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Terzo condono edilizio: niente sanatoria in caso di vincoli

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Impossibile sanare un abuso se non ricorrono le condizioni previste dalla legge n. 326/2003, tra cui che si tratti di un’opera che non abbia comportato l’aumento di superfici o volumi
Si conferma ancora una volta l’impossibilità di sanare una nuova costruzione realizzata in area vincolata, come previsto dalla legge n. 326/2003, il c.d. “Terzo Condono Edilizio”. Una normativa che ha imposto dei paletti più serrati rispetto alle due leggi precedenti (legge n. 47/1985 e legge n. 729/1994), in riferimento a opere realizzate in zone sottoposte a vincolo.
Terzo condono edilizio: no alla sanatoria in area vincolata
Ne è prova la recentissima sentenza del Consiglio di Stato del 5 dicembre 2023, n. 10512, che ha confermato il rigetto di un’istanza di condono ai sensi della legge n. 326/2003 per un locale adibito ad autofficina e realizzato in totale assenza di titoli edilizi.
In particolare, l’amministrazione aveva respinto la domanda sulla scorta delle seguenti motivazioni:
“ai sensi della L. 326/03, art. 32, comma 26, lettera a, in combinato con il comma 27, lettera d) in quanto l’abuso risulta, realizzato su immobile soggetto a vincoli dalla L. 1497/39, oggi D.Lgs. 42/04, a tutela di interessi ambientali, istituiti prima della esecuzione di dette opere e non è conforme alle norme urbanistiche e alle prescrizioni del P.R.G.;
“ai sensi della L. 47/85, art. 33, comma 1, lettera a e della L. 326/03, art. 32, comma 26, lettera a, in combinato con comma 27, lettera d, in quanto le opere oggetto di condono sono state realizzate in zona sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta prima della realizzazione delle opere, entro la quale “è vietato qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti…”;
“ai sensi della L. 326/03, art 32, comma 26, lettera a, in combinato con comma 27, lettera d; In quanto le opere oggetto di condono non sono suscettibili di sanatoria quando sono in contrasto con i vincoli imposti dalla L.R. 07/02/1994 N. 8 a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere istituiti prima della esecuzione di dette opere e dalla L. 326/03 “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, … In assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”».
Terzo condono edilizio: quando è possibile la sanatoria?
Già in primo grado il TAR aveva respinto il ricorso ricordando che, nel caso del c.d. “terzo condono”, è noto che l’art. 32, commi 26 e 27, del D.L. n. 269/2003, convertito con la legge n. 326/2003, ha fissato limiti più stringenti, essendo necessario che si tratti di:
opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo;
conformi alle prescrizioni urbanistiche;
rientranti nelle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del decreto-legge n. 269 del 2003.
Le opere in questione erano invece state realizzate in zona sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta (l. 431/1985) prima della realizzazione delle opere, entro la quale “è vietato qualsiasi intervento che comporti un aumento dei volumi esistenti…”» e, per giurisprudenza costante, il vincolo in questione fissa una preclusione assoluta, per cui non necessita l’intervento dell’Autorità preposta alla relativa tutela, che alcuna valutazione potrebbe compiere.
La sentenza del Consiglio di Stato
Spiega Palazzo Spada che il giudice di prime cure ha correttamente rilevato che il cd. “terzo condono”, con l’art. 32 commi 26 e 27 della L. 326/03, ha fissato limiti più stringenti per la concessione della sanatoria. La giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nell’affermare che ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella l. 24 novembre 2003 n. 326, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni – e cioè che le opere siano realizzate prima dell’imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo – siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria).
Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato.
A prescindere dalla natura relativa o assoluta del vincolo paesaggistico insistente sull’area, nonché dal contrasto con gli strumenti urbanistici, l’opera non era quindi sanabile, non essendo riconducibile alle c.d. opere minori di cui ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al d.l. n. 269/2003 – conv. in l. n. 326/2003.
Abusi in zona vincolata: quando non è possibile ottenere il condono
Conclude quindi il Consiglio sottolineando la legittimità del provvedimento di diniego, in forza del combinato disposto dell’art. 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e dell’art. 32, comma 27, lettera d), del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per cui un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non possa essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente le seguenti condizioni:
l’imposizione del vincolo di inedificabilità avviene prima della esecuzione delle opere;
le opere sono realizzate in assenza o difformità dal titolo edilizio;
le opere non sono conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo, è consentita la sanatoria dei soli abusi formali).
Fonte: https://www.lavoripubblici.it/