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Ciampa? Un mafioso. E “La Lupa”? Un delitto di genere!

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Dal 1 al 9 marzo al Teatro Massimo Bellini di Catania la prima mondiale dell’opera “Il berretto a sonagli”, liberamente ispirata alla commedia di Luigi Pirandello e commissionata dall’ente lirico al compositore Marco Tutino su libretto di Fabio Ceresa. In scena anche “La lupa”, tratto da Verga, altro titolo operistico composto dallo stesso Tutino, su versi di Giuseppe Di Leva. Regie di Davide Livermore.

Fonte: Ufficio Comunicazione Teatro Massimo Bellini di Catania

Il rifiuto dell’omertà mafiosa, il coraggio della denuncia, la lotta contro gli abusi e la disparità di genere: questo il messaggio che innerva la nuova creazione, presentata stamattina in conferenza stampa. L’opera sarà in scena in dittico con “La Lupa”, dalla novella di Verga, altro titolo operistico del catalogo di Tutino, su versi di Giuseppe Di Leva, ancora incentrato su un delitto di genere. Cast di eccellenza con Fabrizio Maria Carminati sul podio, regia di Davide Livermore che firma anche le scene insieme a Eleonora Peronetti, proiezioni D-Wok, costumi di Mariana Fracasso. Nei ruoli principali il soprano Irina Lungu, il mezzosoprano Nino Surguladze, il tenore Sergio Escobar, il baritono Alberto Gazale. “Solo una pazza direbbe al mondo ciò che sto per dire: che Ciampa è il capo di questa ‘cosa vostra’ … Tranquillo, non vi preoccupate, la verità dei pazzi è inascoltata”. Così canta Beatrice Fiorica in uno dei momenti chiave che scandiscono la novità assoluta “Il berretto a sonagli”, versione operistica liberamente tratta dal capolavoro di Luigi Pirandello e attraversata da una fiera denuncia civile contro il fenomeno mafioso e la disparità di genere. L’opera è stata commissionata dal Teatro Massimo Bellini di Catania a Marco Tutino, compositore tra i più prestigiosi a livello mondiale, che si è avvalso del libretto di Fabio Ceresa, rinomato scrittore e regista. La partitura inedita sarà abbinata ad un altro titolo operistico di Tutino, “La Lupa”, tratta dalla novella di Giovanni Verga; un atto in due quadri, pure incentrato su un delitto di genere, su versi di Giuseppe Di Leva, rappresentato per la prima volta nel 1990 a Livorno per il centenario di “Cavalleria rusticana”. Il dittico sarà in calendario dal 1 al 9 marzo per un totale di sette rappresentazioni, animate da un cast di eccellenza.
Una progettualità, quella delle nuove commissioni, che rientra tra le linee direttrici attuate dal Consiglio d’amministrazione presieduto dal sindaco Enrico Trantino e dalla governance guidata dal sovrintendente Giovanni Cultrera di Montesano, con la direzione artistica di Fabrizio Maria Carminati. In questa visione s’inquadra la produzione realizzata dal Massimo catanese, che mette in campo le sue forze migliori. Sul podio dell’Orchestra del Bellini salirà lo stesso Carminati; la regia è di Davide Livermore, che firma anche le scene insieme a Eleonora Peronetti; proiezioni digitali di D-Wok (direttore creativo Paolo Gep Cucco), costumi di Mariana Fracasso, luci di Gaetano La Mela. Interpreti principali il soprano russo Irina Lungu (Beatrice Fiorica / Mara), il mezzosoprano georgiano Nino Surguladze (la Lupa / Assunta La Bella), il tenore spagnolo Sergio Escobar (Nanni Lasca / Fifì La Bella), il baritono Alberto Gazale (Ciampa), che si avvicenderanno con altri cantanti di chiara fama nei vari turni della programmazione.
