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Borse in picchiata, prospettive oscure per la super-indebitata Italia

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Il 2022 ha registrato la tendenza a forti perturbazioni dei mercati finanziari, con consistenti perdite sul valore dei titoli azionari e obbligazionari, in gran parte dovute alla instabile situazione che ha preso le mosse dalla guerra in Ucraina, dalla conseguente crisi energetica e dall’aumento dell’inflazione. Gli analisti cercano di capire se si è al cospetto di un fenomeno temporaneo o se, invece, stiano cambiando, in maniera irreversibile, i sistemi che hanno caratterizzato il settore negli ultimi dieci anni

di Augusto Lucchese

Dopo l’imprudente annuncio della Banca Centrale Europea in merito all’innalzamento dei tassi di riferimento e alla decisione di porre fine, a partire dal 1o luglio 2022, agli acquisti di titoli di Stato nell’ambito del PAA (Programma di acquisto attività), il contraccolpo sui valori di Borsa non si è fatto attendere.

È stato come suonare, intempestivamente, la sirena d’allarme in una fabbrica di esplosivi.

Ma che cosa è la Borsa? Molti sostengono che le sue origini vadano ricercate a Bruges,  in Belgio, a metà del 1600, quando nel palazzo della famiglia Van der Bourse avveniva una sorta di sistematico incontro per la contrattazione di titoli di credito e affari vari.

In Italia, la prima Borsa sembra essere nata a Venezia, all’incirca nello stesso periodo; di seguito, a distanza di qualche anno l’una dall’altra, sorsero quelle di Trieste,  Roma,  Milano e Firenze,  Napoli, Torino, Genova, Bologna e Palermo.

La Borsa più importante del mondo, quella di Wall Street in New York, iniziò ad operare il 17 maggio 1792.

L’attività della “Borsa” è in atto regolamentata dal Decreto Legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998 che contiene il “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria”, poi modificato dalla Legge n. 238 del 23/12/2021.

La “Borsa valori” è un luogo in cui giornalmente si incontrano domanda e offerta di titoli (in genere azioni) di Società, per l’appunto “quotate in Borsa”, e di “asset” di strumenti finanziari accreditati. Il valore di scambio viene determinato sulla base delle richieste di acquisto o di vendita pervenute a fronte dei titoli disponibili.

Il controllo e il regolare funzionamento della Borsa dovrebbe essere assicurato, ma talvolta non lo è, da un organo di vigilanza denominato Consob, cui devono sottostare Enti, Banche, Società e operatori ammessi ad operare. Si sa, però, che utilizzando taluni complicati meccanismi, riescono ad operare in Borsa anche autentici “truffatori” che, spacciandosi per intermediari finanziari, promettono guadagni facili e rapidi.

Il 2022 ha registrato la tendenza a forti perturbazioni dei mercati finanziari, in gran parte dovute alla instabile situazione che ha preso le mosse dalla guerra in Ucraina, dalla conseguente crisi energetica e dall’aumento della inflazione. Perturbazioni, oltretutto, gestite in maniera malaccorta e per certi aspetti sconsiderata, dagli Organi della Comunità Europea e, di riflesso, da alcuni dei Paesi interessati.

Il tutto ha determinato consistenti perdite sul valore dei titoli azionari e obbligazionari. Gli Organi di controllo, magari perché legati a filo doppio con la politica corrente, non hanno ritenuto doveroso intervenire, lasciando che tutto si svolgesse in danno dei risparmiatori  e magari a favore dei soliti settori finanziari speculativi che dispongono di consistenti risorse e di una adeguata rete operativa.

Oggi, dopo parecchi mesi di reiterati ribassi, gli analisti stanno cercando di rendersi conto se si è al cospetto di un fenomeno temporaneo o se, invece, stiano cambiando, in maniera irreversibile, i sistemi che hanno caratterizzato il settore negli ultimi dieci anni.

Sembrerebbe che le Borse europee, rispetto a quelle estere (negli Stati Uniti si sono registrate perdite del 30% circa), stiano resistendo un po’ meglio.  Il loro momento peggiore ha preso avvio all’inizio del 2022,  pur se il calo dei listini è stato contenuto, in media, attorno al 10 %.

Ad accrescere le ansietà dei mercati azionari e obbligazionari è sopraggiunto anche lo spauracchio dell’inflazione USA che a maggio ha raggiunto l’8,6%, superando, da  40 anni a questa parte, ogni precedente riferimento.

