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Calcio, l’esonero di Mou e il calcolo dei Friedkin

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Un fulmine a ciel sereno no, perché le nubi su Trigoria minacciavano pioggia da diverse settimane (zero punti contro Bologna, Juventus, Lazio in Coppa Italia e Milan, uno solo con l’Atalanta e in mezzo l’ennesimo cartellino rosso). Ma l’esonero di Josè Mourinho dalla guida tecnica della Roma è arrivata forse prima del previsto. Molti nell’ambiente erano certi che sarebbe stata quella di domenica prossima contro il Verona la partita decisiva per salvare il posto. E invece Dan Friedkin ha deciso di bruciare le tappe di un rapporto ormai logoro e davanti a un ruolino di marcia oltremodo deludente: Roma nona in classifica in campionato, fuori dalla Coppa Italia per mano della detestata rivale biancoceleste, costretta a uno spareggio in Europa League per niente agevole (Feyenoord). Mourinho era in scadenza a giugno e solo un miracolo – ovvero un quarto posto che valeva la Champions il prossimo anno o un altro trofeo in Europa – lo avrebbe salvato. Ma tutti a Roma pensavano che qualche altra partita gli sarebbe stata concessa dalla proprietà americana per provare a invertire la rotta, se non altro perché Mou ha portato due finali europee in due anni, riempie lo stadio tutte le volte e perché la tifoseria, organizzata e non, è sempre stata tutta con lui, anche dopo le peggiori batoste o l’ennesimo derby perso.
Le ragioni della rottura, oltre alla classifica impietosa, sono anche altre: 1) La Roma gioca male, oltre a non vincere, diverte poco; 2) La società era convinta di aver messo a disposizione del tecnico una rosa molto competitiva. Con l’ingaggio di Lukaku, Azmoun, Sanchez e Paredes, la società chiedeva il ritorno in Champions, mentre Mou ha sempre evidenziato le lacune in difesa e la scarsa condizione di alcuni nuovi acquisti; 3) Nelle ultime settimane l’allenatore di Setubal aveva lamentato a telecamere accese l’assenza di una voce forte della società davanti ai presunti torti arbitrali e nessuna risposta alla sua autocandidatura per un rinnovo di contratto per il prossimo anno; 4) Lo sfilacciamento di un feeling tra Mou e alcuni big della squadra, conclamati dallo stesso Mou dopo i match con Lazio e Milan (“sono deluso da alcuni giocatori”); 5) Un rapporto con gli arbitri a pezzi; 6) Le necessità di dover decidere entro pochi giorni mercato di riparazione e rinnovo del tecnico. La brutta prestazione di San Siro, domenica sera, è stata la goccia che ha fatto pendere la bilancia sul piatto del cambio immediato (l’addio del Ds portoghese Pinto, qualche giorno fa, era una chiara avvisaglia di burrasca in arrivo).
La città, sponda giallorossa, è in subbuglio, sconvolta per aver perso il proprio vate e incerta sul dare piena fiducia a una grande bandiera come Daniele De Rossi (sponda laziale, invece si festeggia per aver inferto il colpo di grazia al ciclo del portoghese con l’ultimo derby vinto) le cui credenziali come tecnico sono inesistenti (è stato esonerato dalla Spal un anno fa). Il timore è quello di un ridimensionamento di obiettivi e un esito di una stagione che potrebbe persino rivelarsi peggiore di quanto non sia oggi.
La scelta di Daniele De Rossi era l’unica possibile (a metà stagione nessun tecnico top avrebbe preso una squadra in corsa con tutti questi limiti) e in assoluto la più identitaria. Lui vanta zero panchine in Serie A ma un legame con la città e la storia della squadra che non è seconda a nessun altra, nemmeno a quella di Totti, Bruno Conti, Di Bartolomei, Losi o Amadei. Capitan Futuro avrà dalla sua lo stadio e i giocatori in rotta con lo Special One. Mentre la proprietà più assente e afona della storia giallorossa si gioca la carta più ‘furbetta’ per far accettare l’esonero del costosissimo (7 milioni a stagione) e amatissimo allenatore portoghese. Se De Rossi recupererà posizioni e centrerà l’obiettivo almeno dell’Europa League il prossimo anno, avranno trovato l’allenatore ideale. Se invece DDR fallirà, si porrà mano all’ennesima rifondazione, ma forse con meno pretese e meno rosso in bilancio. E all’ex capitano si offrirà magari un ruolo in società. Un calcolo comunque rischioso, azzardato, in una città dove la fede incrollabile per la squadra giallorossa non sono mai dipesi dai risultati e dal palmares. (AGI)
GIP