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Sprechi e imprevidenza alla base dei disastri ambientali

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Contenendo i consumi e riducendo l’impiego dei combustibili fossili sarebbe possibile ridurre da subito gli ormai insostenibili effetti inflazionistici della componente energetica gravante sul settore aziendale produttivo e sulle famiglie, oltre a contenere notevolmente le emissioni inquinanti, la cui tendenziale crescita sembra non essere sotto controllo

di Augusto Lucchese

È abbastanza noto a tutti che circa un terzo dell’inquinamento atmosferico da gas serra (primo responsabile dell’aumento della temperatura globale e dei frequenti disastrosi sconvolgimenti meteorologici) deriva dall’incontrollato enorme consumo, a livello globale, di energia elettrica, in gran parte prodotta da centrali alimentate a combustibili fossili, carbone in buona parte.

Va ricordato, per inciso, che Stati Uniti, Cina e India, a fronte delle rispettive ben diversificate esigenze, sono i maggiori consumatori di energia elettrica a fronte dell’alta intensità abitativa e delle macroscopiche esigenze dei propri apparati industriali e produttivi. È stato rilevato altresì che particolarmente in Cina e India parecchie delle reti distributive sono in uno stato di precaria efficienza e funzionalità.

L’energia elettrica, a prescindere dalle notevoli quote di consumo dell’apparato produttivo e delle comunità sociali, è peraltro massicciamente utilizzata per soddisfare la smania della pura e semplice ostentazione di una sciocca “grandeur” sia per quanto riguarda la sempre maggiore miriade di elettrodomestici che la sfarzosa illuminazione degli ambienti abitativi, oltre a quelli dirigenziali delle varie istituzioni e aziende.

Consumi che, inoltre, riguardano il macroscopico apparato illuminatorio di strade e viali urbani di primaria importanza (luci che rimangono accese sino a notte inoltrata o talvolta, per semplice incuria, sino a giorno successivo, quando magari già splende il sole), delle facciate di vistosi palazzi istituzionali e di prestigio, di innumeri monumenti, Chiese e Santuari, edifici nobiliari ecc. ecc.

Non vanno dimenticate, altresì, le esagerate “luminarie” festaiole di luoghi pubblici, la ostentata superflua pubblicità luminosa, l’eccessiva illuminazione di talune mirabolanti strutture del variegato mondo industriale, bancario, affaristico, sportivo, fra cui i rinomati stadi in cui sembra essere prevalsa la moda degli incontri “serali” … con illuminazione “a giorno”.

Tutto ciò in aggiunta agli spropositati consumi connessi con il mosaico di lussuosi Hotel, “location” varie, “casinò”, ritrovi notturni, ecc.ecc., frequentati da variegati plotoni di VIP, da gente spendacciona e sciupona, magari arricchitasi evadendo il fisco o lucrando illeciti guadagni.

Premesso che parecchi degli impianti di produzione elettrica (non sempre protetti e schermati a norma), nell’emettere stragrandi quantità di Co/2 (anidrite carbonica) e di So/2 (anidrite solforosa), fanno concorrenza ai variegati e mastodontici opifici industriali sparsi per il Mondo, è evidente l’occorrenza di imporre una drastica riduzione del loro odierno volume di produzione, a parte la doverosa e seria razionalizzazione dei consumi indispensabili.

Solo in tal maniera si potrebbe limitare, nel breve tempo, il consumo di ingenti quantità di combustibili fossili (idrocarburi) i cui prezzi, oltretutto, risentono parecchio dei costi di estrazione e degli esorbitanti costi di trasporto, oltre che della incontrollata pressione speculativa dei mercati.

L’Italia, con un buon 31%, è fra le poche Nazioni che hanno raggiunto apprezzabili risultati in materia di “energie rinnovabili”. Pur tuttavia si consuma troppo;  recenti statistiche segnalano ben 5055 kwh annui pro capite, contro i 3400 kwh della media mondiale.  Si è costretti, pertanto, ad importare energia elettrica (12% del fabbisogno) da Paesi circostanti.

