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Oltre la follia

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di Fulvio Giuliani

È tale l’orrore della storia in sé, l’incapacità di trovare dei punti di riferimento riconoscibili in un atto di violenza così assurdo, da cercare istintivamente riparo in considerazioni persino banali nella loro ovvietà. Un essere che uccide la compagna e il suo figlio in grembo è fuori da ogni definizione possibile, sembra quasi non attenere al genere umano. Lo possiamo osservare come fosse un alieno. In realtà, sappiamo tutti molto bene quanto l’uomo sia capace di toccare abissi di abiezione almeno pari alle vette di bontà e altruismo. Non basta far scattare tutte le difese di sempre, anche nel caso dell’omicidio di Giulia Tramontano, quando ci si trova davanti all’insondabile: il presunto ‘mostro’ conoscerà il suo percorso davanti alla giustizia e forse – non ne abbiamo la minima idea – un domani davanti a ciò che resterà della propria coscienza. Almeno due famiglie sono condannate a un’intera vita di domande senza risposta e di dolore destinato ad accompagnarle, persino ad acutizzarsi con il passare del tempo e il rapido spegnersi dei riflettori.

Quanto agli altri – come si diceva – ci si può fermare qui, sul ciglio del burrone o si può provare a riflettere su un dato di fatto che ci riguarda tutti: ci piace raccontare la nostra come una società profondamente evoluta, attenta, talvolta persino maniacale nel rivendicare una diversa attenzione al femminile. Nel nostro mondo – a Occidente, suvvia – abbiamo fatto enormi passi in avanti. Altri, altre se li sognano. Persino certi modi di dire e certe azioni un tempo normalissime oggi sarebbero del tutto impensabili. Eppure, come negare il persistere ancora oggi di un problema di relazione fra uomini e donne? Lasciamo anche da parte gli orrori che assurgono agli ‘onori’ della cronaca, ma quante violenze psicologiche e fisiche si consumano quotidianamente, quanti piccoli e grandi soprusi sono la realtà di ogni giorno per un numero insopportabilmente alto di donne, quante distanze permangono fra i generi… Sopra ogni altra cosa, quanti uomini negano tutto ciò nei fatti, con le loro azioni, i comportamenti anche inconsapevoli, figli di un retaggio e di bias culturali ormai sedimentati.

L’educazione dei nostri ragazzi (maschi e femmine, ovviamente) non sarà mai la garanzia assoluta – come potrebbe esserlo? – davanti alla follia conclamata e alla violenza belluina, ma resta l’unica strada a noi nota per picconare alla radice quella crosta che ancora resiste. Parlando ai figli con schiettezza e, se necessario, durezza. Affrontando innanzitutto in casa la realtà dell’equilibrio fra i sessi, di un percorso che possiamo compiere soltanto insieme, evitando di bruciare un mare di energia in battaglie molto mediatiche e di poca sostanza. Evitando di girare la faccia dall’altra parte davanti a episodi apparentemente minori e ‘giustificabili’. Nella convinzione che non potrà mai accadere a noi, al nostro piccolo mondo, ai nostri figli. Questo è un aspetto su cui vogliamo soffermarci brevemente: pur con le migliori intenzioni, convinti di aver fatto il meglio e di aver passato tutti i messaggi giusti, nessuno dovrebbe razionalmente sentirsi immune dal rischio che i propri ragazzi possano incappare in una personalità disturbata, senza rendersi conto del pericolo. Non potremo difenderli sempre e in ogni caso dai rischi della vita, ma dobbiamo fornir loro quanti più strumenti possibile. Attivi e passivi. Devono crescere formati al rispetto e a esigere rispetto. Quale sia il loro genere e il loro orientamento sessuale. 

Educhiamoci a educare, anche per più tempo (i ragazzi restano a casa molto più di una volta, la cosa non è bella ma potrebbe paradossalmente tornare utile). Diventare genitori non potrà mai essere un diritto, ne scrivevamo solo ieri, mentre educare resta un dovere.

Fonte: La Ragione