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Perché Forza Italia serve all’Europa libera e liberale

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FABRIZIO CICCHITTO* *Presidente di ReL Riformismo e Libertà

Caro direttore, alla fine di questa settimana il 23 e il 24 febbraio si svolgerà il primo congresso di Forza Italia dopo la morte di Silvio Berlusconi. Se si pensa a cosa è stata Forza Italia fondata da Berlusconi fra la fine del ’93 e l’inizio del ’94 non si può fare a meno di rilevare che l’impresa nella quale sono impegnati Antonio Tajani e il gruppo dirigente in parte già aggregato intorno a lui (dai capigruppo, ai parlamentari ai coordinatori regionali) è tale da far tremare le vene dei polsi.
A suo tempo nel fuoco di una situazione eversivo-rivoluzionaria nella quale sembrava inevitabile che il potere, tutto il potere, da quello politico a quello finanziario editoriale, sarebbe stato conquistato da una micidiale miscela composta dal pool di Milano, dal circo mediatico dei principali giornali, dal Pds guidato dai “ragazzi di Berlinguer” (Occhetto, D’Alema, Veltroni) ebbene Berlusconi decise di scendere in campo in alternativa a quella che sembrava una invincibile armata formando dal nulla un partito personale basato sul suo carisma e sostenuto dalle sue televisioni e dal suo giornale. Alcuni dei suoi amici e collaboratori più stretti (da Fedele Confalonieri a Gianni Letta) lo sconsigliarono vivamente dal buttarsi in quella follia (appunto la follia di Erasmo da Rotterdam) prevedendo che egli sarebbe stato massacrato dal nucleo della magistratura connesso al Pds. Così in parte avvenne. Ma Berlusconi malgrado tutto riuscì a resistere, pur commettendo a mio avviso dal 2011 in poi anche dei gravi errori politici che poi hanno in parte tarpato le ali di Forza Italia anche nel rapporto con gli altri partiti del centrodestra (la Lega è poi Fratelli d’Italia) che lo hanno sopravanzato in quell’area.
IL RETROTERRA E IL COMPITO
Tuttavia, al netto di tutto, Berlusconi ha un merito storico: quello di aver riaperto la dialettica democratica nel nostro Paese, addirittura dando vita ad una del tutto anomala democrazia della alternanza. Questo è il retroterra che sta alle spalle del quadro politico attuale, con Giorgia Meloni premier e con due partiti di destra molto forti. Ebbene, coloro che si riuniscono a Roma il 23 e 24 febbraio hanno un compito di straordinaria difficoltà: essi ereditano un partito personale, guidato da un leader carismatico e devono rifondarlo dando vita ad un partito “normale” non con il “Presidente” trainante dominante ma con un segretario che deve essere un primus inter pares alla direzione di un partito democratico animato da un permanente dibattito interno, un partito con una forte impostazione culturale di stampo liberale, moderata, garantista e riformista collocato nel Partito Popolare Europeo che è nettamente contrapposto alle derive di destra espresse dalla Afd, dalla Le Pen e da altre forze, un partito che non si può più affidare a Berlusconi per un consenso politico ed elettorale ma che deve costruirlo con la Forza delle sue proposte programmatiche e con un lavoro di radicamento sul territorio, cosa che è sempre mancata anche nella prima fase di Forza Italia.
IL RUOLO DEL CENTRO
Fino a qualche tempo fa questa impresa appariva quasi impossibile e Forza Italia condannata ad essere spartita fra i due partiti di destra cioè la Lega e Fratelli d’Italia. Oggi invece molti giudizi sono in parte cambiati per una serie di ragioni. In primo luogo perché in un Paese così complesso come l’Italia nel centrodestra deve esserci un forte partito di centro che rassicuri tutti i moderati per la sua essenza liberale, garantista, riformista, erede dell’antifascismo liberale, collegato in Europa con quel Ppe, quintessenza del mondo moderato e atlantico contrapposto alla Russia di Putin, un dittatore nazionalista con risvolti fascisti. Tutto ciò a maggior ragione adesso con due guerre provocate dalla Russia e dal fondamentalismo islamico con risvolti terroristici.
Paradossalmente la situazione internazionale e nazionale è tale che se Forza Italia non esistesse essa dovrebbe essere inventata. Non a caso la stessa Giorgia Meloni ha dovuto spostarsi verso il centro per governare, per contare in Europa, per svolgere un ruolo anche in Africa. Oggi il principale pericolo corso dall’Europa è quello che proviene dalla Russia di Putin che non ha più alcun rapporto con il Pcus del passato che allora giocava tutte le sue carte nel nostro continente sulla connessione con la sinistra, in primo luogo con i partiti comunisti come il Pci e il Pcf. Oggi le connessioni di Putin sono tutte a destra, da Orban a Erdogan alla Fdt alla Le Pen fino all’ inquietante Trump negli Stati Uniti. E qui in Italia la Lega formato Salvini.
In una situazione di questo tipo è decisivo un rilancio dell’Europa liberale che si doti di una politica estera e della difesa vitali per la sua tenuta e per il suo futuro. Ebbene su questo terreno il nucleo intorno al quale Forza Italia si sta aggregando ha le carte in regola a partire dal suo segretario Tajani che ha svolto larga parte della sua azione politica proprio in Europa.
DUE BATTAGLIE
Caro direttore, reputo che in una situazione internazionale così grave e così drammatica sono fondamentali due battaglie: quella per rendere liberale, garantista, europeista e atlantico il centrodestra e quello per rendere riformista socialdemocratica ed europeista la sinistra oggi invece dominata dal massimalismo demagogico della Schlein che non a caso sta inseguendo il M5S, pericolosamente filo putinista e giustizialista. Per questo è auspicabile che Forza Italia riesca nel suo tentativo di raccogliere l’eredità di Berlusconi nell’unico modo razionale e realistico oggi possibile, cioè quello di dar vita ad un serio e normale partito di centro, liberale garantista e riformista.

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