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Florence Nightingale, la madre delle cure moderne

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Una delle più grandi donne della storia britannica, l’anticonformista Florence Nightingale non si piegò alle regole dell’epoca vittoriana e rivoluzionò il ruolo dell’assistenza infermieristica

Una luce fioca vacilla nelle tenebre della sala ospedaliera. È una lanterna turca, che una giovane donna sulla trentina, dai capelli castani e gli occhi verdi, tiene davanti a sé per visitare i malati. La luce si abbassa, la ragazza si china vicino a un uomo moribondo, gli carezza la fronte e gli rivolge le ultime, confortanti parole. A notte fonda i feriti attendono il suo passaggio, la chiamano: vogliono che li rassicuri, li assista, gli mostri un volto umano e compassionevole nell’immane tragedia della Guerra di Crimea (1853-1856).

Nasce così la leggenda di una figura complessa quanto formidabile: Florence Nightingale che, con la sua tenacia, non si piegò alle regole della rigida epoca vittoriana per fondare le basi dell’assistenza infermieristica moderna. Donna anticonvenzionale, decisa, accogliente eppure schiva, Nightingale rifiutò la fama per continuare a svolgere la propria attività innovatrice. Florence Nightingale nacque a Firenze il 12 maggio 1820. Il padre, William Edward, era un ricco borghese; la madre, Frances Smith, una donna benestante della migliore società britannica.

I genitori le diedero il nome della città in cui era venuta alla luce, così come avevano battezzato la primogenita Parthenope, perché partorita l’anno precedente a Napoli. Quando le figlie erano ancora bambine, i Nightingale fecero ritorno in Inghilterra, prima nella lussuosa magione conosciuta come Lea Hurst, nel Derbyshire, poi a Embley Park, nell’Hampshire. Furono William Nightingale e la moglie a impartire alle piccole lezioni di greco, latino, geografia, matematica, ma anche di cucito e ricamo, in modo tale che potessero divenire delle brave mogli. Tale era l’unico destino delle ragazze di buona famiglia nel mondo vittoriano.

La scelta della vocazione

Tuttavia Florence sembrava votata a una sorte diversa: a 17 anni soffrì di una depressione nervosa, che definì «la prima chiamata di Dio», e a 24 decise di dedicarsi alle cure del prossimo. Aveva capito qual era la sua vocazione, e la voleva seguire a ogni costo. La famiglia la ostacolò, ma lei andò avanti. Respinse quindi i numerosi corteggiatori, tra cui il colto ereditiere Richard Monckton Milnes, che le sarebbe rimasto sempre vicino per poi diventare anche membro della Fondazione Nightingale. In una lettera all’amica Mary Clark Mohl, Florence scriveva: «Scoppio d’indignazione quando vedo certe madri o certe spose che danno prova di quell’egoismo feroce che viene chiamato “amore materno” o “amore coniugale”. No, bisogna che ognuno abbia il diritto di dire la propria verità». E la verità di Nightingale è una sola: assistere i malati con l’aiuto di Dio. Confesserà più avanti: «La mia mente è ossessionata dalla sofferenza umana, mi assale da ogni lato».

La famiglia, e in particolare la madre e la sorella, tentò in ogni modo di osteggiare i suoi progetti, ma la giovane donna non demorse. Con un pretesto studiò a Kaiserwerth, nell’istituto tedesco di diacone dedicato al sostegno dei malati. Al ritorno in Inghilterra, vegliò su Parthenope, affetta da febbre reumatoide e disposta a tutto pur di non separarsi dalla sorella. Nel 1852 fu finalmente chiamata a dirigere una clinica privata al numero 1 di Upper Harley Street, a Londra. Era determinata nel voler trasformare la reputazione delle infermiere: fino a poco prima si dedicavano a tale mansione solo le donne povere ed emarginate che, tra la sporcizia degli ospedali, le sofferenze dei malati e le pessime condizioni di lavoro, finivano per darsi all’alcolismo.

