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Tutti esperti criminologi…

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Intervista del QdC al maresciallo dei carabinieri Rino Sciuto, vincitore nel 2020 del premio “Uomini Coraggiosi” nell’ambito della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”, autore di due bestsellers sul misterioso caso della sparizione di Roberta Ragusa. “Le trasmissioni ‘specializzate’ in TV sono solamente delle spettacolarizzazioni del dolore”

di Ettore Minniti

Oggi tutti esperti criminologi. Nei talk show televisivi abbondano gli esperiti di sopralluoghi e indagini investigative, tra millanterie e reale attività scientifica.
Ma che fine ha fatto l’investigatore tradizionale della polizia giudiziaria? Sono spariti il maresciallo dei carabinieri alla Rocca o il commissario di polizia alla Montalbano?
Per capire come stanno le cose e farci un’idea più precisa abbiamo intervistato Rino Sciuto, maresciallo dei carabinieri, già in servizio presso il R.O.S. (Reparto Operativo Speciale) che nel settembre 2020 ha ricevuto il Premio “Uomini Coraggiosi” conferito dall’Associazione “Il Coraggio Onlus” di Sesto San Giovanni (MI) nell’ambito della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”.
Rino Sciuto ha pubblicato due bestseller: “Roberta Ragusa – L’amica che non ho mai conosciuto (Diario d’indagine di un investigatore)” dove l’autore racconta la storia di un percorso investigativo e di ricerca di una donna che è entrata a far parte della vita di tutti gli italiani. Ed è riuscito a farlo in maniera rispettosa di tutti quelli che sono stati coinvolti e travolti da questa tragedia… avanzando (anche) delle ipotesi di occultamento e distruzione del cadavere. Di dubbi ne rimangono ancora tanti su questo caso, domande e sensazioni che l’autore dipana nel suo libro, raccontando come ha svolto le indagini, cos’ha man mano scoperto, come si risolve un giallo di questa portata nazionale, e “LISTENER – Uomini in ascolto: Roberta nell’aldilà delle parole” con il quale ha voluto accompagnare il lettore in quella che è una costola di un comune percorso investigativo, ossia le intercettazioni (telefoniche e ambientali), illustrando compiutamente l’iter di dette attività, partendo dalla richiesta per finire, poi, all’ascolto, all’analisi e, infine, per mettere in evidenza una figura, spesso poco gratificata, che non tutti conoscono, l’ascoltatore. In tale contesto l’autore ha preso come modello guida alcune delle intercettazioni del caso Roberta Ragusa.

Maresciallo che vuol dire oggi svolgere indagini di polizia giudiziaria sul luogo di un crimine?
Ecco, quel “che vuol dire OGGI” è già una “quasi risposta”. Chiarisco ciò che voglio dire. Voglio dire che oggi le indagini di Polizia Giudiziaria sul cosiddetto “luogo del crimine”, non sono svolte come una volta, come qualche decennio fa. Oggi tutto, grazie alla burocrazia e alle discipline forensi man mano aumentate, è più difficile e nulla, dico nulla, può essere lasciato al caso perché gli avvocati, OGGI, se manca il capello del capello, ti distruggono… e se non distruggono direttamente la Polizia Giudiziaria, permettono ad un potenziale autore di serio evento criminoso di continuare a passeggiare libero. Ecco perché oggi, oltre (parlo per l’Arma) abbiamo quasi sempre il RIS sul posto, talvolta anche i Crimini Violenti del ROS (Reparto di cui facevo parte), o comunque gli specialisti dei rilievi di Comando Provinciale. Insomma, nulla (ed è giusto) deve essere lasciato al caso, tutto deve essere vagliato, anche ciò che si considera più insignificante.
Tanti i talk show con esperti criminologi, non si rischia di demotivare gli inquirenti?