Un autentico evento nell’ambito del teatro musicale, illustrato stamattina in conferenza stampa nel foyer, alla presenza di una folta rappresentanza della stampa e degli appassionati. Al tavolo dei relatori il sindaco e presidente del Teatro Enrico Trantino, il sovrintendente Giovanni Cultrera di Montesano, il direttore artistico Fabrizio Maria Carminati, il compositore Marco Tutino, il regista Davide Livermore, il direttore amministrativo Salvatore Vicari, che hanno dato vita ad interessanti interventi, coordinati dalla giornalista Caterina Rita Andò, responsabile della comunicazione del Bellini. Era inoltre presente la qualificata compagnia internazionale.“Ogni linguaggio – ha sottolineato tra l’altro il sindaco Enrico Trantino – può servire per opporsi alla mafia e alla disparità di genere. In questo caso, la trasposizione operistica di un caposaldo del teatro di prosa, ‘Il berretto a sonagli’, ci invita a riflettere attraverso i suoi personaggi che la realtà è ancora vittima di meccanismi dove la verità viene strumentalizzata contro il giusto e la menzogna accampa diritto di verità. Compito dell’arte è anche quello, oltre a costituire uno svago per i cittadini, di porre domande e sollecitare riflessioni sul nostro presente”.
Si delinea dunque un doppio omaggio in musica a due illustri figli della Sicilia, entrambi giganti della letteratura, per quella patente che riconosce in Verga il massimo esponente del Verismo e in Pirandello il riformatore della drammaturgia che apre il Secolo Breve. Da diverse stagioni uno dei principali obiettivi dell’ente lirico etneo è puntare sul linguaggio universale della musica per esaltare e veicolare le proprie radici. Lo conferma il sovrintendente Giovanni Cultrera di Montesano: “Se ‘Il berretto a sonagli’ è un tassello che si aggiunge al grande mosaico della Storia della musica, ne andiamo particolarmente fieri per la valenza artistica ed altrettanto per il portato di valori sociali che propugna, in particolare la lotta alla mafia come alla discriminazione e alla violenza di genere. In entrambe le opere a subire abusi fisici e psicologici saranno infatti soprattutto le due straordinarie figure femminili a confronto. Quella negativa, ma bisogna vedere fino a che punto, incarnata dalla Lupa, libera e altera, discriminata e al tempo stesso desiderata per la sua carica seducente e seduttiva. Nel ‘Berretto’, Beatrice Fiorica appare altrettanto risoluta a far valere le proprie ragioni ma per fortuna sul contraltare positivo, per citare Pirandello, del piacere dell’onesta. La moglie tradita sceglie non la vendetta ma la ribellione a chi vorrebbe imporle il silenzio. E non solo per ragioni legate alla maschera del perbenismo. Beatrice oppone qui il rifiuto dell’omertà. E ma vincere è il coraggio della denuncia, quel coraggio che incarna la Sicilia sana”.
E sulla genesi del progetto si sofferma il direttore artistico Fabrizio Maria Carminati: “Due amici a cui sono legato da lunga data e di grande talento, Marco Tutino e Davide Livermore, hanno lavorato con la squadra del Teatro, consentendo la realizzazione di una produzione di cui siamo orgogliosi. Quello programmato dal Teatro Massimo Bellini di Catania per il 2024 è un cartellone di opere e balletti che si colloca autorevolmente nell’agone musicale internazionale per l’ampio respiro, che trascorre dai grandi classici a rare esecuzioni, con una particolare attenzione alla valorizzazione del patrimonio identitario, a partire dal genius loci Vincenzo Bellini fino alla commissione di partiture ad hoc”.
