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verso un Governo di centrodestra

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È anche presumibile che nel “26 per cento” ottenuto da “Fratelli d’Italia” sia anche confluito il voto proveniente dalla vasta e consistente area commerciale, industriale e di servizi parecchio preoccupata per la insoddisfacente situazione economica che in atto pesantemente grava sull’apparato produttivo della Nazione.

Un settore chiaramente alla ricerca di quella “protezione” che il decotto ambiente politico in atto ancora in sella non ha saputo assicurare (anche perché, si pensa, ubbidiente a “diktat” imposti da oltre frontiera o da oltre Atlantico), pur se parecchie circostanze sono in parte giustificate dalla nefasta congiuntura “covid” e dal conflitto ucraino.

 

di Augusto Lucchese

 

Ha vinto il “centro destra moderato” o la “destra” di ben note origini?

Se Tambroni – Presidente del Consiglio dell’epoca – potesse tornare fra noi mortali, cosa sarebbe portato a riflettere giudicando i fatti odierni rispetto a quelli che nel giugno 1960, quando a seguito degli scontri fra l’opposizione di sinistra e le forze dell’ordine avvenuti a seguito della convocazione a Genova del VI Congresso del Movimento Sociale Italiano – che in quel periodo aveva determinato la fiducia al Governo – lo portarono a dimettersi?

I tempi sono cambiati, “Fratelli d’Italia” asserisce con forza di avere da tempo fatto esplicito atto di rinuncia ad ogni eredità del passato e, pertanto, sembrerebbe che talune drastiche considerazioni inerenti al tempo che fu siano del tutto superate, almeno formalmente.

Negli anni ha compiuto democraticamente “la lunga marcia” di avvicinamento al potere e adesso ha spavaldamente realizzato l’attraversamento del fiume in piena di una Italia stracolma di gravi problemi ambientali, sociali ed economici interni.

Ciò non cancella, ovviamente, la crisi energetica, l’impennata del costo della vita, l’inflazione che punta al 10%, la recessione che fa capolino da dietro l’angolo, la Borsa ormai da mesi in caduta libera, il debito pubblico in costante crescita, …. e chi più ne ha più ne metta.

A parte, poi, l’ingarbugliata e oltremodo pericolosa tensione internazionale, made in Russia e USA, che vede l’Ucraina come vittima sacrificale di abominevoli politiche egemoniche e di scontri ideologici a dir poco somiglianti alla medievale usanza del “harakiri” dei samurai giapponesi.

In molti, come abbondantemente previsto, hanno deciso di salire a bordo del “nuovo” pur se rabberciato vascello della Meloni, approntato assemblando varie componenti di incerta provenienza o, in buona parte, sottratte ai “commilitoni” (visto che a chiamarli “camerati” si impermalosiscono) della stessa coalizione.

È anche presumibile che nel “26 per cento” ottenuto da “Fratelli d’Italia” sia anche confluito il voto proveniente dalla vasta e consistente area commerciale, industriale e di servizi parecchio preoccupata per la insoddisfacente situazione economica che in atto pesantemente grava sull’apparato produttivo della Nazione.

Un settore chiaramente alla ricerca di quella “protezione” che il decotto ambiente politico in atto ancora in sella non ha saputo assicurare (anche perché, si pensa, ubbidiente a “diktat” imposti da oltre frontiera o da oltre Atlantico), pur se parecchie circostanze sono in parte giustificate dalla nefasta congiuntura “covid” e dal conflitto ucraino.

Il tutto in compartecipazione con i “due 9 per cento” ottenuti dalla anoressica “Lega” e dall’opportunistico e inquadrato apparato elettorale di “Forza Italia” che, a parte la decantata ideale auto investitura di “centro moderato”, potrebbe essere letto come una propaggine della “Holding Fininvest” berlusconiana formata da una dozzina d’importanti partecipazioni maggioritarie di alto livello, per un valore di oltre 52/miliardi di euro e con circa 15/mila dipendenti. Il “do ut des” dei romani è pur sempre una valida regola.

