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Perché il fondatore di Alibaba è finito nel mirino del regime cinese

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AGI – È l’uomo d’affari più famoso in Cina e, per i suoi connazionali, il simbolo del “self made man”. Ma a 56 anni, Jack Ma deve ora gestire la decisione di Pechino che sembra intenzionato a tagliargli le ali: perché il miliardario, anche quest’anno in cima alla classifica degli uomini più ricchi della Cina, sta affrontando il momento più difficile da quando ha dato il via, nel 1999, alla sua piattaforma di e-commerce Alibaba, e vede erodersi la sua popolarità ai piani alti, e altissimi, della politica nazionale.

La decisione di mettere sotto inchiesta per pratiche monopolistiche la più grande azienda di e-commerce del Paese segna l’azione più aggressiva delle autorità di regolamentazione cinesi per mettere la briglia al crescente peso delle aziende tecnologiche cinesi. Dopo l’annuncio di Pechino, oggi le azioni di Alibaba Group Holding Ltd sono crollate di oltre l’8% (8,13%), il più grande calo giornaliero in sei settimane. Ma l’annuncio è soprattutto l’inizio formale della repressione del Partito Comunista contro il gioiello della corona, un gioiello dal dominio tentacolare, che abbraccia tutto, dall’e-commerce alla logistica e ai social media

Un pressing che rientra nello sforzo più ampio per frenare una sfera sempre più influente, quella di Internet. Una volta acclamati come motori della prosperità economica e simboli dell’abilità tecnologica del paese, Alibaba e i suoi rivali come Tencent Holdings Ltd. affrontano la crescente pressione perché raccolgono centinaia di milioni di utenti e hanno acquisito influenza su quasi ogni aspetto della vita quotidiana in Cina.

L’ascesa del magnate 

L’ascesa del miliardario è nota: nato in un ambiente povero, il padre che faticava a mantenere la famiglia, un diploma di maturità fallito due volte, lavori saltuari, fino alla creazione di Alibaba in un appartamento di Hangzhou con pochi soldi presi in prestito da amici. Jack Ma decide di abbandonare la professione di insegnante all’università dopo aver scoperto Internet in un viaggio negli Stati Uniti e aver colto la possibilità offerta alle aziende di scambiare le loro merci on line. Allo stesso modo, coglie subito le potenzialità degli smartphone: con il suo servizio  Alipay  diventa il pioniere dei pagamenti elettronici ‘mobile’.

Queste intuizioni gli hanno fatto guadagnare la reputazione di visionario in un Paese dove il contante va scomparendo a favore del pagamento tramite smartphone.

Alibaba sbarca in borsa

Nel 2006, il decollo della piattaforma di e-commerce di Alibaba, Taobao, costringe l’azienda americana eBay a ritirarsi dal mercato cinese. Il trionfo arriva nel 2014 quando Alibaba si quota in borsa a Wall Street, raccogliendo 25 miliardi di dollari, un record per l’epoca. Il gruppo ripete l’impresa lo scorso anno a Hong Kong, raccogliendo 13 miliardi di dollari. Ma la sua ascesa apparentemente senza limiti riesce a guadagnargli inimicizie ai vertici del regime comunista, con il quale sintetizza i rapporti nel 2007 al forum di Davos: “La mia filosofia consiste nell’essere innamorato del potere ma non sposarlo mai”.

E questa linea infastidisce i piani alti a Pechino, ancora più irritati da un discorso di aperta critica che Jack Ma pronuncia durante un forum economico a Shanghai, il 24 ottobre scorso: critica pesantemente il sistema bancario cinese, paragonandone il modello operativo a quello di “un monte dei pegni”; ha anche da ridire su uno dei mantra di Pechino, la prevenzione dei rischi del sistema finanziario. Jack Ma adesso deve fare i conti con il regime: ufficialmente fuori da Alibaba dallo scorso anno, non si vede in pubblico dall’inizio di novembre e dalla cancellazione in extremis dell’Ipo Ant Group.

Una battuta d’arresto che già gli è costata il titolo di uomo più ricco della Cina, nonostante un patrimonio ancora valutato 58 miliardi di dollari. La decisione di annullare l’Ipo sarebbe arrivata dal livello più alto possibile in Cina, probabilmente dallo stesso Xi Jinping: il presidente sembra determinato a combattere le tendenze monopolistiche di gruppi privati le cui piattaforme di vendita online sono utilizzate da centinaia di milioni di cinesi. “Il partito ha ricordato ancora una volta a tutti gli imprenditori privati ​​che non importa quanto tu sia ricco e di successo, ti può tirare via il tappeto da sotto i piedi in qualsiasi momento”, ha commentato Bill Bishop, l’autore di Sinocism, la newsletter incentrata sulla Cina. In sostanza, Jack Ma ha peccato di arroganza e Pechino ha deciso di mettergli guinzaglio. E ora deve affrontare il rischio davvero di dover uscire di scena.

Vedi: Perché il fondatore di Alibaba è finito nel mirino del regime cinese
Fonte: estero agi


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