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Una "sinfonia di soccorsi" per ricordare la strage di Bologna

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“Siamo tutti bolognesi”: tre parole scritte a mano su un biglietto da visita di un cittadino di Salerno un mese dopo la strage del 2 agosto 1980, conservate per quasi 38 anni nell’archivio del Gabinetto dell’allora sindaco di Bologna, Renato Zangheri. Uno ‘slogan’ di solidarietà, partorito in una società con i telefoni a gettone senza il web o i social network.

Il messaggio ritrovato nei faldoni comunali, nella sua forza e semplicità al tempo stesso, racchiude il senso delle migliaia di lettere, telegrammi, cartoline siglate da tutto il mondo e da tutta la società, dal Capo di Stato al carcerato, recapitate in Comune a Bologna nelle settimane successive all’attentato alla stazione per dire no al terrorismo.  Un ‘diluvio’ di solidarietà che, dopo 38 anni dallo scoppio della bomba in stazione, è diventato uno spettacolo teatrale. “Sinfonia di Soccorsi”, infatti, è il nuovo evento del Cantiere 2 agosto dell’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna nato per ricordare le vittime, 85 morti e 200 feriti, del più grave atto terroristico in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi. I documenti inediti dell’epoca saranno recitati la sera di mercoledì 1 agosto da attori-trampolieri ‘arrampicati’ sopra due torri davanti alla sede della Regione a Bologna. 

Nei giorni dopo la strage la scrivania del sindaco Zangheri si riempì di fogli di carta. Messaggi vergati a mano con le più curiose calligrafie o battuti pazientemente a macchina. Alcuni scritti da immigrati all’estero o da pensionati dal tratto incerto ed altri in italiano perfetto o in lingua straniera. Parole formali ma anche pensieri diretti e ‘popolari’ a volte sgrammaticati uniti dal desiderio di ripartire senza arrendersi alla paura. Arrivarono centinaia di telegrammi ‘istituzionali’, ad esempio, dal cancelliere dell’allora Germania Occidentale Helmut Schmidt, dal presidente del parlamento Ue, Simone Veil  o da sindaci di città da poco tornate alla democrazia come le spagnole Madrid e Barcellona e di comuni italiani per lo più sconosciuti (Lanuvio, Ussassai, Sinalunga). Ma non mancarono sorprese come un messaggio dalla giunta rivoluzionaria del governo di El Salvador o dalla Repubblica del Vietnam.

Poi ancora: carcerati pronti a donare il sangue per i feriti, pensionati che allegarono micro-somme in denaro, famiglie disponibili ad adottare bimbi rimasti ‘orfani’, studenti greci o iraniani ospitati in passato a Bologna, anziani in vacanza nelle pensioni romagnole, campeggiatori, ex combattenti, portalettere, elettricisti e sportivi. “Caro compagno Zangheri, abbiamo dato una piccola festa dove hanno partecipato 40 persone”: sono le prime righe della lettera di Rose, una italo-americana residente negli Stati Uniti a Los Angeles che organizzò, insieme ad un comitato fondato ad hoc,  una serie di ‘spaghetti-dinner’ per raccogliere denaro da inviare al sindaco. In moltissimi, infatti, accompagnarono alle parole di solidarietà anche aiuti concreti. Cittadini comuni, pensionati, inviarono anche ‘solo’ mille lire, “è ben poca cosa non posso dare di più” si giustificarono. “Grazie per averci dato delle mani ideali per poter anche noi scavare un poco” scrisse una famiglia. “Noi il più poco che possiamo fare è offrirvi il nostro sangue”, questo un passaggio di una lettera datata 3 agosto 1980 firmata da due detenuti del carcere di Palermo.  Anche gli ‘orfani’ della strage riempirono i fogli di carta.  “Io sono agricoltore, benestante e certo di poter garantire sicurezza ed affetto ad eventuale bimbo che mi venisse affidato. Sono anche disposto a trasferire parte della mia proprietà all’affidato”: Vito da Potenza non fu l’unico a proporsi per l’adozione.

Mesi di lavoro (dal settembre scorso) per Cinzia Venturoli, la storica che ha analizzato tutti i documenti trovati negli archivi comunali poi selezionati e raccolti in un volume curato dall’Assemblea legislativa dal titolo “La solidarietà e il dolore del mondo al sindaco Zangheri” che sarà distribuito gratis in 600 copie al pubblico della “Sinfonia” durante la serata del 1 agosto. “Siamo partiti con questo progetto – ha spiegato Venturoli all’Agi – chiedendoci come si reagisce ad una strage in un momento in cui non c’è Facebook e le comunicazioni sono più lente. La risposta è con una grande mobilitazione sia in piazza, perché è il luogo della democrazia e sia attraverso le lettere e i telegrammi inviati al Comune. Dagli scritti dell’epoca emerge una grande fiducia verso i rappresentanti delle istituzioni, soprattutto verso il sindaco Zangheri o nei confronti del presidente Sandro Pertini”.

C’è un filo rosso che lega tutti questi documenti? “La volontà di esserci – ha risposto la storica – di reagire, di essere utili e di abbracciare la città”.  Infatti, arrivò ad oltre un miliardo di lire, il 31 agosto 1980, la somma depositata nel fondo di solidarietà alle vittime aperto dal sindaco: 316 milioni dei cittadini, 200 milioni della lega delle cooperative e 500 milioni stanziati dalla Regione. Numerosi i ‘grazie’ rivolti a Zangheri il ‘sindaco professore’. “Caro sindaco mi rivolgo a lei come rappresentante della città di Bologna per dirle grazie, senza alcuna retorica. Grazie perché per noi giovani è facile cadere nel pessimismo, perdere le speranze, avere sfiducia”, è l’apertura di una lettera del 7 agosto 1980 firmata “Una ragazza qualsiasi”.  Nei documenti dell’epoca non si nasconde la speranza di ottenere piena verità e giustizia sull’attentato alla stazione. Una richiesta non pienamente soddisfatta nonostante siano passati 38 anni dallo scoppio della bomba. C’è una indagine in corso della Procura generale di Bologna sui mandanti della strage. E la storia è ancora da scrivere.

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Fonte: cultura agi


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