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Dalla neutralità della Svizzera al telefono rosso, la storia dentro la guerra in Ucraina

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DI CHIARA PIZZIMENTI

«L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea». Il discorso del presidente del Consiglio Mario Draghi in Senato è cominciato così ed è andato avanti con altri riferimenti alla storia. «Negli ultimi decenni, molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa. Che gli orrori che avevano caratterizzato il Novecento fossero mostruosità irripetibili…Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Mariupol e dalle altre città dell’Ucraina in lotta per la libertà dell’Europa segnano la fine di queste illusioni. L’eroica resistenza del popolo ucraino, del suo presidente Zelensky, ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili».

Oltre all’Unione Europea che ha per la prima volta deciso di inviare armi a un paese esterno, c’è la scelta storica della Svizzera, che ha aderito alle sanzioni lasciando la sua neutralità. Da quanto durava? Da più di 200 anni, dai tempi del Congresso di Vienna. Quando le grandi potenze si riunirono dopo la sconfitta di Napoleone, nel 1815, la Svizzera divenne neutrale: allora era una neutralità imposta che è diventata una scelta nei secoli successivi.

La Confederazione elvetica era stata invasa dalla Francia nel 1798 e quindi divisa in 19 cantoni autonomi e uguali, non più i 13 precedenti. Questi ultimi volevano tornare alla situazione prenapoleonica, gli altri volevano continuare a esistere. Si arrivò alla divisione in 22 cantoni per portare un equilibrio, necessario in un paese in messo a due potenze come Francia e Austria. La neutralità è conseguenza della posizione cuscinetto. Non si otteneva in alcun modo la stabilità ed è stata imposta la neutralità. Lo zar Alessandro I decretò il mantenimento dei cantoni e la neutralità, nonostante il cancelliere austriaco Metternich puntasse al vecchio sistema.

La Svizzera proprio per la sua posizione aveva propugnato spesso la neutralità anche prima del 1798. La prima dichiarazione di neutralità è di più di un secolo precedente, 1674, ma non nei termini attuali e con la possibilità di invio di truppe come ricorda il Dizionario Storico della Svizzera.

La storia del telefono rosso è invece molto più vicina. Risale al 1963, dopo la crisi dei missili a Cuba. Fra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica venne installata una linea di comunicazione speciale per il dialogo fra le due superpotenze nei momenti di rischio alto di conflitto: era il telefono rosso o la linea rossa o la Moscow-Washington hotline, anche se erano telescriventi, più di una per evitare un blocco. Divennero fax nel 1988, poi un sistema informatico criptato. Dagli Usa è arrivata la proposta di crearla di nuovo. Da Mosca nessuna risposta.

Un modello di comunicazione più recente può essere quello della linea stabilita nel 2015 per le operazioni in Siria. Quello storico andava dal Cremlino al Pentagono, non alla Casa Bianca. Il 20 giugno del 1963, a Ginevra, in Svizzera, Usa e Urss firmarono il Memorandum d’intesa per la linea dopo che nel 1962 si era sfiorata la Terza Guerra Mondiale con i missili nucleari sovietici installati a Cuba. Il primo messaggio il 30 agosto 1963: «La veloce volpe marrone saltò sopra la schiena del cane pigro 1234567890». Inglese aveva tutti i numeri e le lettere dell’alfabeto. La risposta russa parlava del sorgere del sole a Mosca. Erano comunicazione scritte e ognuno traduceva quello che riceveva.

Nel 1983 ci fu un fraintendimento rischioso da parte sovietica: un malfunzionamento dei sistemi di avvistamento satellitari fece pensare a un attacco nucleare. Il tenente colonnello, Stanislav Petrov, capì l’errore. A lui è dedicata dal 2013 la Giornata Internazionale per l’eliminazione totale di tutte le armi nucleari, il 26 settembre, quando fece la cosa giusta.

 

Fonte: vanityfair.it/