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Neonato lasciato dalla mamma nella “Culla per la vita” del Policlinico con una lettera

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Ciao mi chiamo Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile“. Usa queste dolci parole, a quanto si apprende, la lettera trovata accanto al bimbo lasciato nella Culla per la vita del Policlinico di Milano. L’allarme per il personale della neonatologia è scattato alle 11,40. I medici si sono trovati davanti un neonato di circa 2,6 kg di etnia caucasica, in buona salute. Accanto la lettera, che esordisce come se a parlare fosse il bebè, ma è firmata mamma.

Una mamma che usa parole di grande affetto, spiegano dall’ospedale. A quanto si apprende, parla di coccole, dice di volergli molto bene, ma di non potersi occupare di lui.

Se la mamma ci ripensasse siamo pronti ad aiutarla

Vivo come una sconfitta sociale non essere riusciti a intercettare una persona in difficoltà”. “Occasioni” come il ritrovamento del piccolo Enea sottolineano come il sistema che permette ai genitori che affrontano questa decisione di poter lasciare il proprio piccolo in un ambiente protetto “sia fondamentale, perché ci permette di accogliere il bimbo e di aiutare la mamma nella sua drammatica scelta, in tutta sicurezza. Vivo però questo evento anche come una sconfitta a livello sociale, perché in qualche modo non siamo stati in grado di intercettare una madre in grande difficoltà. Madre che, qualora ci ripensasse, siamo pronti ad accogliere e ad assistere“. Sono le parole usate da Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Milano, in una nota in cui l’ospedale annuncia il ritrovamento del piccolo.

È una cosa che pochi sanno – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano – ma in ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le Culle per la vita: la nostra si trova all’ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. È una decisione drammatica, ma la Culla consente di affidare il piccolo ad una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l’assoluto anonimato per i genitori“.

Enea, Mario, Giovanni, quei bimbi salvati dalla Culla per la Vita

Oggi è la terza volta in 16 anni che viene utilizzata quella della Mangiagalli di Milano. Si trova in un angolo discreto in un cono d’ombra al riparo dall’occhio indiscreto delle telecamere, superato un ingresso più appartato per raggiungere la clinica. È un ambiente protetto e riscaldato ed è strutturata in modo da avvisare immediatamente il personale sanitario: una volta che il bimbo viene accolto al suo interno, passati circa 40 secondi che danno al genitore il tempo di allontanarsi, un allarme discreto avvisa medici e infermieri della Neonatologia che possono prendersi cura del piccolo entro pochissimi minuti. È qui che negli anni sono stati lasciati MarioGiovanni, e ora Enea, a cui la mamma ha detto addio oggi nel giorno di Pasqua.

La culla per la vita del Policlinico di Milano viene inaugurata nel 2007. La luce illumina solo una piccola saracinesca, qui si trova questo sistema hi-tech che mette il bebè abbandonato subito al sicuro. I medici della maternità più frequentata della metropoli ci hanno sempre tenuto a precisarlo: “Non è una ‘ruota degli esposti’, è molto di più“. La mamma che sceglie di lasciare il suo bebè deve solo schiacciare un pulsante. La saracinesca si alza e c’è una moderna incubatrice dove riporre il neonato, al caldo. La temperatura è di 37 gradi.

Il primo bebè salvato con questo sistema è stato Mario. Era un giorno di inizio luglio 2012. Il piccolo era leggerissimo, nato prematuro (i medici stimavano alla 35esima settimana) pesava appena 1,7 chili e aveva un’età apparente di 6-7 giorni. Vicino al bebè era stato lasciato un biberon con del latte materno e un paio di tutinePiccoli segni di attenzione, presenti in ognuna di queste storie. Nel caso di Enea una lettera scritta in italiano, con parole che lasciano trasparire l’affetto e la difficoltà della mamma a separarsi da lui.

Giovanni aveva invece già due mesi quando è stato lasciato nella culla per la vita del Policlinico il primo febbraio 2016. La sua data di nascita (un giorno di novembre) era nota perché insieme al bambino c’era un cartellino che riportava questa informazione, e informazioni sui vaccini. Il piccolo era ben accudito, hanno raccontato i medici: era pulito e ben vestito, pesava 5,8 kg.

Rainews