La trascorsa campagna elettorale, abbondantemente infarcita di vuote “chiacchiere”, di polemiche al vetriolo, di strombazzate promesse difficili da realizzare e mantenere, di nebulosi “giuramenti” di fedeltà alla linea europea e atlantica, ha dato i suoi frutti.

Sarà questo amorfo “centro destra” – fragile e scomposto al proprio interno – in grado di varare subito un Governo forte ed efficiente in grado di affrontare, con sperabile energia e con successo, i gravi problemi di cui sopra?

I dubbi sono tanti, di diversa natura e origine, le speranze sono parecchio aleatorie, le certezze sono sogni nel cassetto.

I numeri che stanno affiorando dalla concitata tornata elettorale, comunque si vogliano elaborare o analizzare, avvalorano alcune ineccepibili pur se postume considerazioni:

* prima fra tutte la dimostrata e lapalissiana incapacità del frazionatissimo settore della cosiddetta “sinistra” di trovare l’amalgama di un comune denominatore, superando divisioni di principio o ristrette valutazioni dei problemi di fondo della vasta componente “proletaria” della società civile;

* seconda, non meno importante, la sonora sconfitta della linea perseguita in quest’ultimo periodo di legislatura dagli “eccelsi” governanti in carica guidati dall’indecifrabile “uomo della provvidenza”, Mario Draghi, dal sovrano “Colle” chiamato, in veste di provato ed esperiente taumaturgo, al capezzale di una Italia fortemente debilitata;

* terza, altrettanto incisiva e determinante, la diffusa sfiducia di un ragguardevole numero di “aventi diritto al voto” (36% circa di cittadini) che, prendendo atto del deteriore funzionamento della zoppa democrazia italiana, hanno disertato più o meno motivatamente o convintamente le urne;

* ultima, ma affatto trascurabile, quella riguardante il confusionario e satanico sistema elettorale di cui alla legge Rosato del 3 novembre 2017, n. 165, nota come Rosatellum (ben peggiore della inattuata “legge truffa” del 1953) che stravolge il sacrosanto principio della “proporzionalità” con cui i “Padri Costituenti” chiamarono alle urne, nel 1948, il popolo italiano ottenendo uno stratosferico 92% di votanti.

Sistema che oltretutto ha parecchio disorientato l’elettore sprovveduto e ignaro e, quindi, ha negativamente influito sulla correttezza sostanziale della chiamata alle urne di cui all’art.1 della Costituzione.

Quali potranno essere le conseguenze di tutto ciò?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Ad oggi si può solo ipotizzare, per il cittadino medio e sopratutto per quello in gravi difficoltà di sopravvivenza, un difficile autunno, un debilitante inverno, un pericoloso guado verso sperabili più agevoli contesti strutturali da cui far ripartire la fiducia nel futuro.

Il complessivo quadro politico e istituzionale che da qui ad un mese circa nascerà dalle polveri della passata inqualificabile legislatura sarà il toccasana dei malanni che minano la Nazione Italia?

Stando ai presupposti e ad una razionale valutazione delle probabilità, esso sarà obiettivamente in grado di imprimere una decisiva svolta all’attuale andazzo di cose?

I fatti, viceversa, dicono che dal lontano 1994 berlusconiano, in un susseguirsi di sfacciati strumentalismi partitici e di potere, sono stati debilitati e gravemente danneggiati i gangli vitali della struttura portante nazionale, è stato consentita la piratesca attività di gruppi speculativi, è stato permesso il deterioramento, l’inquinamento, l’ammorbamento del territorio, è stato più che raddoppiato il già pesante fardello del debito pubblico.

Il futuro è tutt’altro che incoraggiante ma non sarebbe giusto rinunciare a priori alla speranza di essere smentiti, almeno parzialmente e sostanzialmente.

C’è da augurarsi che, ancora una volta, trionfi lo “Stellone d’Italia”.