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8 marzo 1918. Il primo caso di influenza spagnola

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di Giulio Pappa

Il primo conflitto mondiale non era ancora terminato e ai milioni di caduti in guerra si aggiunsero le vittime del virus da “spagnola”.

Il nome deriva dal fatto che l’influenza fu resa pubblica per primi dai giornali spagnoli. La Spagna, infatti, non era entrata in guerra e la sua stampa nazionale non subiva la censura di guerra come negli altri paesi belligeranti.

Il virus entrò in Europa con l’arrivo delle truppe americane nel 1917 a sostegno della Francia e della Gran Bretagna. Da lì il contagio si diffuse a quasi un miliardo di persone su scala globale. Non si può stabilire l’esatto numero delle vittime; alcune stime riferiscono cinquanta milioni di persone tra cui circa 600 mila in Italia.

L’influenza raggiunse tassi di mortalità molto alti, fino al 70% dei contagiati. Il fallimento delle cure era dovuto alla scarsa conoscenza medica del tempo. Non era stata ancora scoperta la penicillina (bisognerà attendere Alexander Fleming nel 1928).

Il primo allarme di influenza in Italia venne lanciato in provincia di Vicenza nel settembre del 1918, quando il capitano medico dirigente del Servizio sanitario del secondo gruppo reparti d’assalto invitò il sindaco di Sossano a chiudere le scuole per una sospetta epidemia di tifo.

La lunga guerra di logoramento e le gravi condizioni igienico-sanitarie favorirono la diffusione del virus che causò più vittime di quante non ne avessero fatto gli eventi bellici. In un anno l’influenza uccise più persone di quante ne morirono in un secolo nel Medioevo per la peste nera.

Poco più di cento anni dopo una nuova pandemia si è abbattuta nel pianeta con il virus Covid-19. Le nostre armi sono, stavolta, frutto di una maggiore conoscenza e consapevolezza della letalità del virus.