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8 marzo: ‘Rowdy Riders’, le pachistane che festeggiano in moto

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Si chiamano ‘Rowdy Riders’ le donne che a Karachi hanno scelto la moto come strumento di emancipazione dalle tradizioni e di maggiore autonomia nella gestione del proprio quotidiano. Nel paese musulmano conservatore, solitamente le pachistane siedono dietro in macchina o possono essere trasportate sulle due ruote solo in posizione da “amazzone”, con le gambe accavallate su un lato del veicolo, rigorosamente guidato dal capofamiglia. Pertanto, secondo i codici di condotta vigenti, non potrebbero salire a cavalcioni sulla motocicletta, e invece qualcosa sta cominciando a cambiare.
“In passato giravano idee false in merito alla capacità delle ragazze a guidare una moto. Per fortuna con una migliore sensibilizzazione queste idee sono sparite. Il cambiamento è in marcia”, ha raccontato ai media Zainab Safdar, istruttrice del gruppo ‘Rowdy Riders’. Dalla sua fondazione, nel 2017, il club femminile si è ampliato, passando da pochi membri a 1.500 aderenti. A molte di loro Safdar ha mostrato che si può tranquillamente guidare una motocicletta indossando l’abaya rosa. In Pakistan, molte donne rinunciano a lavorare semplicemente perché i trasporti pubblici a disposizione sono limitati e non hanno alternative concrete. Nella tentacolare Karachi, dare alle donne le competenze e la sicurezza necessarie per unirsi agli uomini nel trambusto del traffico significa anche aprire un nuovo spazio di libertà.
Ad aver optato per questo mezzo di trasporto insolito, non sono le ragazze giovani ma donne più mature che prima di andare a seguire le lezioni di Zainab hanno comunque dovuto ottenere il permesso della propria famiglia. Tra di loro c’è Shafaq Zaman, 30 anni, docente universitaria e madre di una bambina di 7 anni. “Mi ispira così tanto che ora ho il mio sogno. Voglio guidare una grande moto. Voglio attraversare tutto il Pakistan”, ha raccontato la motociclista. Il problema comune è l’assenza di una bicicletta nella propria casa, intanto per imparare a utilizzare un due ruote e ottenere un po’ di sicurezza. “Dovrebbe esserci una bicicletta in ogni casa. E di solito ce n’è una, ma marcisce perché gli uomini non lo usano e le donne non sanno usarlo”, ha riferito Sana Kamran, 41 anni, seduta con disinvoltura a cavalcioni della sua Suzuki 110. “Se le donne possono prendersi cura delle responsabilità domestiche e guadagnarsi da vivere, perché non possono andare in moto, se lo desiderano?”, si chiede Sana. Le motociclette sono ormai onnipresenti sulle strade del Pakistan, il più delle volte sono piccole Honda rosse o repliche cinesi a buon mercato, scelte poiché in grado di attraversare tutti i tipi di terreno. Imparare a guidarle comporta però pericoli, ma le pachistane che fanno la scelta della moto non intendono rinunciare a questa opportunità che apre nuovi orizzonti. “Una volta che sai come andare in bicicletta e poi in moto, ti dà nuova fiducia nella tua capacità di superare altre sfide”, ha testimoniato Farwa Zaidi, che ha subito diverse cadute e fratture, ma ha tenuto duro. In realtà gli infortuni sono un distintivo di prestigio per Farwa che indossa con orgoglio lo stemma ‘Rowdy Riders’ sulla sua felpa con cappuccio. “Eccomi qui, rimango forte”, dice con convinzione la 26enne, in piedi vicino al suo scooter elettrico, lei che col suo metro e 37 faticava a trovare posto negli affollati autobus urbani. (AGI)