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Carceri: Antigone “rischio emergenza in pochi mesi, intervenire”

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“Il sistema penitenziario italiano si avvicina a passi da gigante a livelli di sovraffollamento che configurerebbero un trattamento inumano e degradante generalizzato delle persone detenute. Bisogna prendere provvedimenti e prenderli ora perché, con gli attuali ritmi di crescita, a fine 2024 saremo in una condizione drammatica. I 15 suicidi di questo primo mese e mezzo dell’anno siano un campanello d’allarme che risuona. Ci appelliamo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché richiami il Parlamento a discutere del tema carcere e a farlo basandosi su scelte pragmatiche e non su approcci ideologici”. A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
L’associazione ricorda che al 31 gennaio erano 60.637 le persone presenti, a fronte di 51.347 posti ufficiali (anche se sono circa 3.000 quelli che, tra questi, non sono disponibili). 2.615 erano le donne detenute, il 4,3% dei presenti, e 18.985 le persone straniere detenute, il 31,3% dei presenti. “Già nel corso del 2021, dopo il calo delle presenze dovuto alla pandemia, le presenze nelle nostre carceri sono tornate a crescere. Dalla fine del 2020 ad oggi la crescita è stata di oltre 7.000 unità, una crescita media dello 0,4% al mese. Ma se si guarda alla crescita degli ultimi 12 mesi questa è in media del 0,7% al mese. E se si guarda solo agli ultimi sei mesi la crescita media mensile è stata dello 0,8%”, osserva Antigone, sottolineando che il tasso di affollamento medio (calcolato sui posti ufficiali e non su quelli realmente disponibili) è del 118,1% ma come sempre negli ultimi tempi le regioni più in difficoltà sono la Puglia (143,1%) e la Lombardia (147,3%). Gli istituti più affollati sono Brescia ‘Canton Monbello’ (218,1%), Grosseto (200%), Lodi (200%), Foggia (189%), Taranto (182,2%) e Brindisi (181,51%).
“L’edilizia penitenziaria di cui la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia Nordio continuano a parlare dal giorno del loro insediamento, un anno e mezzo di tempo perso, non può essere la soluzione per diverse ragioni, tra tutti i costi e i tempi”, osserva Gonnella, rilevando che “per costruire un carcere di 250 posti servono circa 25 milioni di euro. Oggi, per i numeri che abbiamo, di nuove carceri ne servirebbero 52, per una spesa che si aggira sul miliardo e 300 milioni di euro. Ma le carceri vanno riempite anche di personale (agenti, educatori, psicologi, direttori, medici, psichiatri, amministrativi, assistenti sociali, mediatori, ecc.) con un aumento annuo del bilancio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e del ministero della Salute, che già oggi fanno fatica a garantire le presenze necessarie, con tutte le figure professionali in pesante sotto organico”. Inoltre, aggiunge il presidente di Antigone, “per costruire un carcere ci vogliono anni, mentre l’emergenza sovraffollamento è qui e ora. Le soluzioni sono un aumento delle misure alternative, più economiche rispetto alla carcerazione e con tassi di recidiva minori. Una diminuzione dell’uso della custodia cautelare, con l’Italia costantemente al di sopra della media Europea. Un’inversione di tendenza rispetto alle politiche dell’ultimo anno e mezzo fatte di nuovi reati e aumenti generalizzati delle pene. Una riforma del regime dell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede l’impossibilità di accedere a benefici, inizialmente previsto solo ai reati più gravi di mafia e terrorismo e poi allargato a numerose altre fattispecie. Questi ultimi due aspetti favoriscono, a fronte di tassi di delittuosità stabili nel tempo, una pressione maggiore sul carcere”. Secondo Gonnella, “bisogna poi avere il coraggio di mettere mano all’attuale legge sulle droghe, che da anni produce un terzo delle persone detenute, la maggior parte delle quali condannate per reati legati alla cannabis, sostanze che in diverse parti del mondo, dall’America all’Europa, è stata legalizzata. Bisogna poi migliorare la qualità della vita in carcere, garantendo più telefonate, più contatti con la famiglia, più opportunità di lavoro, di studio, di attività. Sono queste le politiche – conclude – che favoriscono un clima interno più disteso e costruiscono percorsi alternativi per chi ha commesso un reato”. (AGI)

RED/OLL