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E ora la Bielorussia vuole liberarsi dall'abbraccio di Mosca

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È uno dei Paesi dell’ex Urss dove l’eredità del totalitarismo sovietico è più radicata, ma dietro questa facciata la Bielorussia sta lottando per riformare la sua economia e portare maggior benessere ai suoi 10 milioni di abitanti. La sfida è resa ardua dalle mire di Mosca, l’ex alleato di ferro che ora Minsk vede sempre di più come una minaccia alla sua indipendenza. “Non è facile trovare la quadra”, ha scritto di recente l’Economist, “ma il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko non è un politico ordinario”.

Il prezzo della fedeltà

Ex direttore di una fattoria collettiva socialista ai tempi dell’Urss, salito al potere nel 1994 Lukashenko non lo ha mai lasciato, guadagnandosi il primato di presidente più longevo d’Europa. A differenza dei ‘colleghi’ in altre ex repubbliche sovietiche, che hanno respinto il vecchio sistema una volta dichiarata l’indipendenza da Mosca, la sua adesione al socialismo va oltre la simbologia: non ha mai abbracciato il libero mercato e la democrazia, né ha mai privatizzato le società di Stato; anzi, garantisce pieno impiego al costo di reprimere la produttività.

Sempre dal regime sovietico, Lukashenko ha copiato anche gli arresti e le incarcerazioni di oppositori, come pure la repressione delle proteste. Il suo modello autoritario, però, si basa sui sussidi russi, in un equilibrio sempre precario. Interessata ad avere un alleato sul “fronte occidentale”, Mosca ha mantenuto bassi i prezzi del gas e ha fornito a costi ridotti il petrolio, che la Bielorussia raffina e vende poi a prezzo di mercato. In cambio, Minsk le ha giurato fedeltà ed è entrata con lei in un’alleanza economica e militare. La cosiddetta ‘Unione statale di Russia e Bielorussia’, formalmente nata nel 1999, esiste però solo sulla carta. In realtà, Lukashenko ha giocato su due piani: la sua alleanza russa e la sua vicinanza all’Europa, sfruttando anche la strategica posizione geopolitica del suo Paese.

Un cambiamento lento ma costante

Questa ambivalenza ha spesso irritato il Cremlino, ma ha permesso alla Bielorussia di guadagnare tempo e far emergere una classe media e un vero settore privato, che ora copre metà dei posti lavoro. Lukashenko ha provato ad andare incontro alle esigenze dei suoi connazionali, che chiedono di creare le condizioni per guadagnare di più: ha nominato un ex banchiere, Serghei Rumas, a capo del governo e si è impegnato a promuovere l’economia digitale.

Il presidente ha, inoltre, assunto un atteggiamento più tollerante, permettendo una certa misura di critica e dibattito. Secondo gli analisti, a muoverlo è la sua paura di Mosca. Dopo l’annessione della Crimea e la guerra in Ucraina, Minsk si sente più vulnerabile. Il leader bielorusso è impegnato ad arginare la propaganda russa e a ricucire i rapporti con gli Usa, che avevano richiamato il proprio ambasciatore a Minsk nel 2008, in protesta contro la repressione politica.

Lukashenko al contrattacco

Avendo perso l’Ucraina, Mosca ha interesse a integrare la Bielorussia in modo più profondo, proprio facendo appello ai dormienti accordi degli Anni ’90. C’è anche la teoria per cui, la Bielorussia, possa garantire a Vladimir Putin di continuare a essere presidente oltre il suo attuale e ultimo mandato, che scade nel 2024, diventando il capo di una nuova entità statale, che incorpori i due Paesi. Putin ha le sue carte da giocare per convincere il vicino, prima di tutto quella energetica, con la riduzione dei sussidi al petrolio, che rappresentano circa il 4% del Pil della Bielorussia. La Russia è anche il mercato singolo più grande per la Bielorussia e potrebbe decidere, come ha già fatto in passato, di bloccare le importazioni, creando malcontento alla vigilia delle presidenziali del 2020.

Lukashenko, da parte sua, “è passato al contrattacco”, ha fatto notare l’editorialista politico di Kommersant, Dmitry Drize: ha escluso l’idea di una base militare russa in Bielorussia e ha ospitato generali e diplomatici americani. “La Russia rischia di perdere il suo unico alleato sul fronte occidentale”, ha avvertito il leader di Minsk, lamentandosi delle ripercussioni sul suo Paese dei tagli contenuti nella manovra fiscale russa. Ha poi rincarato la dose: “Se qualcuno vuole dividere la Bielorussia in regioni e forzarci a diventare un soggetto della Russia, questo non succederà mai”. Intanto, ha dato mandato ai suoi di negoziare con la Lituania l’acquisto di petrolio dai suoi terminali.

Vedi: E ora la Bielorussia vuole liberarsi dall'abbraccio di Mosca
Fonte: estero agi


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