E veniamo ai dettagli della distribuzione. Nel ruolo eponimo della “Lupa” si alterneranno i mezzosoprani Nino Surguladze e Laura Verrecchia; in quello della figlia Mara i soprani Irina Lungu e Valentina Bilancione; in quello del tormentato Nanni Lasca i tenori Sergio Escobar e Rosario La Spina. Nel personaggio di Gloria figura il soprano Giuliana Distefano, in quello di Lia il mezzosoprano Mariam Baratashvili, il Maresciallo di P.S. è affidato a Vittorio Vitelli, Pino sarà il tenore Pietro Picone, Nicola il baritono Marco Puggioni, Salvatore il baritono Enrico Marrucci.Nel “Berretto a sonagli”, Ciampa sarà il baritono Alberto Gazale. Nelle vesti di Beatrice Fiorica torneranno a darsi il cambio i soprani Irina Lungu e Valentina Bilancione; in quelle di Assunta La Bella i mezzosoprani Nino Surguladze e Laura Verrecchia; in quelle di Fifì La Bella i tenori Sergio Escobar e Rosario La Spina. Nella parte di Fana il soprano Anna Pennisi, in quella di Spanò il baritono Rocco Cavalluzzi.
Nell’approdo dalla prosa al teatro musicale, entrambe le fonti letterarie sono state oggetto di un libero adattamento. Per il regista è scenografo Davide Livermore: “Ciampa mafioso è una grandissima occasione per parlare dell’oggi, e soprattutto per far parlare Beatrice. È questo il grande gesto teatrale di cui il regista è costretto a tener conto a seguito di questo spostamento. Chi può cambiare l’atteggiamento mafioso nel mondo? Non sono certo gli uomini, sono le donne. Quanto alla Lupa è una donna traumatizzata. Mi rifiuto categoricamente di pensare – e farò di tutto perché neanche uno spettatore esca dal teatro pensando: be’, se l’è cercata. Perché è quello che abbiamo sentito anche dopo i fatti allucinanti a cui abbiamo assistito l’estate scorsa. Bisogna dirlo con forza, che se una ragazza è ubriaca la rispetto e la porto a casa. Anche la Lupa rivive un trauma da abuso e abbandono, che ha subito violenza sessuale. In questi casi – e non lo sostengo io, ma la psicologia – si reagisce in molti modi, uno di questi è appropriarsi dell’atto sessuale per esorcizzare la violenza subita e ribaltare questo tipo di vissuto. Quando una donna mette in difficoltà un uomo siamo così sicuri che la responsabilità sia di lei? Se un uomo violenta una donna o addirittura la uccide, lo vogliamo dire una volta per tutte che il problema è suo – e solo suo?”
Nella versione operistica, il possente ritratto femminile di ascendenza verghiana ripropone la parabola negativa di una donna che sfida le convenzioni, perciò reietta e al tempo stesso oscuro oggetto del desiderio. Una ‘Lupa’ sensuale e irresistibile, accecata dalla passione per un uomo più giovane, al punto di legarlo fatalmente alla propria sorte dandogli in moglie la figlia. Rispetto al racconto pubblicato nel 1880 nella raccolta “Vita dei campi” e al successivo dramma del 1896, l’azione trasmigra nello spazio e nel tempo, lasciando l’originario paesaggio rurale ai piedi dell’Etna per approdare in una metropoli del Nord Italia agli inizi degli anni Sessanta, mantenendo il suo forte assunto negli interni asfittici e suburbani di un garage (primo quadro) e della trattoria in cui si consuma la tragedia (secondo quadro) di quello che è comunque un delitto di genere.
