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di Antonello Longo

direttore@quotidianocontribuenti.com

È giusto, ed è bello, fare dell’otto marzo una festa dedicata “alle” donne. Ma questa è la “giornata internazionale della donna”, ed è semmai una festa “delle” donne.

Tutto quello che le donne in termini di diritti, di pari opportunità e di parità nelle condizioni di partenza e di arrivo nella cittadinanza, le donne l’hanno conquistato con le loro lotte, pagando prezzi assai cari. Ma conquiste e diritti sono ancora, qui ed ora, minacciati. E gran parte delle donne nel mondo sono ben lontane dal raggiungere gli stesi traguardi delle donne dei paesi ricchi dell’Occidente.

Quest’anno, poi, ai problemi storici le donne sono chiamate ad aggiungere le difficoltà imposte dalla pandemia di Covid 19, che hanno determinato l’acuirsi della frattura sociale tra le diverse generazioni, tra le persone garantite e quelle emarginate.

Chiunque sia dotato di un minimo di coscienza civile non può non avvertire l’aggravarsi del peso intollerabile della violenza maschile contro le donne, dell’aumento dei femminicidi, ma anche della violenza contro bambine e bambini dentro le mura domestiche, dove sempre più si sta rinchiusi a causa della pandemia.

Per favore, non parliamo di parità quando le donne occupate in Italia sono meno del 50%, un divario occupazionale tra uomini e donne tra i più alti d’Europa.

I numeri sono impressionanti: nel 2020 su quasi 450.000 posti di lavoro (precario) perduti, il 98 per cento ha riguardato donne, soprattutto giovani donne. E la fine, rinviata forse al prossimo 30 giugno, del blocco dei licenziamenti, apre prospettive da paura per tutti i lavoratori, ma in particolare per l’occupazione femminile, per la quale la parità di condizioni di lavoro, di prospettive di carriera, di retribuzione sono già poco incoraggianti, ma nell’anno della pandemia hanno visto un netto peggioramento in tutti i comparti e con qualunque tipologia di contratto. E molte lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato che al momento si trovano in cassa integrazione non hanno alcuna certezza di poter riprendere il posto di lavoro.

E si sa che le donne, al lavoro, autonomo o dipendente, alla scuola, tanto più col diffondersi dello smart working, devono aggiungere il lavoro domestico e di cura, i cui livelli di condivisione con i maschi non sono ancora al livello di una società evoluta. E pesano le gravi carenze dei sistemi di welfare, l’assenza di una valida medicina territoriale.

Il Next Generetion EU stanzia interventi cospicui per favorire l’occupazione  e l’imprenditorialità femminile. Vedremo, nel concreto, i progetto che verranno finanziati. Ma le misure specifiche per le donne non bastano, occorre che tutta l’impostazione del Piano sia diretta a costruire le strutture sociali ed economiche necessarie per uno sviluppo che riequilibri le condizioni di vita e di lavoro tra Nord e Sud e tra uomini e donne.

Un nuovo Rinascimento della società italiana non può non passare dall’apporto decisivo delle donne, cui la politica deve assicurare, oltre al lavoro, il welafre: nidi e scuole per l’infanzia in modo uniforme in tutto il Paese, investimenti per le famiglie in grado di far crescere il tasso di natalità. A nessuno sfuggono, anche col formarsi di una uova maggioranza estesa al centrodestra nel governo Draghi, i ripetuti attacchi all’autodeterminazione delle donne nella maternità, con il fine malcelato di impedire l’applicazione della legge 194.

È una questione elementare di giustizia, tuttavia difendere i diritti delle donne non riguarda solo uno dei sessi, ma fa l’interesse della società nella sua interezza, è un elemento indispensabile, non negoziabile, non rinviabile, per la costruzione di un futuro migliore per tutti.