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5 agosto 1981. Ronald Reagan licenzia 11.359 controllori di volo in sciopero

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di Gianni De Iuliis

«Non c’è diritto di sciopero contro la sicurezza pubblica per nessuno, in nessun luogo, in nessun momento».

Queste furono le parole di Ronald Reagan il 3 agosto 1981, in risposta allo sciopero di massa di 13000 controllori di volo e membri della PATCO, sindacato ufficiale dei controllori di volo. Parole mutuate dal discorso di uno dei suoi modelli, il presidente Coolidge.

I controllori di volo erano dipendenti federali, pertanto lo stesso presidente americano si mobilitò per ordinare agli scioperanti di rientrare al lavoro entro 48 ore, altrimenti ne avrebbe disposto il licenziamento. Reagan riteneva di essere dalla parte della ragione appellandosi a due norme ben precise, che si riferivano non solo al fatto che occorressero almeno 60 giorni di preavviso, ma anche al fatto che lo sciopero era da vietare, qualora comportasse gravi rischi per la salute o la sicurezza dei passeggeri o dei cittadini.

L’ astensione comportò la cancellazione di circa 7 mila voli. Inoltre violava le leggi federali. Così il Presidente, in carica da soli sei mesi, lanciò un ultimatum. Poi licenziò tutti coloro che non lo ascoltarono.

Allo scadere dell’ultimatum Reagan mantenne la minaccia e licenziò 11359 controllori di volo.

L’amministrazione Reagan elaborò quindi un piano di emergenza che coinvolse 3 mila supervisori esterni al sindacato, i quali si unirono ai controllori che non avevano scioperato. 900 militari furono assegnati agli aeroporti civili. Nel mese successivo furono addirittura presentate 45 mila domande alla scuola per controllori di volo in Oklahoma.

In breve tempo il traffico aereo si normalizzò, e nel 1984 era già aumentato del 6%.

Inoltre, il Presidente mise al bando a vita gli scioperanti da qualunque altro incarico presso la Federal Aviation Administration, bando che rimase valido fino al 1993.