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Tra i daini e De Andrè, un’oasi per la rinascita di Amatrice

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AGI – Al cancello d’ingresso ti accolgono i daini e lo sfondo innevato dei monti della Laga, lungo il percorso le citazioni di Papa Francesco e le testimonianze di fede si alternano alle parole della canzoni di Fabrizio De Andrè: l’Oasi di Orie Terme, un parco naturalistico nel comune di Amatrice, è una preziosa occasione per immergersi nella natura di un territorio sfregiato dal terremoto, ma che non si arrende al deserto delle macerie del 2016. Ci si arriva dalla strada Picente che porta a L’Aquila, in un ideale legame di sofferenza e rinascita dal sisma.

L’oasi nella frazione di Configno, nel Reatino, si compone di 18 ettari interamente recintati di proprietà della famiglia Betturri fin dal 1610 e che Pier Luigi Betturri, imprenditore e dirigente sportivo molto attivo nel territorio, ha voluto aprire al pubblico gratuitamente con l’aiuto di un’associazione culturale. Al suo interno si possono avvistare i cervi, che ti spiano dalle alture, come una magnifica poiana in volo. E poi ricci, volpi, istrici, scoiattoli, germani reali presso gli specchi d’acqua. 
A fare da guida è la signora Elvira e la visita si snoda per tre chilometri: si parte dalla zona orientale occupata dal Bosco Sacro, una secolare foresta formata da castagni, faggi e querce, per arrivare allo specchio d’acqua con un ruscello immissario del lago Scandarello. 
Lungo il percorso si trovano sculture marmoree dedicate alla natura, che riportano versi liberamente tratti dal Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi, o testi moderni come Dolcenera, canzone di De Andrè. Incise su un monolite posto nel punto dell’Oasi in cui confluiscono grandi quantità di acqua, le parole del cantautore genovese sono un omaggio a questo elemento essenziale per la vita.

L’ascesa al Calvario

La visita si conclude con una rapida scalinata che porta al Calvario delle Orie con le tre croci ispirate dal testo della canzone ‘La buona novella’ e realizzate dallo scultore romano Milos Ippoliti. Alla sinistra e alla destra del Cristo ci sono le due vie dell’uomo: il Buon Ladrone, Tito, convertito al Regno dei Cieli e il Cattivo Ladrone, Dimaco, con linee e superfici grezze, rabbioso dopo la rinuncia alla salvezza. 

Un viaggio nel tempo

La visita è anche un viaggio nel tempo fra le tradizioni rurali di questa terra: come l’antica “Fonte delle Orie”, storica sorgente in cui le donne di Configno facevano il bucato, o la “ricciera” nel Bosco Sacro che fino alla fine dell’800 sfamava il territorio garantendo legname per il fuoco o per le costruzioni, castagne da vendere e ghiande per il bestiame. L’itinerario si conclude nel vicino borgo di Configno dove un piccolo museo delle arti e tradizioni popolari racconta le storie di un territorio che il terremoto ha piegato ma non è riuscito a spezzare.