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Troppu trafficu ppi nenti, una favola bella con lieto fine

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Al Brancati la commedia di Shakespeare rivisitata da Camilleri e Dipasquale. A nudo le sfaccettature dell’amore nelle sue molteplici declinazioni. Tripudio del dialetto e della comicità

di Alfio Chiarello

Grande spettacolo, con tutto quello che fa piacere  trovare a teatro: scenografia accattivante, testo coinvolgente,  recitazione incalzante. Troppu trafficu ppi nenti fa centro 3 volte. Scritto a quattro mani da Camilleri e Dipasquale, il testo rimane fedele alla commedia di Shakespeare, Molto rumore per nulla, che il genio inglese aveva ambientato a Messina. Aria di Sicilia, quindi, fin dalle origini, nello sviluppo della trama e nella collocazione. Il duo di autori fa il resto. Dialetto (o lingua?) siciliano, che più sapido ed espressivo non sarebbe potuto essere, ironia che sgorga a sorpresa a ogni piè sospinto. E defilata quel tanto che serve, ma solida e sempre presente, la visione  lucida e grottesca dell’animo dei siciliani, la loro tendenza, tanto per dirne una, ad aggrovigliare persino le cose semplici, come annota il regista Dipasquale nelle sue note, così come l’indole irascibile e collerica che può scompaginare gli equilibri apparentemente più solidi. Ma il teatro è spettacolo, non (solo) filosofia. E i concetti vanno espressi sulla scena. Compito, tutt’altro che semplice per testi di tale importanza. Non stupisce che in questa occasione sia stata messa in campo una vera e propria “grande armée” di attori: Angelo Tosto (Lionatu), ieratico padre di Eru (Anita Indigeno), Daniele Bruno, Claudiu, il fidanzato di Enu, Ramona Polizzi, incantevole nel suo ruolo di “rispustera”, Filippo Brezzaventre, impeccabile Don Petru, Ruben Rigillo,  Binidittu, Cosimo Coltraro, nel ruolo scomodo del cattivissimo (bastaddu) don Giuvanni, Vincenzo Volo, divertentissimo Carrubba, protagonista, in coppia con Rosario Valenti, di una delle scene più divertenti della pièce. Assieme a loro, Lucia Portale (Orsola), Lorenza Denaro (Margherita), Luciano Fioretto (Barracciu), Alex Caramma (Corradu),  Valerio Santi (Sorba), Pietro Casano (Frati Cicciu). A loro l’arduo compito di dare vita alla commedia nel suo sviluppo comico così come in quello “ideologico”. Molto rumore per nulla (e Tantu trafficu ppi nenti) è un testo profondo, in cui si mescolano e si caratterizzano temi come l’amore paterno, le varie sfaccettature della femminilità, la visione dell’amore, con le sue inquietudini, i suoi esiti talora tragici, (ma anche esilaranti) le tinte fosche della perfidia umana. Nella commedia due coppie di innamorati (Claudiu – Eru e  Binidittu – Biatrici) attraversano momenti avversi, incomprensioni e scontri, che però culminano nel lieto fine. Lo sviluppo della trama passa attraverso una fitta rete di eventi, frutto della fervida fantasia del commediografo inglese, che attraverso la forte caratterizzazione dei personaggi, prende per mano lo spettatore fino alla naturale conclusione. Due gli snodi centrali della commedia: le macchinazioni di don Giuvanni e la messinscena ordita dal prete incaricato di celebrare le nozze fra Claudiu ed Eru. Tutto il resto è frutto della fantasia inesauribile dell’autore. L’amore litigarello fra Binidittu e Biatrici, l’offesa subita da Eru, la “frusta” a cui la sottopone il fidanzato, la manipolazione operata da Biatrici, capace -permetteteci di dire- di mettere “’a faretta” al povero Binidittu, fino a indurlo a sfidare a duello Claudiu. Potenza dell’amore. Un microcosmo, insomma, che coinvolge e che fa riflettere. A Dipasquale il merito di tenere assieme le varie scene, veri e propri segmenti espressivi, di accostarle sapientemente l’una all’altra e, soprattutto, di cogliere  tutti gli spunti possibili per dare forma e colore, con il linguaggio e con la gestualità degli attori, alla comicità del migliore Camilleri. La trasposizione del Molto rumore per nulla risale non a caso alla fine dello scorso secolo ed ha debuttato nel 2000, una stagione particolarmente fruttuosa per lo scrittore agrigentino, reduce dalla fortunata serie del commissario Montalbano, ma anche dalla Concessione del telefono e dal Birraio di Preston. Da allora una serie di successi in diversi teatri e altrettanti allestimenti. A detta del regista lo spunto per la trasposizione dell’opera di Shakespeare è scaturito da una conversazione intercorsa fra lui e Camilleri sul tema della nazionalità del commediografo. Inglese? Siciliano? I dubbi restano. Ma questa è tutta un’altra storia, la querelle è ancora viva, e  si è ben lungi dal potere scrivere la parola fine.  Lo spettacolo è prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale ed è rappresentato presso il Teatro Brancati di Catania.