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Si sblocca il grano ucraino?

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di redazione

Trattative in corso in Turchia tra Mosca e Kiev, con la mediazione di Ankara e dell’Onu, per sbloccare 22 tonnellate di grano. Si spera finalmente in un’intesa finale e definitiva.

Intanto, ben 16 navi mercantili dei paesi occidentali sono pronte per caricare il grano dai porti ucraini, alle 84 sono alla fronda.

La Russia si è detta disponibile a dare il suo lasciapassare purché possa ispezionare le navi per evitare il contrabbando di armi.

L’obiettivo di Kiev, in caso di riapertura di tutti i porti, liberando i silos, arrivare a un export di 21 milioni di tonnellate di grano. Una produzione, entro fine anno, inferiore alle 33 milioni di tonnellate vendute lo scorso anno, prima dello scoppio della guerra. Ma non c’è solo il grano: anche con uno sblocco dei porti Kiev esporterà 13,3 milioni di tonnellate in meno di mais, 8 di girasole, 1,3 di barbabietole e 800mila di soia.

Importante in tutto ciò il ruolo che sta svolgendo Erdogan, con la mediazione tra Putin e Zelensky, per trovare una soluzione politica allo sblocco delle esportazioni dai porti sul Mar Nero. Sono ore in cui la diplomazia tesse la sua tela. I telefoni sono bollenti. Vi è comunque una flebile speranza che l’accordo possa raggiungersi, in tempi ragionevolmente brevi.

Lo spettro della carestia globale fa paura e mette ansia, soprattutto in Africa, in cui la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. Ci sono nazioni come l’Uganda che registra un import del grano del 90%.

Anche l’Unione Europea spinge perché si possa trovare un accordo per sbloccare il porto di Odessa e gli altri porti ucraini per le esportazioni di cereali ucraini.

La vita oltre di decine di migliaia di persone dipende da questo accordo, quindi non è un gioco diplomatico”, come sostiene Josep Borrel, del Consiglio Affari esteri dell’UE, “è una questione di vita e di morte per molti esseri umani. La Russia deve togliere il blocco e consentire le esportazioni, altrimenti continueremo ad accusarli di usarle come un’arma”.

In Italia la crisi del grano, poi, ha effetti devastanti sul resto della filiera alimentare e finora ha contribuito a far decollare i prezzi di riso, grassi vegetali, cereali, latte, zucchero e carne.

Da noi viene prodotto sul territorio appena il 36% del grano tenero che le serve e il 53% del mais. Troppo poco per soddisfare la richiesta. Per questo negli ultimi mesi si stanno sperimentando nuovi progetti di agricoltura di precisione, con l’obiettivo di aumentare la produzione nazionale in modo sostenibile.

Il tema rimane comunque teso, perché trovare un accordo non è facile, mentre l’esercito russo continua a bombardare le città dell’Ucraina. Drammatico il bilancio delle vittime dell’attacco missilistico russo di sabato scorso ad un palazzo di Chasiv Yar, con quasi 50 morti, tra cui un bambino.

Come sostiene Antonio Guterres “questi accordi sul grano rappresentano un raggio di speranza in un mondo oscurato dalle crisi, Ucraina e Russia hanno dimostrato di saper parlare, ma per la pace abbiamo ancora molta strada da fare”.

Oggi le speranze per una soluzione della crisi del grano sono riposte nel dittatore di Ankara, Erdogan.