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Duro intervento del Sen. Pedica in Senato su Equitalia. In Parlamento le lotte di Federcontribuenti

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Legislatura 16º – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 654 del 11/01/2012

 

SENATO DELLA REPUBBLICA
—— XVI LEGISLATURA ——

654a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 11 GENNAIO 2012

(Pomeridiana)

_________________

Presidenza della vice presidente BONINO,

indi della vice presidente MAURO

 

 

 

Interveto in aula del Senatore PEDICA

 

 

 

Su dichiarazioni del Presidente di Equitalia

 

 

PEDICA (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEDICA (IdV). Signora Presidente, desidero sollevare un altro tema. Ieri abbiamo affrontato il problema dei risparmiatori e di Equitalia. Il presidente, Attilio Befera, in un’intervista all’interno della trasmissione televisiva «La telefonata di Maurizio Belpietro» ha usato queste parole: «È necessario incutere un sano timore».

Questo è quanto affermato dal direttore dell’Agenzia delle entrate, intervistato sulla lotta all’evasione che ha fruttato il recupero di circa 11 miliardi di euro. Egli ha rincarato la dose dicendo: «Faremo anche di più nel 2012» e ha continuato affermando che: «Gli errori commessi da Equitalia» – quelli che abbiamo denunciato ieri, le cartelle pazze e tante altre cose che hanno portato alla disperazione e anche a 13 suicidi – «non devono portare a generalizzare né a stigmatizzare l’attività di un ente che costituisce un argine contro l’evasione. Tutto ciò che Equitalia fa lo fa sulla base di leggi che dicono come deve comportarsi; se c’è qualcosa da rivedere siamo disposti a collaborare non metto in dubbio che ci sono stati errori». Continua affermando che non si può generalizzare sulla base di 1.000 errori a fronte di 10.000 cartelle, come ha specificato più volte. Questi 1.000 errori non corrispondono al vero: non è difficile per la Federcontribuenti e neanche per la federazione che rappresenta il collega Lannutti, l’Adusbef, smentire questi risultati urlati al vento dal presidente Befera. Quest’ultimo non ha raccontato quello che ha combinato in questo periodo alle piccole medie imprese, facendo salire a 13 le morti di persone che si sono viste recapitare le cartelle pazze, o come nel caso di Cutrò, imprenditore e collaboratore di giustizia, che si è visto recapitare una cartella esattoriale per 85.000 relativamente euro su un’azienda che, di fatto, è chiusa perché colpita dalla mafia, e addirittura lui è un collaboratore di giustizia.

Ecco, per tutti questi errori di cui non si fa vanto Befera, ma che noi ci facciamo carico di denunciare, bisogna che qualcuno fermi l’arroganza di questo signore. Ho presentato più volte insieme ai colleghi di destra e di sinistra interrogazioni parlamentari contro questa politica che – si badi bene, signora Presidente, colleghi – non divide l’evasore dal moroso, cioè da quella persona che purtroppo, costretta da una crisi societaria o da una crisi economica, deve decidere cosa pagare.

Noi dell’Italia dei Valori siamo contro gli evasori, li combattiamo e combattiamo – come ha detto il presidente Di Pietro – per «10, 100, 1.000 Cortina», che deve essere da esempio. Ma dobbiamo difendere quelle persone che si vedono arrivare ingiustificatamente cartelle esattoriali e che devono pagare entro 60 giorni, a prescindere da tutto, un terzo, perché Equitalia li considera comunque evasori.

Equitalia, al contrario, dovrebbe non confondere l’evasore, che è colui che noi combattiamo e che non è mai stato combattuto fino ad oggi, con il moroso, che è quella persona che vive in una situazione drammatica dal punto di vista economico e deve decidere se pagare la retta della scuola del figlio o una bolletta, il cui mancato pagamento può comportare addirittura il blocco di un bene mobile o immobile e la confisca di un bene anche per piccole e medie imprese, come nel caso di Cutrò. Mi riferisco alla vicenda riguardante un collaboratore di giustizia che si è visto arrivare una cartella esattoriale da 85.000 euro perché non paga non si sa che cosa, considerato il fatto che la sua azienda è ferma da quattro anni perché la mafia, non appena egli entra al suo interno, gli spara.

Dico questo a nome non solo mio, ma anche della Federcontribuenti e di tutte le associazioni che difendono i contribuenti, che sono la parte sana del nostro Paese, quella che non va combattuta, ma capita. Ripeto che va combattuto l’evasore che esporta denaro all’estero, come abbiamo visto ieri con la vicenda dei milioni e milioni di euro che escono dal Paese attraverso i lingotti d’oro. Bisogna fare una distinzione netta e usare due pesi e due misure, capire chi soffre e combattere chi fa il furbo.

Questo è quanto volevo dire anche a nome delle associazioni testé citate. Stiamo cercando di ragionare seriamente per far capire che Equitalia, se deve essere equa, deve capire, comportarsi come l’Agenzia delle entrate faceva una volta, quando ascoltava la persona, verificava la necessità che l’aveva portata non ad evadere ma a non pagare momentaneamente un importo, e poi lo dilazionava nel tempo. Vogliamo che questo ritorni ad essere. Non vogliamo la prevaricazione di una persona che si sente re Mida perché guadagna 480.000 euro, e tutto è meno che re Mida.

 


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