Di talk show con esperti criminologi, se devo dirla veramente tutta, non ce ne sono tantissimi. Diciamo che si contano sulle dita di una mano che ha subito l’amputazione di almeno tre dita. Se poi vogliamo parlare dei cosiddetti opinionisti e/o tuttologi, ci sono, eccome! Credo che in questa prima parte, già ci sia la mia risposta. Fermo restando, comunque, che un inquirente non deve assolutamente demotivarsi, diciamo che può “arrabbiarsi”. E parlo per esperienza personale. Quando ero a Pisa per indagare sulla scomparsa di Roberta Ragusa, com’è normale che sia, mi sentivo, telefonicamente, più volte al giorno con mia moglie, la quale mi ragguagliava su cosa dicevano le trasmissioni specializzate in TV… specializzate per modo di dire, sono solamente delle spettacolarizzazioni del dolore, diciamocelo chiaramente… Io, che ero uno di quelli che lavorava sul campo, avevo così modo di verificare con le mie mani, le mani di uno “zappatore investigativo”, tutte le “distorsioni del caso”, le menzogne, le cose inventate, le distrazioni. Mi incavolavo a dismisura, mai, però, mi sono demotivato. Ho lavorato alacremente, e questo assieme a tutti i miei colleghi, come sempre ho fatto in 34 anni nell’Arma dei Carabinieri. Oggi, infatti, il consiglio che do alla gente appassionata di fatti di cronaca è quello di saper scegliere chi e cosa vedere cercando di vagliare compiutamente. Purtroppo, ci troviamo davanti una platea di appassionati che cercano, e credono, di sapere tutto di un caso perché lo hanno sentito in una trasmissione TV. Ora io chiedo a loro: ma veramente pensate che queste persone, questi opinionisti, persone che una scena del crimine l’avranno vista, sì o no, solamente nei film di Montalbano o Rocca, possano sapere tutto di tutti i casi di cronaca avvenuti in Italia? In ultimo voglio precisare una cosa per me assai importante e che, ritengo giusto, voglio far arrivare alla gente che crede ancora nelle “favole televisive”: sappiate che ogni giornalista/conduttore di trasmissioni specializzate, ha come precipuo compito quello di portare acqua al mulino… e per acqua intendo telespettatori. Lo dimostra il fatto che su Roberta Ragusa hanno permesso, più volte, di offuscarne la memoria permettendo di tirare fuori cose e argomenti che, come si dice, se non fosse roba seria e assai tragica, ci sarebbe da ridere. E qui mi fermo perché rischio di diventare un oceano in tempesta e perché so che lo spazio a disposizione non è tanto.
La cronaca giudiziaria è ricca di casi di negligenza e/o disattenzioni da parte degli operatori intervenuti sul luogo del delitto, con inquinamento della scena del crimine, come prevenire questi errori?
Personalmente ritengo che la negligenza e/o le disattenzioni da parte di “certi operatori”, spesso dipenda dalla trascuratezza di certi individui che, essendo legati da rapporti con addetti alla sfera dirigenziale, occupano posti che non dovrebbero occupare e ciò li porta a lavorare nel modo che chiamo “alla volemose bene”. E pure questo, ahimè, lo dico per esperienza personale. È chiaro che non sempre è così, ci mancherebbe. L’inquinamento della scena del crimine, oggi 2022, e altri errori, non dovrebbero assolutamente verificarsi. Ed è per questo che quando insegno nei corsi di Corsi di criminologia investigativa, dico a tutti che certi corsi andrebbero fatti anche a personale della Protezione Civile, personale di primo soccorso e, perché no, anche al personale della Polizia Giudiziaria non continuamente impiegato in questi contesti. Ad ogni modo, corsi o non corsi, il buon senso dovrebbe comunque aiutare tutti indicando la strada da seguire.
Come è cambiata la polizia giudiziaria dopo il 1989, dopo la riforma del codice di procedura penale?