Un colosso dai piedi d’argilla, che condiziona la finanza mondiale?

Non vanno dimenticate, a tal proposito, talune pesanti defaillance borsistiche americane, quale quella  del  2006, dovuta alla crisi del “subprime  e del mercato immobiliare”, e quella famosissima del giovedì 24 ottobre 1929, quando la corsa alle vendite procurò una inarrestabile perdita di valore dei titoli, cui il 29 ottobre, nel corso del memorabile martedì nero, seguì il pauroso tracollo della Borsa di Wall Street. La crisi  ebbe disastrose conseguenze in tutto il Mondo e qualcuno ha lasciato detto che se non ci fosse stata la crisi del ’29, probabilmente Hitler non sarebbe comparso sulla scena internazionale. 

Nel sintetico quadro prima tracciato s’inserisce l’operato della  Banca Centrale Europea cui è devoluta la responsabilità della politica monetaria della Unione Europea.

L’importante e delicato incarico di Presidente della Banca è attualmente ricoperto da Christine Lagarde che, nel 2019, ha sostituito Mario Draghi.

Nella qualità di maggiore responsabile della citato organismo finanziario non le si può certo battere le mani per avere imprudentemente fornito agli operatori di Borsa (fra cui si annidano, come detto e come tutti sanno – sicuramente anche la Lagarde – molti ingordi speculatori) l’appiglio per scatenare, quasi in regime di panico, una paurosa corsa al ribasso. Come giudicare una tale leggerezza?

Di recente, in un solo giorno, l’indice Ftse Mib ha registrato la perdita di oltre il 5% e, di riflesso, ha buttato alle ortiche circa 39 miliardi di capitalizzazione.

Lo spread, il cosiddetto differenziale di rendimento tra Btp italiani e Bund tedeschi, ha toccato quote di circa 240 punti base e tende ad assestarsi su dati ben superiori ai 200 punti, arrecando un sensibile maggiore onere alle finanze di casa nostra che pagano già esosi oneri (si dice oltre 65/miliardi di euro) sul citato debito pubblico, di recente asceso a ben 2755 miliardi di euro.

L’illustre Presidente della BCE, la sorridente e apparentemente tranquilla Christine Lagarde, senza forse rendersi conto delle ripercussioni negative che le sue non soppesate dichiarazioni hanno arrecato ai mercati finanziari, ha ritenuto, già all’indomani, di correggere il tiro “promettendo” di porre allo studio misure antispeculative e di approntare nuovi sistemi per andare incontro agli Stati con difficoltà di debito pubblico. Il tutto è servito a ben poco. Il danno è rimasto e il mercato azionario, anzi, ha registrato ulteriori tendenze negative.

Al cospetto di una situazione internazionale parecchio intricata e pericolosa, cui s’aggiungono le ben note spinose tematiche interne, sembrerebbe che il frazionatissimo apparato partitico che forma l’attuale Parlamento, da cui trae origine l’esecutivo in carica, abbia perso la testa e, quindi, non riesca più a valutare attentamente la situazione al fine di porre in atto adeguati provvedimenti per cercare di contenere gli effetti collaterali, sia dello scadimento dei citati rapporti internazionali che dell’effetto boomerang delle sanzioni economiche contro la Russia che ha posto in atto talune incisive ritorsioni.

Molto opportunamente occorrerebbe evitare ogni eccessiva peregrina esternazione di ciance giustificative o di sapore elettorale, evitando ambigue dichiarazioni, incongrue invettive contro veri o presunti responsabili, gratuite sfide a suon di crescenti oneri per spese militari. Trattasi di comportamenti, atteggiamenti e diatribe ben poco consoni alla gravità del momento che si sta vivendo per colpa dei ben noti inqualificabili guerrafondai, d’ogni latitudine e longitudine, nella misura in cui ritengono che la pace si raggiunge fomentando e alimentando la guerra.

 

E a quest’ultimo proposito non sarebbe male che gli esponenti istituzionali in carica, oltre ai molti politicanti d’alto bordo, assumessero una posizione meno spavalda e meno dichiaratamente di parte (oltretutto non sostenibile, se non a parole) verso chi, malauguratamente, detiene il nefasto potere delle armi e usa la commercializzazione delle materie prime, indispensabili alle varie comunità nazionali, come strumento di ricatto.

