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Encelado ha davvero gli ingredienti giusti per ospitare la vita?

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Uno studio fornisce dei modelli teorici per valutare se le concentrazioni relative di azoto e fosforo rilevate nell’oceano del satellite di Saturno possano o meno supportare l’esistenza di qualche forma vivente
È da un po’ che si parla di Encelado, una delle lune di Saturno, come luogo potenzialmente in grado di ospitare la vita – almeno per come la conosciamo e la intendiamo al momento, ossia nella nostra ottica di abitanti del pianeta Terra. Con uno studio pubblicato in forma di pre-print su bioRxiv, un gruppo di ricerca ha sviluppato dei modelli teorici per tentare di predire se gli elementi chimici e le molecole rilevate su Encelado, e soprattutto la loro concentrazione relativa, possano essere compatibili con l’esistenza di determinate forme di vita sul satellite. La risposta è “forse”.
I “mattoni” della vita
Qualche mese fa, una ricerca pubblicata su Nature aveva dimostrato la presenza di fosforo e ammoniaca all’interno di un oceano che si trova su Encelado. Il fosforo, così come l’azoto (che insieme all’idrogeno costituisce l’ammoniaca), sono considerati elementi indispensabili per la vita intesa nelle forme che popolano la Terra, dagli organismi unicellulari a quelli più complessi. Oltre a fosforo e azoto anche il carbonio è un elemento fondamentale, e il rapporto stechiometrico fra questi tre elementi, ossia le loro relative concentrazioni, può essere utilizzato come una sorta di parametro per valutare la compatibilità di un certo ambiente con la presenza di organismi viventi. In gergo è conosciuto come Redfield ratio, dal nome dell’oceanografo americano che nella prima metà del 1900 riscontrò una certa costanza nella concentrazione relativa di questi tre elementi all’interno dei campioni di fitoplancton marino che si occupò di analizzare durante i suoi viaggi.
Lo studio
Il gruppo di ricercatori ha quindi utilizzato dei modelli teorici per valutare se le concentrazioni relative in particolare di azoto e fosforo potessero essere compatibili con l’esistenza di diversi tipi di ecosistemi: “Tutti e tre i nostri approcci modellistici suggeriscono una compatibilità marginale di un ecosistema con gli intervalli di concentrazioni di N e P [azoto e fosforo, nda] disciolti nell’oceano di Encelado”, si legge nell’articolo. Gli autori sottolineano comunque che il loro intento non è né quello di confermare, né quello di smentire la possibilità che Encelado possa ospitare qualche forma di vita. Il loro studio, spiegano, ha lo scopo di fornire dei modelli teorici che possano supportare le valutazioni future.
La missione Cassini-Huygens
A rendere possibili gli studi su Encelado sono i dati raccolti grazie alla missione Cassini-Huygens, lanciata nell’ottobre del 1997 e terminata a settembre del 2017. La sonda Cassini della Nasa, parte della missione, è stata la prima in assoluto ad entrare nell’orbita di Saturno per studiare da vicino il pianeta e i suoi satelliti. La Cassini-Huygens è stata anche la prima missione ad effettuare il campionamento di un oceano extraterrestre (quello presente su Encelado, appunto), fornendo dati che, anche a distanza di anni, continuano a tenere impegnati gli scienziati.
Fonte: https://www.wired.it/