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1991 la Moldavia diventa indipendente

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Moldavia, Repubblica di Stato dell’Europa orientale; confina a O con la Romania e per il resto con l’Ucraina. Il territorio, allungato da N a S, corrisponde per la massima parte alla Bessarabia, alla quale si aggiunge la cosiddetta Transnistria, cioè la regione a E del Dnestr. Il conseguimento dell’indipendenza è stato segnato da forti tensioni etniche: il contenzioso con i Gagauzi è stato composto con un’ampia autonomia concessa nel 1995, mentre ancora aperto è quello con i Russi dell’autoproclamata Repubblica della Transnistria.

STORIA

La Repubblica autonoma di Moldavia venne costituita nel 1924, su territori ucraini a E del Dnestr, dopo l’annessione romena della Bessarabia (1920). Quest’ultima passò all’URSS, insieme alla Bucovina, nel 1940: la Bucovina settentrionale, la Bessarabia meridionale e parte della Repubblica moldava furono assegnate all’Ucraina, mentre la Bessarabia settentrionale, unita ai restanti territori della Repubblica moldava, formò la Repubblica socialista sovietica di Moldavia. Di nuovo annessa alla Romania (1941-44), dopo la guerra la M. seguì le vicende politiche dell’URSS e dagli anni 1970 fino alla metà circa degli anni 1980 fu sottoposta a un’intensa politica di russificazione.

Divenuta teatro, come gli altri paesi dell’URSS, di profondi rivolgimenti politici, dopo le elezioni del 1990 la M. condusse una politica di secessione di fatto: nel giugno fu proclamata la sovranità dello Stato moldavo e dichiarata illegale l’annessione del 1940 della Bessarabia; nel maggio 1991 il nome del paese fu modificato in Repubblica di Moldavia. Dopo il fallito colpo di Stato in URSS la M. proclamò l’indipendenza (27 agosto 1991) e in dicembre aderì alla CSI. La crisi nei rapporti fra la maggioranza di lingua romena e le minoranze gagauza e slava portò alla proclamazione da parte di queste ultime di Repubbliche indipendenti: la Gaugazia e la Transnistria. Nel 1995 la Gagauzia assunse uno status di ampia autonomia, mentre in Transnistria, dove le trattative sono state condizionate anche dal problema del ritiro delle truppe ex sovietiche stanziate nella regione e passate sotto il controllo russo, sono rimaste vive le istanze separatiste, confermate nel 2006 da un referendum in cui il 97,1% dei votanti si è espresso a favore del ricongiungimento con la Federazione Russa.

Alla faticosa definizione di un’identità nazionale e al laborioso tentativo di trovare una collocazione autonoma della M. nel contesto regionale si è accompagnata una situazione economica contrassegnata da una grave arretratezza dell’apparato produttivo. Le elezioni politiche del marzo 1998 furono vinte dal Partito comunista, messo al bando nel 1991 e nuovamente legalizzato nel 1994, e divenne presidente della Repubblica il segretario del Partito comunista, V. Voronin, poi riconfermato nel 2005 dopo il nuovo successo elettorale dei comunisti. Voronin cercò di riaffermare le prerogative del potere centrale rispetto alle pressioni autonomiste e di alleviare il disagio sociale con un rilancio delle misure di welfare, passando in politica estera da posizioni filorusse a un’apertura all’Europa. La vittoria del Partito comunista dell’aprile 2009, peraltro contestata con accese dimostrazioni di piazza, non sortì una maggioranza sufficiente a eleggere il nuovo presidente. Le elezioni furono quindi ripetute in luglio, ma neanche l’alleanza quadripartita di centrodestra risultata vincitrice riuscì a designare il successore di Voronin, cui sono subetrati ad interim prima M. Ghimpu, poi nel 2010 M. Lupu. Solo nel marzo 2012, dopo tre anni di negoziati e tre elezioni politiche, il Parlamento ha eletto il nuovo presidente nella persona di N. Timofti, il candidato liberale e filoeuropeo dell’Alleanza per l’integrazione europea che governa il Paese dal 2009.

