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Erik Weihenmayer, il ragazzo che sfidò l’Everest senza vederlo

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Il 25 maggio del 2001 l’alpinista non vedente ha scalato l’Everest

Sulla cima del monte Everest con un record: essere il primo non vedente ad averlo scalato. Senza guardare il panorama, senza avere idea di dove poggiare i piedi o mettere le mani. Senza sapere a cosa aggrapparsi, ma toccando centimetro dopo centimetro ogni angolo di roccia possibile. Sfidando la montagna ma soprattutto se stesso e i propri limiti. E’ la storia eccezionale di Erik Weihenmayer, che diciassette anni fa, il 25 maggio del 2001, compiva un’impresa storica. Aveva 32 anni allora l’alpinista del Colorado che ha fatto della sua sfida una missione per chiunque al mondo soffra di disabilità. Erik Weihenmayer, alias l’Uomo ragno, è infatti tra i fondatori di ‘No Barriers’, l’organizzazione senza scopo di lucro dal nome inequivocabile.

Dal 2005  ‘No Barriers’ racconta al mondo una sfida vincente che parte dalle diversità. Quella di non avere barriere, limiti o confini se si vuole raggiungere una meta. Nello sport come nella vita. Lo slogan: ‘Ciò che è dentro di te è più forte di quello che hai sulla tua strada’. Ed era il pensiero che deve aver frullato nella testa di Erik quel 25 maggio in cui passo dopo passo, ha scalato gli 8.848 metri della vetta più alta del mondo. Alla storia dell’allora ragazzo del Colorado che ha sfidato l’Everest è stato dedicato il film prodotto nel 2008,  ‘In cima al mondo’ di Peter Winther. Da allora e fino a oggi (l’Uomo ragno compie 50 anni a settembre prossimo), scalata dopo scalata, continua ad appassionare la sfida dell’alpinista che è arrivato sulle vette come l’Aconcagua, il Kilimangiaro e la Marmolada.

Le imprese di Erik Weihenmayer e la sida delle Seven Summits

Erik aveva tre anni quando gli venne diagnosticata la retinoschisi, che da lì a poco lo avrebbe reso completamente cieco. Ma questo non gli ha impedito di sentire, a contatto con la sua pelle, le montagne che ha scalato. La cecità non gli ha impedito di essere uno dei coach motivazionali più convincenti del nostro tempo. Sul suo sito ufficiale, dove la prima frase che svela chi è Erik Weihenmayer è ‘Superare la paura’, ci sono le immagini delle sue imprese, quelle dove sfidare se stessi è un mantra. Come quando nel 2002 è riuscito a completare la Seven Summits, ossia le sette sommità più alte per ciascuno dei continenti della Terra. Erik ha stabilito anche qui un record: è stato il primo alpinista non vedente a compiere questo incredibile traguardo.

Anche la ‘Regina delle Dolomiti’ è stata tra le scalate più appassionanti dell’Uomo Ragno. Tre anni fa, il 22 agosto del 2015 Erik si è arrampicato tra le rocce della Marmolada, arrivando in vetta. Accompagnato dall’amico Timmy O’Neill, scalatore professionista, e seguito da Manrico Dell’Agnola, che ha fotografato l’ascesa, Erik ha portato a termine l’impresa grazie alle indicazioni di Timmy e ai suoi sensi, prendendo le misure con un battito di mani o con il rimbombo della sua voce sulla parete. ‘Piede qui’, ‘mano lì’, e poche altre istruzioni per dare come sempre la precedenza a un eccezionale istinto. ‘La parete era umida, la roccia scivolosa come fosse insaponata, in altri punti il calcare era friabile. Scalavamo da ore al freddo, senza sole. Sì, quella è stata la parte più dura’, così Erik ha raccontato la sua esperienza a contatto con la nostra ‘leggendaria montagna’.

Gli alpinisti record di allora: il non vedente, il più giovane e il più anziano

Il giorno che Weihenmayer sfidò l’Everest, faceva parte della spedizione organizzata dalla Federazione Nazionale dei Ciechi Everest, composta da dieci scalatori ed otto guide Sherpa. Alle dieci del mattino, ora locale, era in cima alla vetta. Quello stesso giorno, insieme a lui c’era stato un altro recordman: a conquistare la cima anche Sherman Bull, un medico, che con i suoi 64 anni era allora il più anziano ad avere scalato la montagna più alta del mondo. Bull faceva parte della spedizione ‘Step Stone Everest’, guidata dall’istruttore canadese Ben Webster. Qualche giorno prima, un altro primato dell’alpinismo era stato quello del più giovane scalatore dell’Everest, il 15enne Temba Chhiri Sherpa, che aveva raggiunto la vetta dalla parte tibetana, mente tutti gli altri avevano scalato il versante nepalese.

‘No Barriers’ è diventato anche un libro, in cui Erik racconta quella straordinaria esperienza e come in una mappa ideale insegna a navigare attraverso le tante sfide della vita. L’alpinista non vedente tra le righe di quel libro ci lascia in eredità la forza e la determinazione di un vero guerriero. Nel 2001, mentre scendeva dalla cima del monte più alto, il suo capo squadra gli disse, con sua grande sorpresa, di non guardare all’Everest come ‘la cosa più grande che avesse mai fatto’. ‘No Barriers’ è stata la risposta a questa sfida. ‘È la storia delle mie lotte personali e professionali – dice Erik –  è la storia delle tante persone che ho incontrato lungo la strada. Persone che hanno rischiato il fallimento, hanno superato le barriere personali e mostrato agli altri la via da seguire. La vita è dura e spesso ci stanca. Tuttavia, in noi non esiste nessuna barriera’.

Fonte: #socialmediaitaly