Altrettanto rielaborata si annuncia la novità mutuata da un testo fondante della drammaturgia qual è “Il berretto a sonagli”, laddove la riconfigurazione del plot si traduce in una forte denuncia civile, rivolta contro il fenomeno mafioso e – ancora – la disparità di genere. L’ambientazione in una cittadina siciliana viene rispettata e la datazione slitta appena dagli Anni Dieci agli Anni Venti, giusto all’epoca del doppio debutto della commedia, andata in scena per la prima volta nel 1917 in lingua siciliana, scritta per il grande attore Angelo Musco, e nel 1923 in italiano. Piuttosto, Tutino e Ceresa portano alle estreme conseguenze il teorema pirandelliano di una società borghese ingabbiata nelle regole dell’ipocrisia, che in questa rivisitazione risultano aggravate dall’omertà imposta dalla mafia. Ciampa, lo scrivano, è egli stesso un boss, posizione che lo rende temuto dai più, mettendo in secondo piano l’evidenza che la consorte lo tradisca con il libertino cavalier Fiorica. La moglie di quest’ultimo, Beatrice, pur ferita nei sentimenti a causa dell’adulterio, sposterà allora il proprio sdegno sulla collusione con il malaffare, che ormai condiziona anche la sua famiglia. Alla fine la donna sceglierà di ‘gridare’ tale e ben più grave verità, facendo ancora una volta deflagrare il contrasto tra ‘corda pazza’, ‘corda civile’ e ‘corda seria’, su cui il drammaturgo agrigentino ha costruito la sofisticata speculazione che attraversa “Il berretto a sonagli”.
Come sottolinea Marco Tutino: “Anche la musica seguirà fedelmente quella che è l’idea centrale dell’opera, e cioè il percorso di crescita morale di una giovane donna. Se all’inizio il tono di commedia è quello preponderante, mano a mano che la drammaturgia si sviluppa la temperatura musicale salirà, e la musica adotterà un linguaggio sempre più scuro e violento”.Nell’opera di Tutino/Ceresa rivive così il pensiero geniale del Girgentano, qui magistralmente virato a cogliere i segni inquietanti della nascente ‘piovra’, che avrebbe condizionato non soltanto l’Isola ma l’intero Paese, con un tragico portato di vittime ed eroi, lungo un percorso tuttora in atto per combattere misfatti inauditi e ripristinare la vittoria della legalità. Di rilievo il vivo compiacimento espresso in una nota dall’assessore regionale al Turismo Sport e Spettacolo Elvira Amata: “Desidero ancora una volta formulare il mio apprezzamento per le scelte artistiche del Teatro, oggi riferite in particolare alla prima mondiale dell’opera lirica ‘Il berretto a sonagli’ commissionata al compositore Marco Tutino.
Piace cogliere il messaggio etico e civile che emerge dall’opera, quello di denunciare: parola d’ordine contro ogni sopruso e illegalità. E piace ancora rilevare la forte valenza identitaria del progetto ove l’assunto pirandelliano si traduce infatti in una denuncia del fenomeno mafioso. Ed è ulteriore motivo di plauso che, in occasione della prima mondiale, la governance guidata dal sovrintendente Giovanni Cultrera, con la direzione artistica di Fabrizio Maria Carminati, abbia prodotto un nuovo allestimento che porta la firma del regista Davide Livermore e animato da un cast di prim’ordine. Il felice abbinamento del ‘Berretto’ con ‘La Lupa’, altra opera del maestro Tutino, si traduce in un tributo a due geni della letteratura, Pirandello e Verga appunto, alfieri del retaggio intellettuale dell’Isola e della sua identità antropologica, culturale, artistica. La trasposizione operistica, attraverso il linguaggio universale della musica, amplifica la diffusione di tale patrimonio presso la vastissima platea degli appassionati del melodramma, che da tutto il mondo e in tutto mondo alimentano il segmento del turismo culturale. Non ultimo, entrambi i titoli sottolineano una consapevole descrizione di quella che è tuttora la disagevole condizione femminile. Da un lato spicca la travolgente personalità sofferta e fatale della Lupa, consumata in un contesto sociale ostico alla donna, che per rivendicare la propria autonomia si ritrova esposta a discriminazione e violenza. Di contro la protagonista del Berretto a sonagli trova in sé il coraggio di abbattere il muro dell’omertà mafiosa, indicando a tutti e a tutte che uscire dal tunnel è possibile. E lo fa anteponendo al dolore di moglie tradita la coscienza della denuncia. Un impegno civile da veicolare anche attraverso l’arte, imperativo che rende fiera la Regione della scelta operata da un’istituzione prestigiosa come il Teatro Massimo Bellini”.