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di Xavier Mancoso

Il decreto Sostegni appena approvato non segna alcun cambio di passo rispetto al passato, mentre le imprese ferme ormai da oltre un anno, sono allo stremo”. Il giudizio di Confedercontribuenti sul decreto Sostegni approvato venerdì sera dal Consiglio dei ministri è durissimo. Sferzanti le parole del presidente Finocchiaro: “Sembra che a questo Governo non importi nulla della piccola e media impresa italiana. Il debutto del Governo Draghi ci fa rimpiangere finanche i peggiori governi della storia della Repubblica”

La Confederazione delle famiglie e delle imprese chiede un cambio di passo e indice per martedì prossimo, 23 marzo, un’assemblea nazionale che lancerà una mobilitazione per chiedere al Parlamento di cambiare radicalmente il “maldestro” decreto e per richiamare le forze politiche a passare dalla vuota propaganda ai fatti concreti.

L’avvento di Mario Draghi alla guida del governo ha suscitato un’onda anomala di entusiasmo, alimentata soprattutto dall’informazione mainstream. Ma nell’opinione pubblica la luna di miele è già finita, stando almeno ai sondaggi di di alcuniimportanti istituti demografici i quali hanno rilevato un netto calo di consensi per il governo (meno 10 punti in un mese, dal 57 al 47%); ma anche il gradimento per il premier è in discesa (dal 64 al 57%).

Il Paese sta vivendo un dramma senza precedenti e in queste condizioni anche un giorno di ritardo rispetto alle previsioni di entrata può decidere della vita di un’impresa, può aggravare le difficoltà di una famiglia.

Ieri è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, dopo un lungo braccio di ferro, il tanto atteso decreto “Sostegni”, che malgrado il cambio di denominazione assomiglia moltissimo al decreto Ristori del governo Conte, tanto che vien fatto di chiedersi se era necessaria tanta perdita di tempo. Ma i 32 miliardi di extra-deficit già autorizzati dal vecchio governo oggi, dopo due mesi di ritardo, permettono solo una risposta parziale alle attese.

Il decreto ripropone i tanto deprecati “contributi a pioggia”, dal turismo all’agricoltura, sempre con stanziamenti minimi, che non possono risolvere i problemi di nessun comparto.

Draghi ha confermato che ci vorrà un nuovo scostamento di bilancio, allora non sarebbe stato meglio concentrarsi sui ristori alle imprese, aumentando la quota di 11 miliardi destinati ad aiutare le aziende in difficoltà?

La media degli aiuti per tre milioni di attività economiche è di 3700 euro, ma il tessuto produttivo del Paese è costituito damilioni di imprese piccole e piccolissime, le quali, nella maggior parte, avranno ristori per importi al di sotto della media.

Ora, un’azienda che deve sostenere uffici, un capannone,  attrezzature, dipendenti, con tremila euro, o ancora meno, non copre nemmeno i costi fissi di un mese.

Come non collegare le scelte fatte con quanto affermato da Draghinel discorso pronunciato in parlamento per chiedere la fiducia al nuovo governo? Scaduto il blocco dei licenziamenti, ha detto chiaramente, si cercherà di venire incontro ai lavoratori ma non saranno salvate tutte le imprese, perché quelle che non sono competitive sul mercato devono scomparire.

E su questa visione eugenetica dell’economia di mercato, in un Paese dove tutti si dicono liberali, dovremo fare una riflessione molto attenta.

Intanto quello che fa scandalo nel decreto Sostegni è l’osceno compromesso al ribasso per quanto riguarda lo stralcio delle cartelle esattoriali.

L’arco temporale è stato ridotto rispetto all’ipotesi iniziale, non più dal 2000 al 2015 ma solo fino al 2010. Tetto per l’importo delle cartelle fissato a 5000 euro compresi interessi e penali e limite di reddito del debitore a 30.000 euro, anche se per le società forse sale a 50.000 euro.

Parliamoci chiaro, è una solenne presa in giro. Il piccolo imprenditore oggi, con i pochi soldi che ha in tasca, non sa se pagare le tasse oppure le banche e i fornitori. Le cartelle condonate sono quasi tutte ormai decadute o prescritte.

E invece il grosso delle entrate fiscali non riscosse, un migliaio di miliardi all’incirca, sta nel periodo escluso, dal 2011 in poi.Riformare i meccanismi di riscossione, così come è scritto nel decreto, a che serve se non per tentare di incassare queste somme?

Se questo non fosse l’intento perché non estendere subito il condono?

Il compromesso al ribasso fa perdere tutti.

Un fronte politico formato dal PD e da LEU, ma anche dallo stesso presidente del Consiglio, che avrebbe voluto tenere il tetto entro i 3000 euro (il presidente di Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiaro, prospetta un’intesa fra Partito Democratico e Confindustria, che si è pronunciata contro il condono) ha fatto resistenza perché, oggettivamente, un condono mortifica chi le vecchie cartelle le ha pagate. Questi partiti hanno perso, ancora una volta, l’occasione di farsi carico delle difficoltà concrete e delle necessità urgenti dei ceti produttivi, senza tuttavia riuscire a fermare il condono, il cui concetto è passato comunque. Allora perché non fare le cose nella maniera giusta ed efficace, perché prendere gli imprenditori per i fondelli?

Dal canto suo la Lega, con Forza Italia al seguito, ha impostato la sua propaganda sugli aiuti immediati all’economia e sulla “pace fiscale”; ma la i ristori arrivano in ritardo e sono largamente insufficienti (vedremo se i tempi promessi, gli aiuti dall’8 al 30 aprile sul conto corrente, saranno rispettati) e la cancellazione delle cartelle esattoriali, così come congegnata nel decreto, si è risolta in un’autentica beffa.