Florence cercò di nobilitare il mestiere e intuì che alla sua base vi erano due aspetti sostanziali: la preparazione e l’igiene. Non solo: ritenne che l’assistenza ai malati potesse divenire prerogativa di ogni classe sociale e che dovesse essere tenuta in giusta considerazione pure in una società austera ed elitaria quale quella vittoriana. Fu con lo scoppio della Guerra di Crimea, nella quale gli inglesi combatterono al fianco dei francesi contro i russi, che ebbe occasione di dimostrare quanto fossero valide le sue idee. Il ministro della guerra, Sidney Herbert, che Nightingale aveva conosciuto durante un soggiorno romano, le chiese di partire.

Un’infermiera in guerra

Il 4 novembre 1854 sbarcò a Scutari, oggi un quartiere di Istanbul, assieme a 38 colleghe, cattoliche e protestanti. La guerra era cominciata già da un anno, le forze erano allo stremo e tra le truppe si era diffusa un’epidemia di colera. All’inizio il rapporto con i medici non fu dei più semplici, perché questi si rifiutavano di riconoscere l’autorità di un’infermiera, per di più donna. Eppure pian piano Florence riuscì a imporsi e, soprattutto, a imporre le proprie regole: fece arieggiare e pulire a fondo le sale di degenza, ordinò alle colleghe di lavare i pazienti e cambiare le lenzuola, predispose una lavanderia e incaricò un cuoco francese, Alexis Soyer, di preparare pasti sani per i malati.

Oggi queste possono sembrare delle ovvie norme d’igiene e di assistenza, ma allora gli ospedali da campo erano un caos di urla, sangue e sporcizia. Florence chiese inoltre di separare con una tendina i letti dove si eseguivano le operazioni al fine di evitare traumi psicologici e rispettare l’intimità dei pazienti. Raccolse, infine, dati statistici e osservazioni, che sarebbero confluiti in un testo di fondamentale importanza, Notes on Nursing (1859, Cenni sull’assistenza degli ammalati).

Di lì a poco sarebbe divenuta una celebrità: a Londra i giornali iniziarono a parlare di lei come di un’eroina e la folla si appassionò alla sua dedizione. Nightingale contrasse persino la cosiddetta febbre di Crimea, eppure nulla sembrava fermarla. Continuò ad assistere i malati: di giorno vegliava sulla loro guarigione, di notte passava al loro capezzale per confortarli o scrivere lettere ai parenti. Al ritorno in Inghilterra, l’accoglienza fu trionfale. Sebbene Florence si rifiutasse di mettersi in mostra – «per essere una degna serva di Dio, la prima tentazione da vincere è il desiderio di brillare in società», affermò –, il popolo e i reali l’acclamavano. Le venne dedicata persino una statua di cera presso il museo di Madame Tussaud.

Florence si ammalò di brucellosi e non si riprese mai del tutto. La salute precaria non le impedì di occuparsi del St. Thomas’ Hospital dal 1859 e di fondarvi, nel 1860, la Nightingale Training School, oggi Florence Nightingale School of Nursing and Midwifery. Chiamò vicino a sé giovani donne della buona società e le formò. Contemporaneamente mantenne la corrispondenza con diversi capi di stato stranieri, che le scrivevano per ottenere suggerimenti e consigli. Grazie al suo lavoro, la regina Vittoria la decorò con la Royal Red Cross e, nel 1883 il fondatore della Croce Rossa, Henry Dunant, le rese omaggio affermando che era stata “miss Nightingale” a ispirarlo.

Il 20 agosto del 1910, presso la chiesa di St. Margaret’s, nell’East Wellow, una variegata folla accorse a salutare per l’ultima volta la donna che aveva convinto la società a ripensare un lavoro indispensabile.

«Prometto davanti a Dio […] di vivere degnamente e di esercitare fedelmente la mia professione». Inizia così il documento redatto nel 1893 da un comitato dell’ospedale Harper di Detroit e noto come “il giuramento di Florence Nightingale”. Il 12 maggio del 2009 si è deciso di sostituirlo in Italia con un nuovo giuramento, laico e moderno.

 

Di Amaranta Sbardella – fonte: https://www.storicang.it/