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I tempi di elezione del nuovo Presidente

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AGI – A una settimana dalla convocazione della prima seduta del Parlamento per l’elezione del successore di Sergio Mattarella, i tempi per la scelta del nuovo inquilino del Quirinale sono cadenzati dalle scelte politiche e da qualche indicazione regolamentare.
Le prime tre votazioni hanno il quorum dei due terzi che raramente viene raggiunto, dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta di 505 voti. Se non ci saranno difficoltà a individuare un nome che raccolga ampi consensi dunque, entro la fine di gennaio ci dovrebbe essere già l’elezione del tredicesimo presidente della Repubblica.

In passato solitamente si sono svolte due votazioni al giorno, che duravano ognuna oltre quattro ore. In casi eccezionali si sono svolte tre votazioni, in altre una sola. Ovviamente la pandemia avrà ripercussioni sui normali tempi di voto e ha consigliato di far svolgere un solo scrutinio al giorno, anche perchè i tempi di entrata scaglionata dei grandi elettori e di sanificazione dell’aula dilateranno i tempi di ogni scrutnio.

Dal momento della convocazione, la seduta comune è considerata unica, al di là di quante siano le votazioni che si effettuano. Non sono previste pause significative, dunque nella storia ogni giorno si è effettuata almeno una votazione, anche nei giorni festivi, anche se a volte in passato il caos politico ha portato a utilizzare un giorno, solitamente la domenica, come pausa di riflessione. 

 Due volte questa norma ha avuto ripercussioni sulle vacanze natalizie: sia per l’elezione di Giuseppe Saragat che per quella di Giovanni Leone si tenne una chiama anche il 24 dicembre e per Giuseppe Saragat anche il 25 dicembre. Gli orari furono organizzati in modo da salvare il cenone della Viglia e il pranzo della Natività, il 24 dicembre 1964 si votò alle 10,30 e il giorno successivo alle 19. Nel 1971 bastò la chiama del 24 dicembre alle 9 per eleggere Leone.

Il voto come detto è segreto, ma a volte si è cercato più o meno furbescamente, di aggirare l’ostacolo. Per evitare brogli sono stati utilizzati alcuni accorgimenti, dall’allestimento di cabine (i cosiddetti ‘catafalchi’) al cambio di colore delle schede ad ogni scrutinio. Se è ammessa la scheda bianca, che è un voto vero e proprio, è contemplata anche l’astensione come non voto.

A volte è stato usato l’escamotage di ‘segnare’ pacchetti di voto usando in modo variegato nome e cognome del candidato (iniziale del nome anteposta o posposta rispetto al cognome, solo cognome, nome per esteso). Nel 1962, prima dell’elezione di Antonio Segni, alcuni parlamentari Dc depositarono nell’urna una scheda già segnata e il Presidente della Camera Leone dichiarò nulla tutta la votazione. Nell’elezione che portò Scalfaro al Quirinale, nel 1992, la discrepanza tra numero di votanti e numero di schede portò alla scelta di consegnare schede bianche e timbrate dai segretari d’aula per essere poi compilate all’interno delle cabine, mai usate prima di allora.

Il tempo minimo di elezione di un presidente è stato toccato con l’elezione di Carlo Azeglio Ciampi, una sola seduta di due ore e 40 minuti, dopo di lui solo Francesco Cossiga, eletto alla prima votazione in tre ore esatte. Il tempo massimo è stato toccato nelle elezioni di Giovanni Leone con 23 scrutini per un totale di 34 ore e 40 minuti; più lento ma poco meno complicato il voto per Giuseppe Saragat che impiegò 21 scrutini per un totale di 46 ore e 45 minuti per salire al Colle.
Una volta eletto, il presidente entra in carica solo dopo il giuramento sulla Costituzione davanti alle Camere.

Di solito passano alcuni giorni dal voto all’insediamento, durante i quali il Presidente uscente si dimette, per cortesia, per favorire una rapida successione.

 

Source: agi


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