Alle elezioni parlamentari tenutesi nel novembre 2014 i principali partiti filo-occidentali hanno conquistato la maggioranza dei 101 seggi dell’Assemblea legislativa: segnatamente, il 20,5% circa dei voti e 25 seggi è andato al Partito socialista, mentre il Partito liberaldemocratico del premier I. Leancă ha registrato il 20,1% circa dei consensi, seguito dal Partito democratico (15,8%) e dal Partito liberale (9,5%). Nel febbraio dell’anno successivo il Parlamento ha votato la fiducia al nuovo governo, retto dal premier C. Gaburici, esponente del Partito liberaldemocratico che ha guidato un governo di minoranza composto anche dal Partito democratico e dal Partito comunista; dimessosi nel giugno 2015 a seguito delle accuse di avere falsificato i suoi titoli di studio, gli è subentrata ad interim N. Snegur-Gherman (giugno-luglio 2015), che ha ricoperto la carica fino alla nomina di  V. Streleț. Nei mesi successivi si sono verificate violente proteste di piazza per chiedere un rinnovamento sostanziale della classe dirigente, e nel mese di ottobre, dopo il voto di sfiducia del Parlamento all’esecutivo guidato da Streleț, è stato nominato primo ministro ad interim il deputato liberale G. Brega, cui dal gennaio 2016 è subentrato P. Filip. Al primo turno delle presidenziali, svoltosi nel mese di ottobre, il candidato filorusso I. Dodon, membro del Partito socialista e dato in testa nei sondaggi, non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta, aggiudicandosi il 48,5% delle preferenze contro il 38,2% dell’avversaria, l’europeista M. Sandu, dal cui confronto al ballottaggio tenutosi il mese successivo è uscito vincitore con il 55% circa dei consensi, subentrando nella carica a Timofti. Le elezioni politiche tenutesi nel febbraio 2019 hanno disegnato un quadro politico incerto, con i socialisti del Partidul Socialiştilor din Republica Moldova (PSRM) impostisi come primo partito (31% circa dei suffragi), seguiti dalla coalizione europeista di centrodestra ACUM (26%) e dai democratici (24%). Nel giugno successivo si è risolto lo scontro istituzionale che nei mesi precedenti aveva visto confrontarsi il Partito democratico legato all’oligarca V. Plahotniuc, inizialmente incaricato di guidare il Paese fino alla formazione di un nuovo governo, e la coalizione formatasi dopo l’accordo tra i socialisti di Dodon e l’alleanza liberale ed europeista ACUM dell’ex consulente della Banca Mondiale M. Sandu, incaricata di assumere la guida del governo. Sfiduciata dal Parlamento, nel novembre 2019 è subentrato alla donna politica nella carica di premier del Paese I. Chicu. Al ballottaggio delle consultazioni presidenziali svoltesi nel novembre 2020 Sandu si è comunque imposta con il 57% delle preferenze sul presidente uscente Dodon, subentrandogli nella carica. Alle elezioni politiche del luglio 2021 il Partito di Azione e Solidarietà (PAS) della presidente si è aggiudicato la maggioranza assoluta dei voti (52,8%), sconfiggendo  la coalizione guidata dagli ex presidenti Dodon e Voronin, che ha riportato il 27,1% dei consensi; a seguito del risultato elettorale, nel mese successivo è stata eletta premier N. Gavrilița, a seguito delle cui dimissioni nel febbraio 2023 ha assunto la carica D. Recean. Nel febbraio 2022, a pochi giorni dallo scoppio del conflitto bellico tra Ucraina e Federazione Russa, la presidente Sandu ha presentato all’Unione europea richiesta di candidatura del Paese a membro dell’Unione Europea, approvata dal Consiglio europeo nel giugno successivo; ad aprile il territorio separatista della Transinistria – fronte alternativo per l’attacco alla città portuale di Odessa – è stato interessato da una serie di esplosioni che hanno spinto il Paese ad allertare le sue forze di sicurezza. Forti tensioni con Mosca sono proseguite nei mesi successivi, fino alla decisione, comunicata da Putin nel febbraio 2023, di revocare un decreto del 2012 che sosteneva parzialmente la sovranità del Paese nell’ambito delle politiche sul controllo dei territori della Transnistria.