Questa è una bella domanda, bella ma anche brutta… nel 1989 ero giovane Brigadiere e prestavo servizio al Reparto operativo dei Carabinieri di Roma. Tutti, com’è giusto che sia, vivemmo quel valicare con le ansie delle novità procedurali. Seppur il nuovo CCP sia più garantista del vecchio, e ciò non so sino a che punto sia positivo, lo reputo ben più farraginoso e burocratizzato. Mi spiego. Prima dell’entrata in vigore del nuovo CPP, per mettere un telefono sotto controllo (almeno coi PM cui eravamo soliti lavorare) bastava un’autorizzazione vocale telefonica per scrivere due righe alla SIP (così si chiamava allora l’unico gestore) di questo tenore: per urgenti indagini di Polizia Giudiziaria connesse al procedimento penale nr. XXXX/87, si prega di voler attivare l’intercettazione del numero XX/XXXXXXX. Segue Decreto. E quel “segue decreto”, di lì a un giorno diventava Decreto notificato alla compagnia telefonica. Ecco, per dirne una, si lavorava senza tante perdite di tempo e senza tanta burocrazia… e i risultati arrivavano comunque.
A cosa servono i tanti corsi online in criminologia? Non c’è il pericolo di illudere i corsisti, magari giovani studenti in psicologia che provano ad inserirsi in un settore che appare più televisivo che operativo?
Ecco, a questa domanda eviterei di rispondere perché già alcuni miei post in merito, fatti sui social negli ultimi giorni, hanno creato un “importante turbinio agitativo” di molti addetti ai lavori, di quelli poco seri insomma. Ma sto qua e, come si dice in certe aule, “intendo rispondere anche senza avvocato”. Abbiamo toccato un tasto assai dolente e assai sensibile. Tenuto conto che, a parte 3/4 corsi seri che si tengono oggi in Italia, ho visto negli ultimi tempi un’escalation di associazioni, dai nomi più svariati e fantasiosi, proporre corsi di criminologia varia tenuti, talvolta, da persone che con l’ambito investigativo hanno davvero poco a che fare. Si parte da giornalisti esperti di cronaca nera e si arriva ad altre professioni che nemmeno voglio citare. Ormai per ogni professione relativa all’ambiente, va di moda usare l’aggettivo “forense” (informatico forense, psicologo forense, psicologo forense, ecc. ecc.), aggettivo, questo, di cui oggi si abusa categoricamente. Come si dice dalle mie parti “ci si riempiono la bocca” … ma poi, nella sostanza? Per quanto concerne le illusioni dei ragazzi che rincorrono questo sogno, voglio dire che, per quanto mi riguarda, si sfonda un portone già spalancato. Infatti, voglio dire ai giovani che cercano di approcciarsi a questo ambiente, di non cedere alle false illusioni e di puntare alla realtà. Li invito inoltre, anche se non è facile, a non cedere a presunte promesse e a guardarsi bene da chi e cosa andranno a frequentare. Diciamo che oggi è facile, e molto anche, cedere alle illusioni televisive, ma questa è una cosa seria che deve fare chi sa di cosa parla. E poi continuerei ancora, avrei molto da dire in merito.
Chi era o cosa ha rappresentato Roberta Ragusa per lei?
È troppo semplice dire “l’Amica che non ho mai conosciuto”? che poi è anche il sottotitolo del mio primo libro? Ecco, Roberta è un’amica che conosco, e bene anche, senza averla mai vista o incontrata. Di lei mi rimane tanto, sia in termini di esperienza professionale che di uomo. Da questa indagine, e da questi quattro anni investigativi, ho acquisito sensazioni, esperienze e sentimenti che custodisco dentro e che mi piace diffondere ogni qualvolta me ne è data occasione.
A quando il prossimo libro?
Presto, ritengo tra qualche mese, ormai, probabilmente in autunno… ed aggiungo: mi piacerebbe, e credo sia un dovere morale, presentarlo nella mia Sicilia. In ogni caso anche il quarto libro è “in corso” …
Oltre al nuovo libro, sta facendo altro?
Risposta: si, guai a stare fermi. Il movimento e gli impegni sono linfa vitale. Collaboro con alcuni studi legali ai quali fornisco consulenza per tabulati telefonici e su qualsiasi cosa necessitino in ambito forense… vedi che il “forense”, ormai, è un po’ come il bianco? Sta bene dappertutto.
L’Itali è quel paese “di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori” e oggi è un popolo di virologhi, esperti tattica militare, sociologi, filosofi … e criminologi.