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Spazio ai congedi parentali

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Un recente decreto legislativo, per rendere fruibile la responsabilità genitoriale condivisa in base alle direttive europee, offre ai padri lavoratori maggiore disponibilità nella fruizione dei congedi per i figli: nove mesi (precedentemente erano sei) di astensione facoltativa per i genitori indennizzati al 30% e fino ai 12 anni del bambino, più tutele per i lavoratori autonomi e una corsia preferenziale nell’accesso allo smart working per genitori e caregiver familiari

di redazione

Da quest’anno il congedo di paternità obbligatorio, cioè le 10 giornate per i papà naturali o adottivi/affidatari lavoratori dipendenti, diventa strutturale e non dovrà essere rinnovata, ma diventa stabile.
Il congedo di paternità è stato istituito esattamente nel 2012 con la legge Fornero.
L’Inps chiarisce che questo diritto è autonomo, quindi aggiuntivo a quello della madre e prevede una retribuzione del 100%. Il congedo di paternità può essere goduto anche in via non continuativa entro il quinto mese dalla nascita o dall’ingresso in famiglia della bambina o del bambino.
L’Inps ha anche fatto sapere che, relativamente al dato del 2021, ne ha usufruito solo un po’ più della metà degli aventi diritto.
Bisogna insistere per un cambio di cultura generazionale per una piena condivisione della responsabilità genitoriale, sostenuta da più parti.
Il Consiglio dei ministri, lo scorso 22 giugno, per rendere fruibile questa responsabilità genitoriale condivisa, ha approvato il decreto legislativo che da più spazio ai padri lavoratori nella fruizione dei congedi per i figli: nove mesi (precedentemente erano sei) di astensione facoltativa per i genitori indennizzati al 30% e fino ai 12 anni del bambino, più tutele per i lavoratori autonomi e una corsia preferenziale nell’accesso allo smart working per genitori e caregiver familiari.
Il padre può fruire del congedo anche durante il periodo di maternità della madre lavoratrice e il diritto si applica anche ai padri adottivi o affidatari.
I datori di lavoro non possono opporsi, altrimenti possono essere sanzionati con multe salatissime.
Diventa più paritaria anche l’articolazione dei congedi parentali, i periodi di astensione facoltativa dal lavoro disponibili per entrambi i genitori.
La parità nella fruizione dei congedi parentali si applicherà anche ai lavoratori autonomi: alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla gestione separata Inps spetta un’indennità per tre mesi ciascuno entro i primi 12 dodici anni di vita del figlio, ai quali potranno aggiungersi, in alternativa tra i genitori, tre mesi di congedo.
Infine, il nuovo decreto modifica le regole sullo smart working della legge 81/2017, prevedendo una via preferenziale per i lavoratori genitori di figli fino a 12 anni (e non più solo per le madri lavoratrici nei tre anni successivi alla fine del congedo di maternità, come è oggi), genitori di figli con disabilità, lavoratori disabili gravi o che siano caregiver familiari.
Da segnalare l’interessante sentenza del Tribunale di Milano del 12 novembre 2020, che stabilisce che vi è atto discriminatorio la mancata concessione dell’astensione facoltativa del datore di lavoro per le coppie omosessuali.
“Il diniego del congedo parentale alla “seconda” madre (c.d. “intenzionale”) di un bambino di una coppia omosessuale – in presenza di legame genitoriale documentato dagli atti di Stato Civile – costituisce una discriminazione diretta, in ragione dell’orientamento sessuale della lavoratrice, posta in essere dal datore di lavoro, poiché trattamento difforme rispetto a quello che egli avrebbe tenuto a fronte di analoga richiesta del genitore eterosessuale.
Non vi è dubbio che esiste un vuoto legislativo in materia e che la giurisprudenza, di fronte a simile lacuna, si è espressa in senso negativo in relazione alle fattispecie analizzate in concreto.
Infatti, la Legge n. 76/2016, per quanto attiene alle unioni civili, non contiene una disciplina relativa ai profili della filiazione. “Anzi, nel selezionare le norme relative al matrimonio che si applicano alle unioni civili, la Legge non fa riferimento a quelle relative alla filiazione, configurandosi in questo modo un’esclusione”.
Allo stesso modo, è esclusa l’equiparazione tra i coniugi e i componenti dell’unione civile quanto all’applicazione della disciplina delle adozioni (contenuta nella L. n. 184/1983), pur restando “fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti” (art. 1, co. 20, L. n. 76/2016).
“Proprio sulla base di tale riferimento normativo la giurisprudenza riconosce la praticabilità dell’adozione in favore del partner dello stesso sesso del genitore biologico del minore”, ex. art. 44, co. 1, lett. d), L. n. 184/1983, in questo modo valorizzando la tutela dell’interesse del minore.
In relazione, invece, alla procreazione medicalmente assistita, il giudice milanese evidenzia come la L. n. 40/2004 la esclude per le coppie omosessuali, ragion per cui essa viene praticata all’estero, ponendosi poi il problema del riconoscimento del rapporto di filiazione con la madre “intenzionale” in Italia.
“A fronte di tale situazione normativa, la giurisprudenza, anche della Corte costituzionale, è contraria a riconoscere un pieno diritto alla genitorialità alle coppie omosessuali, con particolare riguardo alla posizione del genitore non biologico, c.d. intenzionale, pur valutando l’interesse del minore”
Il giudice milanese, nel recepire tale assetto interpretativo, giudica l’iter documentale – attestante l’esistenza del legame genitoriale tra le donne e la collocazione all’interno del nucleo familiare – “assolutamente lecito ed ammesso nel nostro ordinamento”, diversamente da quanto sostenuto dal datore di lavoro.
In relazione, poi, alla mancata concessione del congedo in questione, il Tribunale ritiene che il comportamento datoriale costituisca una discriminazione diretta in ragione dell’orientamento sessuale della lavoratrice, la quale se eterosessuale “avrebbe ricevuto un trattamento diverso e non si sarebbe vista negata il congedo parentale, per il cui riconoscimento sussiste in realtà il presupposto – dato dalla comprovata esistenza del rapporto di genitorialità con il minore – così come attestato dalla documentazione anagrafica”.
Infatti, “proprio il congedo parentale di cui alla lettera b) va riconosciuto alla ricorrente, in quanto quello di cui all’art. 32 co. 1, lett. a) non può che essere riconosciuto alla madre biologica, dato il suo rapporto con il congedo di maternità.”
“Tale lettura della norma è l’unica che possa rivelarsi utile ai fini del riconoscimento in concreto del diritto della ricorrente, non essendo previsti dalla legge, allo stato, altri casi di congedo parentale, con specifico riguardo alla situazione delle famiglie con genitori dello stesso sesso.”
Simile interpretazione, rappresenta per il Tribunale l’unica in grado di assicurare al minore la stessa dimensione affettiva e di cura garantita dall’ordinamento ai figli di coppie eterosessuali”.
Morale della favola: la strada normativa per una completa parità di genere è ancora lunga e irta da percorrere.