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Il caso dei tamponi per il coronavirus che l'Italia ha venduto agli Usa

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Le mascherine sono un bene raro, ma i tamponi per i test sul coronavirus non scarseggiano di certo. A produrli tra l’altro è un’azienda italiana, la Copan di Brescia, un’eccellenza del territorio, che dalla Lombardia li esporta in tutto il mondo, oltre naturalmente a venderli in Italia dove finora ne sono stati destinati un milione di pezzi.

Proprio la Copan però è stata citata da un articolo di Repubblica in merito a una spedizione di 500.000 tamponi verso gli Stati Uniti che sarebbe avvenuta a discapito della quota riservata al mercato interno. Un fatto che sui social ha suscitato reazioni sdegnate.

Ora l’azienda bresciana ritorna sul fatto, precisando  i termini della questione: “Nelle ultime settimane – dice – abbiamo consegnato agli ospedali italiani oltre 1 milione di tamponi; dall’inizio dell’epidemia al 19 marzo in Italia sono stati effettuati circa 200.000 test. È evidente che in Italia i tamponi non scarseggiano, tanto che non sono soggetti ad alcuna restrizione all’export, diversamente da altri articoli per uso medicale”.

 “A causa della scarsità di aerei-merci e dell’acuirsi della crisi coronavirus – spiega l’amministratore delegato Stefania Triva – il governo Usa ha recentemente organizzato un ponte aereo con un cargo militare per trasportare urgentemente i nostri tamponi. Altre spedizioni sono state programmate nella stessa modalità, anche perché la quantità inviata non è certo “impressionante” rispetto alla popolazione e soprattutto al numero di test che possono essere effettuati settimanalmente nei laboratori Nordamericani. Non c’è stata nessuna operazione in sordina, la merce è stata regolarmente sdoganata e ceduta a prezzo di mercato, Copan non ha venduto ad alcun governo. E, soprattutto, nessun tampone è stato tolto ai bresciani, ai lombardi, agli Italiani o agli Europei”.

Copan, si ricorda, “è il principale produttore al mondo di sistemi di prelievo e conservazione per la microbiologia. Da anni serviamo il mondo intero con i nostri dispositivi e, in questa fase di pandemia globale, stiamo lavorando incessantemente per fornire i famosi “tamponi”, in Italia e ovunque servano.  Va chiarito che il tampone è solo il dispositivo di prelievo del campione; altre aziende nel mondo si occupano di produrre e commercializzare i test diagnostici a cui i tamponi sono sottoposti in laboratorio”.

 “L’articolo di Repubblica – continua – contiene una serie di inesattezze ed allusioni e sta arrecando un grave danno all’immagine di Copan. avere risposta ai tanti interrogativi sollevati sarebbe bastato consultarci. Il contraddittorio avrebbe anche consentito di comprendere quanto il ritratto a tinte fosche che emerge dalla lettura dell’articolo sia distante dall’etica che contraddistingue il nostro gruppo di persone che, con sacrifici enormi, sta dando il suo contributo alla corretta diagnosi del Covid-19, ovunque nel mondo. Copan si riserva di agire nelle sedi giudiziarie competenti per tutelare la propria immagine”.

L’abbondanza di tamponi è confermata anche da Giulio Gallera, assessore lombardo al Welfare. “Noi di tamponi ne abbiamo tantissimi, ne abbiamo fatti già 60 mila e ne abbiamo ordinati un milione e mezzo circa – ha detto ad Agorà (RaiTre)  – poi se un’azienda li vende ben venga”.

Vedi: Il caso dei tamponi per il coronavirus che l'Italia ha venduto agli Usa
Fonte: cronaca agi


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