrogio. Il fatto che abbia citato il campanile cinquecentesco ed altre glorie della mia città mi ha riempito d’orgoglio e di questo Le sono grato.

 

 

Di Marco D’Urso forte@ liberoviaggiatore.com/