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La tela di Erdogan in vista dell'incontro di Antalya sull'Ucraina

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AGI – Sale l’attesa per l’incontro tra i ministri degli Esteri di Russia e Ucraina organizzato dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ad Antalya, località costiera della Turchia il cui mare è da anni luogo di ritrovo di milioni di russi e ucraini. Un faccia a faccia, quello tra il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e il collega ucraino Dimitri Kuleba, che al momento segna il riavvicinamento più significativo tra le parti coinvolte nel conflitto, ma anche una vittoria, al momento piccola ma pur sempre tale, per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che negli ultimi due mesi non ha lesinato gli sforzi per mediare e far sedere allo stesso tavolo rappresentanti di Russia e Ucraina, “due Paesi cui la Turchia non ha nessuna intenzione di rinunciare”.

Erdogan, in virtù dei legami economici, strategici ed energetici imbastiti negli anni con il presidente russo Vladimir Putin è riuscito a porre in essere un’offensiva diplomatica autonoma da Nato ed Ue. La Turchia pur avendo condannato senza mezzi termini l’attacco russo all’Ucraina, definito ‘inaccettabile’, non ha chiuso lo spazio aereo e ha detto no alle sanzioni economiche nei confronti di Mosca.

Scelta pragmatica, considerando l’impatto del turismo, delle forniture energetiche e dell’import/export con la Russia sull’economia turca in difficolta’, ma che ha permesso a Erdogan di rimanere una delle poche voci che Putin si e’ mostrato disposto ad ascoltare.

Meno di 24 ore prima della conferma dell’incontro Lavrov-Kuleba, Erdogan, in una telefonata di un’ora ha detto a Putin che è “urgente e necessario compiere un passo verso la pace” e ribadito al presidente russo l’importanza di un negoziato. Putin ha risposto che la Russia non fermerà le ‘operazioni speciali’ fino a quando tutte le sue richieste non saranno soddisfatte, ma negli stessi minuti il Cremlino ribadiva la presenza di Lavrov ad Antalya, ancor prima della notizia della partecipazione di Kuleba.

Erdogan, che attende domani il presidente israeliano Naftali Bennet, a sua volta impegnato in un’offensiva diplomatica nei confronti di Putin, punta sul faccia a faccia di Antalya e crede che le basi di un accordo possano essere gettate nonostante le premesse tutt’altro che favorevoli.

La storia delle relazioni tra Erdogan e Putin è infatti fatta di intese trovate nonostante le posizioni di partenza fossero opposte. In Siria la Russia ha sostanzialmente mantenuto in vita e rimesso sul trono Bashar el Assad, che Erdogan accusa da anni di essere un ‘criminale spietato, assassino di civili’.

Nonostante questa premessa i due Paesi hanno dato vita ai colloqui di Astana con l’Iran e Mosca ha dato semaforo verde ad Ankara per un’operazione militare nel nord ovest della Siria, che ha permesso ai turchi di sottrarre Afrin ai curdi del Pyd-Ypg nel 2018. Un anno e mezzo dopo la storia si è ripetuta a est dell’Eufrate.

Ankara ha accusato gli Usa di non mantenere i patti e continuare ad aiutare Ypg, Putin si è inserito e in attimo ha siglato con Erdogan un accordo per l pattugliamento congiunto russo-turco lungo la safe zone che la Turchia ha istituito al proprio confine. Sempre in Siria Erdogan e Putin hanno raggiunto un’intesa sul controllo e la demilitarizzazione della turbolenta provincia di Idlib. Un’intesa che ha tremato 2 anni fa, quando 34 militari turchi sono morti dopo un bombardamento sferrato da piloti del regime di Damasco e russi.

Una tragedia su cui Erdogan ha evitato polemiche, ma di cui ha poi chiesto il conto, imponendo la presenza dei propri militari, costringendo Putin a rinunciare a un intervento militare che avrebbe causato un flusso di profughi verso la Turchia. Un copione simile si è ripetuto in Libia e nel Nagorno Karabakh Se per quanto riguarda la Libia Putin ha deciso di ritirare gradualmente il sostegno a Khalifa Haftar mentre i droni turchi determinavano la vittoria del rivale Fayez al Serraj, ben più complesso è stato quanto avvenuto nel decennale conflitto tra Armenia e Azerbaigian in Nagorno Karabakh.

L’Azerbaigian è un Paese satellite della Turchia, la Russia da sempre vicina all’Armenia, che per Mosca rimane importante per difendere i propri interessi e confini nel Caucaso meridionale. Nonostante le premesse non certo favorevoli Erdogan e Putin hanno sfruttato l’enorme influenza dei propri Paesi sulle parti del conflitto, imposto una tregua e spinto a una soluzione politica che ha permesso di fermare le ostilità.

Relazioni negl ultimi anni eccellenti, quelle tra Erdogan e Putin eppure basta fare un piccolo passo indietro, al 25 novembre 2015, per trovare la piu’ grossa crisi diplomatica nella storia delle relazioni Russia-Turchia, un pesantissimo scambio di accuse e minacce durato i mesi che seguirono l’abbattimento di un jet russo al confine siriano da parte dell’esercito di Ankara.

La ricomposizione, che pareva impossibile, avvenne perché Erdogan fu capace di mettere l’orgoglio (che di certo non gli fa difetto) da parte e chiedere scusa. Fu come ammettere che la Turchia non può fare a meno della Russia e a Putin bastò, i rapporti tra i due Paesi resistettero alla dura prova dell’omicidio dell’ambasciatore russo Andrej Karlov ad Ankara e gradualmente decollarono con i due governi che nel tempo hanno poi concluso accordi su tutto: difesa, energia, commercio e intese strategiche e militari.

Intese importanti, costruite nonostante premesse tutto meno che favorevoli; un passato recente che alimenta in Erdogan la speranza che l’incontro tra Lavrov e Kuleba possa avere un esito positivo, riporti la pace nell’area e limiti le ricadute economiche per la Turchia in crisi, stimate al momento intorno ai 50 miliardi di dollari.  

Source: agiestero


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