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di Antonello Longo

direttore@quotidianocontribuenti.com

Buon Natale alle lettrici ed ai lettori.

È un Natale tra le mura domestiche, con i familiari più stretti. Non è difficile aggirare i precetti governativi, nessuno può controllarci dentro le nostre case.  Ma non mette conto tentare una simile impresa: quale che sia la nostra opinione sulla pandemia e sulle misure restrittive è meglio non sfidare la sorte, avere anche rispetto per le esigenze e le paure degli altri, proteggere se stessi e le persone vicine non dalle multe, ma dal contagio, che è sempre possibile, sempre in agguato.

Tornerà il tempo delle strette di mano, dei baci e abbracci, delle tavolate in famiglia, delle cene al ristorante, degli aperitivi al bar, dei cinema e dei teatri, dei convegni e delle riunioni in presenza, delle crociere e delle settimane bianche. Per quest’anno facciamo delle festività natalizie un’occasione di riposo e distensione, approfittiamone per riscoprire la profondità di una lettura, la soporifera bellezza di uno di quei vecchi, cari filmoni biblici, per dedicare un’attenzione speciale, finalmente esclusiva, a chi ci sta accanto, ai nostri bambini. Pochi doni, ma veri.

Ogni anno, per Natale, abbiamo sentito moniti a distoglierci dall’orgia consumistica, alla ricerca di un po’ di spiritualità, a sentire meno il valore mondano della festa e più il suo significato religioso.

I credenti trovano nelle chiese cristiane e nei loro pastori una guida spirituale, ma anche gli acattolici, i laici, i non credenti, possono vedere in questo Papa, Francesco, una guida morale, forse, ahimè, la sola nel tempo della superficialità e dell’indifferenza.

In questi giorni in cui veniamo quasi forzati alla riflessione, pensiamo a chi, a causa della pandemia ma non solo, vivrà un Natale ancora più difficile di sempre: gli sventurati indigenti, i senza tetto, i carcerati, coloro che, italiani o stranieri, sono costretti ad una vita clandestina.

Pensiamo all’umanità sofferente ricordando Papa Francesco quando, nell’ultima veglia pasquale, solo davanti all’altare in una basilica di San Pietro deserta, scandì nel vuoto più risonante le parole rivolte a un mondo impaurito e stravolto dal morbo: “Stanotte conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza”.

Ecco, la speranza non come sentimento né illusione, ma come diritto. Se anche la nostra individuale libertà può essere compressa per salvaguardare la vita e la salute di tutti, non potremo mai permettere che ciò diventi un ergastolo.

Il rimpianto è per tutti quelli, troppi, che non ce l’hanno fatta. La speranza, ora, è uscire dall’incubo, riprenderci la nostra vita e cercare la strada per migliorarla.

A tutte e a tutti auguri caldi, sentiti, intensi.


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