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Un mistero lungo 10 anni, del volo MH370 ancora nessuna traccia

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Ancora senza verità uno dei casi più misteriosi della storia dell’aviazione mondiale. Era l’8 marzo 2014 quando il velivolo della compagnia aerea malese Malaysia Airlines sparì dai radar mentre era in viaggio da Kuala Lumpur a Pechino con 239 persone a bordo

AGI – Dieci anni dopo non c’è ancora nemmeno l’ombra di una verità su uno dei casi più misteriosi della storia dell’aviazione mondiale. Era l’8 marzo 2014 quando il volo MH370 della compagnia aerea malese Malaysia Airlines sparì dai radar mentre era in volo da Kuala Lumpur a Pechino con 239 persone a bordo.
Negli anni si sono susseguite ipotesi di ogni tipo e l’ultima cui ha dato spazio il Sun parla di “modifiche dell’ultimo minuto” alla dotazione di ossigeno e al carico di carburante che, secondo un esperto, dimostrerebbero che il capitano ha schiantato deliberatamente l’aereo nell’Oceano Indiano meridionale. Il piano di volo dell’aereo mostra che sono stati aggiunti 3.000 kg di carburante extra all’aereo prima del decollo, insieme a ossigeno extra – non richiesto – fornito solo alla cabina di pilotaggio. Parlando al Sun, il pilota del Boeing 777 Simon Hardy ha affermato che i nuovi dettagli potrebbero essere la prova che nei piani del capitano dell’MH370 Zaharie Ahmad Shah c’era di far perdere i sensi ai passeggeri e ai membri dell’equipaggio e volare abbastanza a lungo da raggiungere una zona illuminata dalla luce del giorno dove poi far schiantare il velivolo.
Non ci sono stati eventi ufficiali per ricordare i dieci anni dalla tragedia, anche se trenta parenti delle vittime hanno manifestato oggi a Pechino davanti all’ambasciata della Malesia per chiedere risposte. Il governo australiano ha annunciato la propria disponibilità a fornire aiuto alla Malesia se decidesse di riprendere le ricerche dell’aereo, scomparso circa 40 minuti dopo il decollo . L’offerta di Canberra arriva dopo che il primo ministro malese Anwar Ibrahim ha dichiarato che il suo Paese è disposto a riaprire le indagini sull’MH370.
Alcuni parenti delle vittime, che domenica scorsa hanno organizzato una manifestazione di commemorazione in Malesia, hanno accolto con ottimismo la possibilità che le ricerche riprendano, poiché desiderano che venga ritrovato l’aereo e spiegato quanto accaduto.
A bordo c’erano 153 cinesi, 50 malesi (12 facevano parte dell’equipaggio), sette indonesiani, sei australiani, cinque indiani, quattro francesi, tre americani, due neozelandesi, due ucraini, due canadesi, un russo, un olandese, un taiwanese e due iraniani. Il volo scomparve quando, lasciando lo spazio aereo malese ed entrando in Vietnam, qualcuno nella cabina di pilotaggio spense manualmente il sistema di comunicazione e il segnale del transponder andò perso.
Poco dopo, l’aereo cambiò rotta manualmente – non meccanicamente o con il pilota automatico – effettuando una brusca virata a sinistra e dirigendosi nuovamente verso sud-ovest sopra la penisola malese, per poi virare nuovamente e infine lasciare la zona radar.

Secondo l’indagine ufficiale, l’aereo ha volato per circa altre 6 ore verso l’Oceano Indiano finché, presumibilmente, senza carburante, è caduto in acqua, da qualche parte nell’oceano.
Le prove finora disponibili sono 27 pezzi recuperati dalle spiagge dell’isola di Reunion, del Mozambico, di Mauritius, del Sud Africa e dell’isola di Pemba (Zanzibar), solo tre dei quali appartengono “con certezza” all’aereo. La ricerca condotta da Malesia, Cina e Australia tra il 2014 e il 2017, che ha coperto circa 4 milioni di chilometri quadrati di superficie marina e 120.000 chilometri quadrati di fondale marino nell’Oceano Indiano, e un secondo tentativo nel 2018 da parte della società Ocean Infinity non sono riusciti a localizzare l’aereo.
Di Ugo Barbara – fonte: AGI