Type to search

La prima guerra mondiale del grano

Share

AGI – Le conseguenze della guerra in Ucraina potranno presto abbattersi su buona parte del pianeta in forma di aumento dei prezzi, carenze alimentari o addirittura carestia. È l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite in seguito al blocco cui sono attualmente sottopost almeno 27 milioni di tonnellate di grano ucraino nei

AGI – Le conseguenze della guerra in Ucraina potranno presto abbattersi su buona parte del pianeta in forma di aumento dei prezzi, carenze alimentari o addirittura carestia. È l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite in seguito al blocco cui sono attualmente sottopost almeno 27 milioni di tonnellate di grano ucraino nei porti del Paese ormai da tre mesi in guerra.

Un blocco che li espone a saccheggi da parte dell’esercito russo. Sono i numeri a rendere la situazione allarmante perché prima della guerra il grano esportato da Russia e Ucraina copriva il 30% del consumo mondiale e il solo grano ucraino permetteva di realizzare il 50% dei programmi delle Nazioni Unite, World Food program, il cui fine è proprio quello di combattere carenze e carestie.

Si calcola che in Ucraina nel 2021 siano stati raccolti circa 107 milioni di tonnellate di grano e colza, 43 milioni dei quali esportati regolarmente prima dell’inizio del conflitto, meno delle 70 tonnellate destinate ad andare all’estero. Il Paese prima della guerra era al quarto posto per l’export di grano turco e al quinto per la farina, secondo i dati resi noti dal Dipartimento di Stato americano.

L’export delle derrate avviene per il 95% via mare e i porti ucraini non stanno vivendo settimane facili: Mariupol e Berdiansk nel mar d’Azov sono sotto controllo dell’esercito russo, così come Kherson nel Mar Nero, dove si trova anche Mykolayev che ha subito ingenti danni, mentre Odessa è bloccata, circondata da mine russe.

“Fake news”, dicono al Cremlino attraverso il portavoce Dimitry Peskov, che ha definito la notizia del furto di grano ucraino da parte delle truppe di Mosca. Un’accusa arrivata direttamente dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky e corroborata da immagini satellitari che mostrano due navi cargo battenti bandiera russa, la Matros Pozynich e la Matros Koshka, entrambe della capacità di 30 mila tonnellate cubiche l’una, ormeggiate in Crimea a fianco a quello che sembra un sylos.

Sebbene le immagini non diano la certezza che un furto di tonnellate di grano sia effettivamente avvenuto, una delle due navi russe, la Matros Pozynich era stata utilizzata recentemente per trasportare grano dal Mar Nero verso l’Egitto, che ha però negato il permesso ad attraccare costringendo l’enorme carico a ripiegare sul porto siriano di Latakya.

“La comunità internazionale intervenga per eliminare il blocco imposto ai nostri porti se vuole evitare a moltissimi Paesi una crisi alimentare subito dopo una crisi energetica”, ha lanciato un appello Zelensky. Appello raccolto da Stati Uniti e Alleati, che secondo la Cnn avrebbero pensato a come “scortare” il grano in uscita dall’Ucraina attraverso il mar Nero.

Una sorta di coalizione navale di volonterosi, che però ha già perso l’adesione della Gran Bretagna, che ha dichiarato che non invierà le proprie navi da guerra nel Mar Nero. Ipotesi già di per se complicata dalla applicazione del Trattato di Montreux da parte della Turchia, che ha chiuso il traffico attraverso gli stretti di Bosforo e Dardanelli a navi da guerra.

Al grano ucraino quindi per uscire dal Paese rimangono i 4 porti fluviali del Danubio, vecchi e piccoli, da cui è impossibile far partire più di 300 mila tonnellate di grano al mese, o sull’asfalto. Allo stesso tempo la carenza di carburante dovuta alla guerra, le difficoltà logistiche e gli scontri hanno fatto si che dalle 13 autostrade che portano verso Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Moldavia non siano uscite fino ad ora più di 20 mila tonnellate al giorno, meno della metà delle 50 mila tonnellate potenzialmente esportabili (dati Barchart ndr).

Alcune autostrade infatti sono intasate, i prezzi del trasporto sono andati alle stelle e allo stesso tempo sono le frontiere e infrastrutture europee a essere totalmente impreparate a un’incremento del traffico così netto. A complicare ulteriormente il quadro il fatto che tutte le procedure sono rallentate dalle pratiche burocratiche, ispezioni e controlli e la necessità di molti più documenti rispetto all’esportazione marittima.

I treni non possono costituire una soluzione per il fatto che l’Ucraina utilizza degli scartamenti ferroviari differenti da molti Paesi Europei. Una realtà che produrrà presto conseguenze drammatiche, perché fino a quando i porti rimarranno bloccati sarà impossibile superare i 30 milioni di tonnellate esportate in un anno, meno della metà dei numeri pre conflitto, numeri che renderanno impossibile conservare 50 milioni di tonnellate di grano che non potranno abbandonare il Paese e, invendute, segneranno il fallimento di tantissime aziende agricole.

Fallimento che renderà inevitabilmente meno consistente il raccolto dei prossimi anni, con le conseguenze di questa guerra che ricadranno su un’enorme parte della popolazione mondiale, non in forma di bombe, ma in forma di carenze e carestie.