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Estate mitologica. SCILLA E CARIDDI di Gianni De Lullis

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Cariddi era una ninfa, figlia di Poseidone e di Gea.  Era tormentata da una grande voracità. Si narra che avrebbe rubato e divorato i buoi di Eracle e che Zeus, per punirla, l’avrebbe tramutata in un orribile mostro.

Alcuni autori narrano invece che la ninfa sarebbe stata uccisa da Eracle stesso, ma poi resuscitata da suo padre Forco. Omero fu il primo a parlarne dicendo che il mostro ingoiava tre volte al giorno un enorme quantità d’acqua per poi sputarla trattenendo, però, tutti gli esseri viventi che vi trovava.

Presso l’attuale città di Reggio Calabria un tempo viveva un’altra bellissima ninfa di nome Scilla, figlia di Tifone ed Echidina (o secondo altri di Forco e di Craetis).

Scilla era solita recarsi sugli scogli di Zancle per passeggiare sulla spiaggia e fare il bagno nelle acque limpide del mar Tirreno. Una sera in quei luoghi incontrò un dio marino che un tempo era stato un pescatore, di nome Glauco. Egli era stato trasformato in una divinità marina per aver mangiato l’erba che ridava vita ai suoi pesci ed era quindi diventato quindi un mostro, metà uomo e metà pesce.

La ninfa, terrorizzata, scappò via, nonostante i tentativi di Glauco di spiegarle la sua vicenda.

In preda alla disperazione Glauco si rivolse alla maga Circe, dea figlia di Elio e della ninfa Perseide, famosa per i suoi incantesimi in grado di cambiare le sembianze degli uomini. Egli desiderava un bell’aspetto per attrarre l’amata Scilla a sé. Ma l’unico risultato che Glauco ottenne fu quello di scatenare la gelosia della maga che tentò di sedurre l’uomo-pesce. Rifiutata da Glauco, Circe scatenò la sua furia su Scilla trasformandola in un feroce mostro munito di sei teste di cane latranti.

Secondo la leggenda, in preda alla disperazione Scilla si rifugiò in una grotta sotto la Rocca dove sorge il Castello e che esiste ancora oggi. In prossimità di alcuni scogli, a pochi chilometri da Cariddi che abita la sponda Sicula.

Sin dai tempi più remoti lo stretto di Messina è  sempre stato un luogo ricco di suggestione e di fascino che ha contribuito significativamente a creare i tanti miti ad esso connesso.

La navigazione dello Stretto, infatti, ebbe nell’antichità una bruttissima fama e ancor oggi presenta notevoli difficoltà, specialmente per le correnti rapide ed irregolari. Anche i venti vi spirano violenti e talora in conflitto tra loro.

A volte, le correnti raggiungono una velocità di 90 Km all’ora e scontrandosi danno luogo a enormi vortici  che sicuramente  terrorizzavano i naviganti. I più noti sono quello che gli antichi chiamarono Cariddi (colei che risucchia), che si forma davanti alla spiaggia del Faro e l’altro Scilla (colei che dilania), che si forma sulla costa calabrese da Alta Fiumara a Punto Pezzo. Questi due vortici famosi derivano dall’urto delle acque contro Punta Torre Cavallo e Cannitello.