Contenendo i consumi e riducendo l’impiego dei citati combustibili, sarebbe oltretutto possibile ridurre, da subito, gli ormai insostenibili effetti inflazionistici della componente energetica gravante sul settore aziendale produttivo e sulle famiglie, oltre a contenere notevolmente le emissioni inquinanti, la cui tendenziale crescita sembra non essere tenuta sotto controllo e diminuita per come promesso.

È da ritenere, tuttavia, che gli ingordi oligarchi e manager (non solo russi, o mediorientali ma anche d’oltre Atlantico e di casa nostra) delle grandi aziende del settore estrattivo, produttivo e distributivo dei combustibili, sostenuti da una larga fascia trasversale della altrettanto riprovevole casta politica d’alto bordo, abbiano occulte motivazioni per fare finta di niente e lasciare che ogni cosa vada come vada, a tutto danno della indifesa massa degli utenti di base.

Questi ultimi, già impoveriti per altre circostanze di varia natura, sono in balia di una composita categoria di incorreggibili personaggi della galassia politica e di pseudo tecnici dell’apparato fiscale che fanno di tutto per smentire gli autori della stantia favoletta che, da qualche lustro a questa parte e spesso per ignobili fini elettorali, circola sfacciatamente negli ambienti partitici e che asserisce quanto sia ingiustificabile mettere le mani nelle tasche dei cittadini.

Orbene, dato per scontato il fatto che il processo di attuazione dei piani di transizione energetica verso sistemi alternativi a basso impatto ambientale, è chiaramente lungo, costoso e impegnativo e che su scala mondiale, malgrado i buoni propositi, si è ancora sulla media di un decimo del fabbisogno reale, non sembra che esista alcuna altra valida alternativa se non quella della di disciplinare, contraendoli, gli attuali crescenti consumi energetici, pur senza ipotizzare alcun razionamento delle forniture ad uso produttivo, familiare e civile.

Sembra che in Cina sia già allo studio un particolareggiato piano tendente ad adottare tale sistema di contenimento.

L’acuirsi degli effetti dilaganti e irrefrenabili della odierna “crisi energetica” (dovuta sia all’impatto della crisi ucraina che ai perfidi comportamenti speculativi dei fornitori e dei distributori delle materie prime combustibili) imporrebbe una più responsabile disciplina del settore che certamente non si raggiunge con le illusionistiche tergiversazioni di chi sta nei posti di guida del Paese. Oltretutto occorrerebbe una consistente dose di buon esempio che certamente le Istituzioni centrali e periferiche non sanno o non vogliono dare.

Appare indispensabile, quindi, che i governanti delle Nazioni del Mondo – blateranti da mane a sera ma in genere poco responsabili e previgenti – mettendo da parte conflitti d’interessi, personali o di gruppo, recondite finalità di partiti a caccia di voti o insane ambizioni di assolutistico potere, si decidessero, una buona volta e con immediatezza, a programmare attuabili coraggiose scelte in tal senso, smettendola di seguitare a gabbare la gente con l’ipotizzare aleatorie e futuristiche sanatorie, addirittura proiettate sino agli anni ’30 o ’50.  È come il gatto che si morde la coda o come il cieco che presume di potere impunemente attraversare la strada senza le opportune precauzioni.

Le attuali classi dirigenti dei singoli Paesi, tutte incluse e nessuna esclusa, stanno assumendo una gravissima responsabilità nel non intervenire con immediatezza, oggi e non domani.  Esse, in coscienza, dovrebbero prendere atto della assoluta necessità di raddrizzare subito il timone del galeone “Terra”, navigante a vista nel mare periglioso del consumismo sfrenato, nessuno in futuro potrà scagionarli dalla grave colpa di essere stati artefici e corresponsabili del massiccio deterioramento dell’ecosistema globale.

Mettendo da parte le consuete imposture politiche, meritevoli d’essere classificate fra quelle da baraccone, sarebbe doveroso prendere atto che l’efficace terapia (drastica riduzione dei consumi energetici non indispensabili) da porre subito in atto, non può certo essere compatibile con la frenetica corsa verso una sempre maggiore intensificazione del già imponente fenomeno dello sciupio, anche di provenienza istituzionale, dell’irrazionale spreco delle risorse naturali, del costante sgretolamento dei fondamentali canoni che regolano la vita e il divenire del Pianeta.

Le future generazioni non avranno, certamente, di che ringraziare.