Come mai costoro non si rendono conto che è come aizzare ancor più la reazione di un toro nell’arena, toro sempre pronto ad aggredire, con violenza, chi è alla sua portata?

Altre nubi, purtroppo, sembrano addensarsi ancor più sul già plumbeo cielo di casa nostra, in relazione alle pesanti problematiche interne legate alla fragile crescita, ai saputi rincari energetici, all’aumento della inflazione e del costo della vita nonché, alla stregua di una ciliegina sulla torta, alla paventata desertificazione di circa 1/5 del territorio nazionale.

La Banca d’Italia, dal canto suo, ha cortesemente fatto sapere che l’inflazione  potrebbe scendere al 2,7 per cento nel 2023 e al 2% per cento nel 2024. È da sperare che tali previsioni non assomiglino a quelle precedentemente elaborate, annuncianti una inflazione media del 3,5% per quest’anno, dell’1,6% nel 2023 e dell’1,7% nel 2024. Che gli “uffici studi” di cotanto importante Istituto non sappiano più “studiare” e si trastullino solo nel dare i “numeri”?

Per altro verso s’assiste al fatto che seguita ad imperversare una pioggia torrenziale di “dichiarazioni” più o meno attendibili e fondate, spesso frutto del manifesto intendimento, da parte dei molti “soloni” in circolazione, di porsi in vista. Ritengono che con le chiacchiere si possano risolvere i problemi? I fatti da chi e da dove dovrebbero giungere?

La direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, ad esempio, ha sentenziato che “prevediamo una recessione per alcuni Paesi, in particolare quelli dipendenti dall’energia russa, ma non una recessione globale”, pur se “i prezzi dei generi alimentari continuano a crescere e ci sarà uno choc”. S’è permessa, inoltre, di lanciare un incredibile monito: “se frammentiamo il mondo saremo tutti più poveri”.

Da altre parti si asserisce, più o meno giustificatamente, che “siamo al culmine di un circolo vizioso che potrebbe avere un impatto sulle comunità nazionali per parecchi anni. La pandemia e la guerra in Ucraina hanno inciso negativamente sulla economia globale e hanno creato conseguenze di vasta portata che rischiano di vanificare i profitti degli ultimi 30 anni”.

Il vice cancelliere e ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, ha osservato, a sua volta: “In Europa e negli Usa cresce l’inflazione, c’è una crisi energetica, alimentare e climatica e se nessuno di questi problemi sarà risolto temo veramente che vi sarà una recessione mondiale con effetti tragici per la stabilità mondiale”.

Per quanto riguarda l’Italia è da prendere atto che, in presenza della straripante crisi innescata dal conflitto russo ucraino, la ripresa economica post Covid non è più quella ottimisticamente fattaci intendere, il rapporto debito/Pil tende a salire puntando addirittura a superare quello della Grecia, l’ammontare del debito pubblico aspira a divenire il più alto dell’Eurozona. Il tutto aggravato dal citato aumento dei tassi da parte della Banca  Centrale Europea che, come detto, farebbe presumibilmente ascendere gli oneri relativi ad una cifra parecchio vicina al 3,5% del PIL.

A quanto sembra non basta che l’Italia abbia annunziato un percorso di “riforme strutturali (fra cui il miraggio nel deserto del riassetto fiscale al fine di ridurre le aliquote gravanti sui ceti medio bassi) mentre ci si sforza di puntare ad “innalzare le prospettive di crescita a lungo termine” in virtù di un razionale e sano utilizzo dei fondi del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Esistono, infatti, taluni fattori che, magari non volutamente, inducono al pessimismo: i consumi interni sono frenati dalla crisi energetica e dalla inflazione, una temuta recessione è dietro l’angolo, la classe politica e amministrativa non sempre appare adeguatamente preparata ad affrontare l’attuale emergenza, l’apparato burocratico centrale e degli Enti locali è tutt’altro che pronto a semplificare le occorrenze del caso, il diffuso rilassamento della coscienza collettiva e del senso di responsabilità individuale dei cittadini non agevola certo  lo sforzo comune.

Da più parti si pensa, in chiave realistica, che le positive valutazioni sbandierate ai quattro venti potrebbero “svanire” in funzione del confuso, eterogeneo e logorroico “modus operandi” dell’autolesionista apparato partitico. Con buona pace dei “fessi” creduloni e di quella parte di cittadini che ancora seriamente sperano che torni a sorgere all’orizzonte il beneamato “stellone d’Italia”.