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In Russia c'è molta nostalgia dell'Urss, mai come di questi tempi 

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La percentuale dei russi che rimpiange l’Urss è salita ai suoi massimi da 13 anni, spinta da crisi economica e nostalgia per il welfare sovietico. Secondo l’ultimo sondaggio del centro demoscopico indipendente Levada, il 66% dei russi si dice dispiaciuto del crollo del regime sovietico, rispetto al 58% del 2017. Si tratta di un record dal 2005, durante il secondo mandato di Vladimir Putin da presidente, quando la cifra era stata del 65%, Le percentuali di oggi, secondo i sociologi, sono paragonabili ai livelli degli Anni ’90, quando la ferita della caduta dell’Impero era ancora fresca.

Tra gli intervistati per la ricerca, il 60% ha detto che la dissoluzione dell’Urss si poteva evitare e anche questo è un dato ai massimi dal 2005. La maggior parte dei nostalgici sono persone dai 55 anni in su, ma negli ultimi due anni questo tipo di sentimento è cresciuto anche tra i giovani dai 18 ai 24 anni, che di fatto non hanno mai conosciuto di persona l’Unione Sovietica.

Il presidente russo ha definito il crollo dell’Unione sovietica, avvenuto nel 1991, come la più grande catastrofe del XX secolo e molti russi hanno sempre lamentato la perdita dello status di super potenza mondiale del loro Paese. Il numero di chi rimpiange l’Urss è andato in costante crescita da quando Putin è tornato al Cremlino, nel 2012, dopo i suoi quattro anni da primo ministro.

Le cause della nostalgia dell'Urss

Karina Pipiya, sociologa del Levada, ricorda che in passato un tale sentimento era spesso suscitato dalla perdita del prestigio nazionale e di un’identità nazionale seguiti alla fine dell’Urss. “Ora – spiega Pipiya – la nostalgia è determinata più da fattori economici, il dispiacere è legato al fatto che allora c’era più giustizia sociale, che il governo lavorava per il popolo e aveva un atteggiamento più paternalistico, occupandosi meglio dei suoi cittadini”.

I russi hanno visto calare fortemente il loro potere d’acquisto negli ultimi quattro anni sotto il peso della svalutazione della moneta nazionale, dell’inflazione e della crisi economica generata dal calo dei prezzi del petrolio e dalle sanzioni occidentali. Per puntellare le casse pubbliche, il Cremlino ha dato il via libera all’innalzamento dell’età pensionabile per uomini e donne; una misura accolta con malcontento e proteste dai russi e che si è riflessa subito con il primo vero calo dei consensi di Putin, da quando è salito al potere, nel 2000.

“La riforma delle pensioni non è stata tanto uno shock di per sé, quanto il segnale dello smantellamento di uno Stato sociale a cui era associata l’Urss”, ha spiegato il sociologo Aleksei Makarkin.

Il portavoce della presidenza, Dmitri Peskov, ha liquidato il sondaggio in poche parole: “Altri sociologi diranno che le persone sono sempre inclini a idealizzare il passato, quello che è successo loro in gioventù e a pensare che tutto quello che accadeva da giovani era più buono, più affidabile e più grande”.

 

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Fonte: estero agi


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