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Woody Allen, l'opera e il Gianni Schicchi con il nuovo finale alla Scala 

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Mai gli sarebbe “passato dall’anticamera del cervello” di dirigere un’opera, ma poi si è “divertito moltissimo”. Woody Allen il geniale attore, scrittore e regista americano con all’attivo 51 film, cambia prospettiva, lascia la cinepresa (solo per poco, sia chiaro) e presenta la sua regia del pucciniano Gianni Schicchi, in scena al Teatro alla Scala di Milano dal 6 al 19 luglio. Le scene e i costumi sono di Santo Loquasto. La produzione, realizzata con i complessi dell’Accademia diretti da Adam Fischer, va in scena insieme a un nuovo allestimento di ‘Prima la musica e poi le parole’ di Antonio Salieri firmato da Grischa Asagaroff

 

A presentarlo alla stampa, al Piermarini c’era proprio lui, reduce da qualche giorno a Venezia e dal concerto con la sua jazz band al Teatro Arcimboldi di Milano, con i suoi 83 anni costellati di successi, e il suo immancabile cappello. La prima volta quest’opera la mise in scena nel 2008 per la Los Angeles Opera e poi arrivò da noi al Festival di Spoleto. Ma al Piermarini si vedrà un finale diverso.

“Ho avuto un’altra ispirazione: il finale che ho fatto a Los Angeles non lo ripeto qui, perché quando ho visto il palco con gli studenti mi sono emozionato e ho avuto una nuova idea. Gliel’ho comunicata proprio poco fa, la vedrete la sera della prima”. Dunque, tocca aspettare. Ma chissà che non sia questa: “Ho sempre provato affetto per Gianni Schicchi, e non lo metterei certo all’inferno, anzi lo farei andare in pensione per vivere bene e felicemente”.

Sul palco ci saranno gli allevi dell’Accademia scaligera con Ambrogio Maestri a fare da “nave scuola”, come ha scherzosamente detto il baritono. “Gli studenti – ha aggiunto Woody Allen – sono fantastici, stanno facendo un gran lavoro, l’opera è esattamente come l’ho pensata, come la voglio. È un’opera comica e loro sono riusciti a capire i miei intendimenti e quelli di Puccini. Si sono immedesimati”. Merito di quello che vedremo, va dato a Placido Domingo che “per diversi anni” ha cercato di convincere Allen a fare la regia di un’opera finché non ci è riuscito. 

“A me piace moltissimo ascoltare l’opera – ha raccontato – il problema è che dovendo svegliarmi molto presto al mattino per girare i film, vedevo solo il primo e il secondo atto. Il terzo mai. Vorrei una serata di terzi atti, tutti quelli che ho perso negli anni, me li godrei pazzamente nel corso di una serata. Chissà se lo faranno mai”.

 

Per il futuro lascia socchiusa una porta: “Non so se ripeterò una esperienza del genere. Gianni Schicchi è divertente, non è molto lungo, è scritto bene. Ha una comicità che funziona. Per fare un altro lavoro del genere dovrei trovare un’opera altrettanto semplice e facile da affrontare”. E forse potrebbe essere il caso della sua “opera preferita, la Lucia di Lammermoor”, ma questo si vedrà.

Per adesso l’instancabile genio del cinema annuncia che tra un paio di settimane inizierà a girare un nuovo film. “Dopo il debutto scaligero me ne andrò a San Sebastian in Spagna dove inizierò le riprese del mio nuovo film. In ottobre in italia uscirà ‘Un giorno di pioggia a New York’. Ma mi accingo a girarne un altro, tra 2 settimane. Sono ancora molto in attività, ma mi fa anche molto piacere, tra un lavoro cinematografico e l’altro, prendermi una pausa e venire qui alla Scala, in luogo così iconico per l’opera”.

E poi si sa che il suo legame con l’Europa è sempre stato forte. Come se lo spiega? “Ho sempre avuto un’accoglienza calorosa in Europa anche quando un film non veniva accolto bene negli Usa. Le mie opere venivano apprezzate in Italia, in Francia e in Germania. Forse perché guardavo sempre film europei durante la mia infanzia, sono sempre stato un grande ammiratore di quella cinematografia”. E questo interesse in qualche modo traspare nelle sue opere.

Anche l’allestimento di Gianni Schicchi è un omaggio al cinema italiano. “Il primo impulso che ebbi – ha ricordato – fu immaginare tutti i personaggi come topolini e il protagonista come un topone. Ma il mio aiuto scenico mi disse che non era una buona idea. Il secondo impulso fu travestire tutti i personaggi da cibo biologico e Gianni da sigaretta. Ma mi dissero che sarebbe stato ridicolo. Alla fine grazie ai consigli abbiamo deciso di fare una produzione che riecheggiasse il cinema realista italiano degli anni ’50, pensando a De Sica o Fellini. Ed è così che decidemmo di metterlo in scena e fu un successo. Spero che anche questa produzione abbia lo stesso successo che ha avuto fino a questo momento. E che il pubblico si diverta quanto mi sono divertito io”.

Vedi: Woody Allen, l'opera e il Gianni Schicchi con il nuovo finale alla Scala 
Fonte: cultura agi


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